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domenica 15 marzo 2015

Promemoria

Amo lo stoicismo per il giusto mezzo che io, evidentemente, non trovo.
Mai.

Per la prima volta mi sento a mio agio in un posto che non ho arredato io,
sono circondata da libri ed è fantastico.

Al contempo,
mi sento veramente lenta.

E forse ho ricominciato ad attendere.

Ed è sempre la stessa, orribile, inevitabile storia :

perché avvicinarsi al baratro,
quando puoi tranquillamente gettartici dentro?

Il giusto mezzo.
Ma poi, il giusto mezzo, come faccio a riconoscerlo?
No, perché io credo di non esserne capace, anzi, credo non sia proprio nella mia natura.

Forse quando distribuivano il senno, io, ero a un corso di formazione dedito al commettere cazzate.
Ah perché in questo sono bravissima.

Spero che la mia empatia non sbagli proprio questa volta,
altrimenti sarà il caso di comprare un divano e qualche quadro per arredare
il fondo che toccherò mooolto velocemente.

Treni, km, pagine bianche, frasi d'amore impresse sui libri, mancanze importanti, più delle richieste e questa sorta di frenesia che non mi fa mangiare, ma solo bere, cose che in fondo, sanno di qualcosa di perduto, prima ancora di esser bevute.

Non ci siamo, no, non ci siamo proprio.
Mi hai sorriso da dietro una vetrina e mi hai illuminato la giornata.
Che poi, io non voglio dare la colpa alle vetrine, ai libri o a te,
perché la colpa è mia,
che sono incapace di vivere serenamente qualcosa di sereno,
ma sono per natura portata a vivere con inquietudine qualcosa... no, praticamente tutto.

Misuriamo sempre tutto in tuffi al cuore,
i km sono per le persone banali.

(Cara Penelope, questo è un promemoria, quindi non dimenticarlo e nel caso in cui dimenticassi, rileggi dalla prima riga e ricordati il sapore che ha avere il cuore nell'esofago. Poi datti una calmata, che palpitare fa bene, ma potresti anche avere un infarto.)

lunedì 23 febbraio 2015

Attraversiamo.

"Non ci si libera di una cosa evitandola,
ma soltando attraversandola. "

Cesare , quello perduto nella pioggia ad aspettare il suo amore'ballerina', Pavese.

venerdì 13 febbraio 2015

Penelope , Circe, Calypso e Didone.

Il poeta dice che di non aver paura di essere ridicoli, a scrivere d'amore, perchè solo chi non ha mai scritto lettere d'amore, fa veramente ridere.
Ed allora io, Penelope, so di non essere mai stata ridicola, neppure un po'.
Non ero ridicola a tredici anni, quando scrivevo frasi d'amore dietro alle fotografie e neppure a sedici, quando dedicavo le canzoni dei cantautori italiani a chi , forse, non ne conosceva neppure il titolo. Certo, un po' ridicola la ero, a diciotto, quando dentro ogni frase che ascoltavo, trovavo la piccola verità di un grande amore.
Poi, per un periodo, ho smesso. Ho smesso di scrivere cose belle, e forse ho anche smesso di credere in una lunga serie di cose belle.
Insieme alla capacità di metterli su carta, ho perso la capacità di cogliere i momenti romantici della quotidianità.
Mi sono lentamente disabituata al sentimento.
Non ho più avuto voglia di lasciarmi andare e far si che anche determinate situazioni potessero andare dove avrebbero potuto.

Non ricordo il momento preciso in cui ho smesso di coltivare l'amore e neppure quello in cui ho scelto di alzare un muro invalicabile nei confronti di tutte quelle mancanze che erano in grado di sgretolarmi lentamente il volto per lasciar trasparire un animo completamente abbandonato.

Scrivere d'amore, quando il tuo compagno di vita preferisce la guerra al tepore casalingo, non è facile. Certo, io lo so, è nella sua indole e poi, tradire le aspettative non piace a nessuno e una società basata su certi valori, ci mette poco a screditarti pubblicamente.
So che è dovuto andare. Ma so anche che la maggior parte delle volte, ha scelto ed è voluto andare.

Anche io, la maggior parte delle volte in cui sono dovuta rimanere, avrei comunque scelto di farlo. Sempre di indole si tratta. C'è chi nasce viaggiatore e chi nasce paziente, si, come solo colei che attende sa essere.

Ma smettere di scrivere e pensare amore, fa male solo a chi resta in balia dell'attesa di qualcuno che forse non tornerà o forse pur tornando non sarà più lui, così come di qualcosa che forse, non ci sarà mai più.
E allora me ne sono fatta molto, si, ho scelto di farmi del male, nutrendo un ricordo come se lo avessi partorito e in parte nel corso degli anni, l'ho partorito, dando alla luce il ricordo deviato di un'amante lasciata sola.

Domani è SanValentino, la festa commerciale degli innamorati.
C'è chi ribadisce l'inutilità di questa festa ed io condivido il pensiero, anche se anche una speculazione sul sentimento, può rivelarsi l'occasione in cui riprendere in mano carta e penna e scegliere di riscrivere l'amore.

Un amore diverso, magari. Meno immaginato e più vissuto.

O magari un amore senza Circe o Calypso, un amore senza mari di differenze pronti a dividerci, una storia a due, senza proci e compagni di naufragio.
Perchè se ho capito una cosa, nel mio attendere, è che i naufragi li vivo sempre e solo io.

Chiamerò Didone, so che può capire.

mercoledì 21 gennaio 2015

L'unica gioia al mondo è cominciare.

L'unica gioia al mondo è cominciare.
é bello vivere, perché vivere è cominciare,
sempre,
ad ogni istante.
Quando manca questo senso
- prigione, abitudine, stupidità,-
si vorrebbe morire.

Cesare Pavese

Ormai questo angolino è pieno di Pavese.
A me spaventano molto gli inizi.
Ho sempre paura di sentirmi fuoriluogo.
Ma poi riesco quasi sempre a portare un pezzettino di me nell'inizio
e un pezzettino di inizio in me.
A me piace molto anche Pavese.
Ho iniziato a leggere Pavese a quindici anni,
facevo il liceo classico
e portavo sempre nella borsa i Dialoghi con Leucò.

"Nulla si assomma al resto, al passato. Ricominciamo sempre."

Forse più di tanti, è riuscito a darmi speranza,
attraverso i suoi patimenti, ho patito,
attraverso le sue riflessioni, ho riflettuto.

Cesare Pavese, era uno di quegli uomini dai quali mi sarei lasciata prendere in giro, seduta a un tavolino.

Hai perdonato tutti e a tutti hai chiesto perdono, va bene.
Qualcuno ha fatto troppi pettegolezzi, forse.

Io ti rimpiango un po', sempre, attraverso i tuoi rimpianti.



martedì 16 dicembre 2014

OceanoMare

Ci sono cose che ti segnano.
Ad esempio Mr Bartleboom e la sua scatola di mogano.
Sarebbe confortante avere nel mondo qualcuno che, semplicemente, ci stia 'aspettando'.
Forse alla fine di questo gomitolo di inchiostro blu.

Se siamo la somma delle nostre esperienze,
siamo il riassunto degli istanti che abbiamo vissuto,
e forse mai scritto.

Purtroppo, però, io e la matematica non siamo mai andate d'accordo,
perché se è vero che 2+2= 4 , è altrettanto vero che 4= 3+1 / 1+1+1+1 / 1+1+2
ed io, mi sono sempre persa dietro all'universo che ogni percorso contiene,
per poi confondere il risultato.

mercoledì 3 dicembre 2014

Il sogno.

"Sei nata sognatrice e sognatrice te ne andrai..."

Così dicevi quasi dieci anni fa, di me.

Ma poi, che colpa ne ho io, se tendo ad idealizzare tutto: gli uomini, le parole, la vita.

Sono poche davvero le cose reali che superano le aspettative di un sognatore.

E allora, perché mai viverle, laddove farlo, significherebbe uccidere di una crudele morte tutto ciò che si è voluto e vissuto in un'intimità di solitudine e silenzio, dove nulla è dovuto, se non a se stessi.

Per non andartene da sognatrice, senza aver mai vissuto.

Credo sia questa la risposta.

Sbagliata.

Chi sogna, vive tutte le vite che non potrebbe mai vivere.
Ed una in più.


lunedì 1 dicembre 2014

O Licino o Licinio, insomma, O tu, amico di Catullo.


"Hesterno, Licini, die otiosi multum lusimus in meis tabellis, ut convenerat esse delicatos: scribens versiculos uterque nostrum ludebat numero modo hoc modo illoc, reddens mutua per iocum atque vinum. atque illinc abii tuo lepore incensus, Licini, facetiisque, ut nec me miserum cibus iuvaret nec somnus tegeret quiete ocellos, sed toto indomitus furore lecto versarer, cupiens videre lucem, ut tecum loquerer, simulque ut essem. at defessa labore membra postquam semimortua lectulo iacebant, hoc, iucunde, tibi poema feci, ex quo perspiceres meum dolorem. nunc audax cave sis, precesque nostras, oramus, cave despuas, ocelle, ne poenas Nemesis reposcat a te. est vehemens dea: laedere hanc caveto. "

CARME50CATULLO

O Licino, O Licinio, O, l'importante è che tu non sia Allio o Manlio, ma anche entrambi.

Ogni tanto capitano delle cose belle.
Banalmente, ho sempre amato il carme 5 o il 51, ma da oggi, il carme 50 (che mi ricorda oltretutto giornate trascorse a scrivere con la mia migliore amica in piazza dei Miracoli... e un quadernino rosa...), sarà per sempre il mio carme preferito.






venerdì 28 novembre 2014

Infantilismo

Ho un esame a breve,
studio la notte.
Mi concedo Janis Joplin 
e mi mandano i carri armati.

Il prossimo club del libro si riunirà lunedì 22 dicembre
il libro del mese è "E le stelle non stanno a guardare".

Ma non posso godermelo come vorrei,
considerate le paranoie che Catullo amava mettere in versi.

Catullo io ti amo e ti odio,
ti ho sempre amato perchè ci siamo sempre assomigliati, ahimè.
Ma mai quanto adesso ti odio,
per la lunghezza spropositata del tuo carme 68.

Capitemi,
ho anche smesso di fumare.

A breve troverete la recensione del club del libro di novembre!

Torno a Lesbia, Manlio, Allio e Laudamia.
 

giovedì 16 ottobre 2014

Questa non è una tazza!

La sobrietà


Lo scorso anno mi ero regalata questa tazza, aveva anche un simpatico sottovaso a forma di piattino, e vi avevo piantato il mio primo basilico.
Poi, questo vaso è sparito, l'ho cercato a lungo, ma sono riuscita a ritrovare solo il sottovaso, rotto.
Dopo più di un anno, la mia tazza è magicamente riapparsa!
Ho voluto cogliere l'occasione per poterla immortalare, quasi a testimoniare la sua presenza.
(Per quanto riguarda  la proprietà, ci ho rinunciato ormai...)
Così, quando non mangeremo il pesto fatto in casa, durante l'autunno,
nessuno chiederà il perché,
faremo tutti finta di nulla, ricordando la mia tazza gialla con dentro il mio basilico verde.
R.I.P.


lunedì 6 ottobre 2014

Anche le acide hanno un'anima.

Stasera scrivo un post un po' più personale del solito, ma sento il bisogno di raccontarvi una grande verità: anche le acide, hanno un'anima.
Come posso dirlo? Beh, sono un'acida e spesso, spesso parlo con la mia anima.

Sto guardando Gran Budapest Hotel, uno di quei film che mi fanno sorridere ed anche un po' arrabbiare.
Io ho bisogno di seguire un filol logico conduttore e quando questo viene meno, rimango turbata. E mi innamoro.
Per fortuna, per tutti, però, l'amore passa in fretta.
Purtroppo, per me, i turbamenti rimangono a lungo.

Cinquanta pagine ed avrò finito"La scopa del sistema".
E così non riesco più ad aprirlo.
Per paura di dover salutare Leonore, che voleva la pioggia, quando le si chiede di scegliere fra esser persona o personaggio.
Almeno su carta, ho trovato una donna che trascorre più tempo sotto la doccia, di me.

Le acide, sono acide.
Ma il lunedì sera si disperano, quando sentono che la loro anima ha il sopravvento su tutto.
Acidità compresa.
Argh!

venerdì 12 settembre 2014

Club del libro 11. 9. 2014 : Una donna spezzata.

Ieri sera si è svolta la riunione del club del libro di settembre, il tema, che sarebbe dovuto essere "Una donna spezzata", si è inesorabilmente incagliato sull'argomento " elettroshock", cambiando radicalmente la serata.


Se tutte le strade portano a Roma, tutte le storie portano all'elettroshock !

(In realtà non vorrei scherzare su un tema così delicato e così doloroso, 
in pratica, quando ti trovi al tavolo con cinque donne intelligenti, 
ti rendi conto di come si possa veramente scherzare su tutto, senza mancare di rispetto e serietà su nulla.)

In ogni modo, ponete un punto di partenza, mettete una manciata di persone con una gran bella testa ad un tavolo e i voli pindarici non potranno esimersi : condurranno il gioco.

"Una donna spezzata", Simone non ci ha deluse, con la sua abile penna è riuscita a fingersi tre diverse donne, con tre diversi linguaggi e tre diversi stili, senza tradire il filo conduttore che fa da tramite fra le pagine e le storie di queste anime.
Partiamo dall'ultima, una donna spezzata, da una caduta improvvisa, da una caduta fisica e morale, da una caduta nei confronti di se stessa, ma anche nei confronti della figlia che ha deciso di abbandonare alla morte.
Se leggessimo una storia simile sui quotidiani, ci indigneremmo davanti ad una madre che lascia morire la figlia , sui social spopolerebbero post su come certe donne non debbano essere madri, alcuni probabilmente ricercherebbero motivazioni quali la droga, la mancanza innata di valori,
             (in base all'età della donna perchè si sa che se sei una madre giovane, sei una snaturata che esce e di conseguenza il figlio è      problematico / se sei una madre meno giovane, sei un'egoista estremamente opprimente e di conseguenza il figlio è problematico - insomma, se sei madre sbagli, ma anche se scegli di non esserla, sbagli comunque-)

la nazionalità, un padre assente oppure troppo presente: saprebbero distinguersi i programmi condotti da donnine di plastica e quello condotto dall'amante dei plastici.

In questo terzo racconto invece, manca l'indignazione di Simone, è il personaggio che parla di sé a sé, ci comunica cosa sente di essere, vomitandosi addosso racconti, rancori, sentimenti, come se il trauma di una caduta il 31 dicembre, l'avesse ammaccata così forte  da aprire uno spiraglio, passaggio diretto fra il fuori ed il dentro , fra la sua anima e il mondo popolato da idioti irragionevoli, fra la sua innocenza e la colpevolezza del mondo circostante.

Il filo conduttore, o almeno uno dei fili, che abbiamo intravisto è questo: l'incapacità di prendersi delle responsabilità, indipendentemente dal contesto, la totale mancanza di volontà di assumersi la colpa di una situazione che pian piano non solo, sfugge al proprio controllo, ma si sta lentamente degradando.

La donna numero due, una donna adulta, colta ( tutte e tre le donne spezzate sono donne colte), rivoluzionaria, affermata professionalmente e socialmente, la tipica donna dall'aria vissuta e dalla mente "aperta".
(E proprio per questo non riesco a perdonarti, delle tre, sei la donna spezzata che meno voglio 'salvare', probabilmente perché ricoprirsi di un''apparenza fatta di valori - apparenza ricercata anche dalle altre protagoniste, ma tramite espressioni differenti-, che in parte condivido, in qualche modo li svaluta e di riflesso svaluta anche una parte di Penelope,ecco.)
Talmente colta e adulta, da addossare la colpa delle decisioni del figlio, perché quando queste si discostano dalle proprie assumono l'essenza della 'colpa',  ad un'altra donna, la nuora.
Abbiamo sottolineato come questa donna,   donna spezzata da un figlio che si rivela diverso dalla proiezione di sè, che lei stessa, ostinatamente, voleva vedere,  sia ancora una volta una madre incapace di accettare e sostenere il proprio figlio.
In apparenza lo sostiene, ma nel profondo ha un'opinione talmente bassa di lui, da pensare che una donna, in combutta con il suocero, potesse traviare il suo bambino.

Una delle partecipanti (che brutto termine!lo so! non trovo carino scrivere il nome però...)
che fra pochi mesi ci renderà zie,  ha detto : "Anche se è estremamente difficile da accettare, il figlio è tuo, ma non è comunque tuo, è una persona diversa da te."
Esprimendo così una grande verità, del tutto assente da questo secondo racconto : si vive la presenza di questo figlio, adulto, come un prolungamento della propria persona, in tutto e per tutto.

Il padre invece, figura importante, perché come ci ricorda un'altra 'partecipante' "i figli si fanno in due e si crescono in due", sembra abbia in qualche modo accettato il figlio, sicuramente più della madre, ma alla fine, la triste realtà è che questo figlio, nato da due persone incapaci di vivere una dimensione 'comune', incapaci di creare un nucleo familiare probabilmente, non sia 'abbastanza' per nessuno dei due genitori.
La madre, è stata solo più abile nel plagiarlo, non fosse riuscita lei, probabilmente, sarebbe subentrato il marito, con le sue aspirazioni non raggiunte e questo limite prestabilito, oltre al quale, qualsiasi cosa, pensata o vissuta, non sa assumere i connotati della genialità.


Idealizzazione: un altro filo conduttore del libro, insieme al rifiuto della colpa e alla necessità di vivere di apparenze.

A questo punto devo citare un'altra partecipante che con: "Autocritica è una parola che dovrebbe far parte del vocabolario!" *, è arrivata dritta al punto, soprattutto per quanto riguarda la donna spezzata dalla sua volontà di spezzarsi del racconto numero 1.

Sei bella, sei ricca, sei colta, sei sana, hai due figlie grandi.
Tuo marito, il grande uomo idealizzato che vive con te, ti tradisce: 
la prima versione dice che è stata una'bottaevia', già la seconda, afferma un rapporto, alla terza risulta evidente un legame di fondo tra loro.
La quarta versione non esiste, ma tu sei a casa da sola e lui è in vacanza con lei.
Noi, cara donna spezzata, noi ti abbiamo capita, ti abbiamo sostenuta, ti siamo state accanto per interi capitoli dicendo e pensando: "uominidipupù".
Arrivate a questo punto però, ci saremmo aspettate che tu facessi i bagagli e andassi a trovare tua figlia, ti facessi un viaggio in giro per il mondo, o che corressi almeno a mangiare in quel ristorante giapponese dove non andavi mai perché a tuo marito il giappo provoca bruciore intestinale! 
Invece no, tu ci sei caduta in basso donna spezzata, ti sei affidata ad amiche che non erano amiche, donne pronte a fare gossip secondo i turni delle presenze/assenze, ma soprattutto ti sei affidata al giudizio dell'uomo che ti ha tradita per anni.
Non sei stata capace di accettare la realtà ed hai sempre preferito lottare per ottenere ottime superficiali espressioni di qualcosa di inesistente: un matrimonio perfetto, una casa perfetta ristrutturata di recente, due figlie diverse, ma ugualmente perfette.
E non ti rendi conto che l'uomo che decidi di tenerti, l'uomo che ti tradisce da anni, ti giudica un'incapace ed è così abituato a non rispettarti, da permettersi di giudicarti come madre e come donna.
Tu ci hai deluso, ci hai deluse tutte e questo non potremmo mai perdonartelo.


Si, certo, il contesto è importante: siamo negli anni 60', una realtà ben differente da quella che siamo in grado di percepire, ma in fondo, oltre a quella parvenza di emancipazione che abbiamo ricevuto in dono ( e che, tuttavia, riusciamo a calpestare volontariamente), quante volte scegliamo di vedere qualcosa che in realtà non è, è cambiata, oppure semplicemente, non è mai stata?
La linea di confine fra il non voler accettare e far di questa mancata accettazione una lama con la quale segnarsi fino a divenire per nostra stessa scelta, donne spezzate, è sottile e spesso rivestita da 'inibitore del dolore'.


Inoltre, la riflessione sugli ideali di fondo di queste donne, mi fa riflettere.
Una delle mie grandi paure è non riuscire a vivere secondo i valori che sento miei, che in qualche modo, in termini non assoluti, sento essere' giusti', tradire i propri valori è un po' tradire se stessi e non essere fedeli a se stessi, questo lo so, non è mai un buon punto di partenza per nulla.

Per esempio, credo fermamente nell'esaltazione della diversità: anche se bisogna cercare ciò che unisce e non ciò che divide, nel momento in cui incontro qualcosa di diverso da me, voglio esaltarlo e non distruggerlo.
Attuare questa esaltazione non è facile, alcune volte mi limito al 'tollerare', ma altre invece, ci sono diversità che mi entusiasmano, nonostante magari siano molto distanti da me.
tutto questo giro di parole per dire: ho iniziato la saga del trono di spade e mi piace tanto e sono veramente felice che un'amica, partecipante, abbia avuto occasione di farmela conoscere!



La serata è stata splendida come sempre, tortine e dolci in quantità industriali,
(posterò le foto a breve!)
libri, parole e due nuovi partecipanti: una giovane donna coraggiosissima e poi... AlessandroMagno, il mio nuovo micio che ha ricevuto coccole in quantità.
(al momento dei saluti voleva andarsene anche lui...)



IL PROSSIMO APPUNTAMENTO SARÀ LUNEDI 13 OTTOBRE ALLE ORE 21:00
CON IL LIBRO "IL PANNELLO"DI ERRI DE LUCA.


VI RINGRAZIO COME SEMPRE,
condividere libri è condividere amore!
(per questioni di serenità ho eliminato l'argomento 'suocere: istruzioni per l'uso')



*voglio dieci magliette con questa frase.




 


martedì 9 settembre 2014

Auguri Lev, grazie di tutto, grazie per Anna!

Come mi ricorda Google, oggi, Lev, avrebbe compiuto 186 anni.
" Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d'ombra e di luce."

Un uomo degno di tutta la mia stima, un uomo capace di scrivere:

"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo."

" Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo."

"Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."


" Le famiglie felici si rassomiglian tutte. Ogni famiglia infelice, invece, lo è a modo suo."

Un incipit meraviglioso, qualunque sia la traduzione più fedele,
( Io personalmente preferisco quella di Ginzburg, lq numero due)
Lev Tolstoj ha saputo colpire nel segno con una sola frase.
Uno scrittore, un genio, un uomo, un artista.
Si, perchè sarebbe riduttivo trovare una sola definizione per un'anima capace di attraversare gli abissi femminili, capirli e rappresentarli. Il tutto in maniera facile, discorsiva, semplice, diretta, ma anche delicata e raffinata.


Un uomo che mi ha accolta nel mondo femminile, prima ancora che io stessa fossi donna. 

" – Se vuoi la mia confessione riguardo a questo, ti dirò che non credo che qui ci sia un dramma. Ed ecco perché. Per me l'amore... tutt'e due gli amori che, ricordi, Platone definisce nel suo Convito; tutt'e due gli amori servono da pietra di paragone per gli uomini. Alcuni uomini ne comprendono soltanto uno, altri l'altro. E quelli che comprendono solo l'amore non-platonico è inutile che parlino di dramma. Quando c'è un tale amore non ci può essere nessun dramma. Vi ringrazio umilmente per il piacere, i miei rispetti; ed ecco tutto il dramma. E per l'amore platonico non ci può esser dramma, perché in un tale amore tutto è chiaro e puro, perché...
In questo momento Lévin si ricordò dei suoi peccati e della lotta interna che aveva vissuta."


 
  "Ma una volta, non avendolo incontrato a un ricevimento dove contava vederlo, capì chiaramente, dalla tristezza che le invase l'anima, di aver ingannato se stessa; l'insistenza di quell'uomo non solo non le era fastidiosa, ma costituiva per lei tutto l'interesse della vita."

 Vronski e Anna...

Beh, questo libro mi ha segnata, molto.
E mi è piaciutio, tantissimo.

Forse appaio contradditoria, dal momento in cui elogio così tanto donne forti ed indipendenti e disprezzo quelle incpaci di volersi vedere singolarmente, come persone aderenti a se stesse, prima che al prossimo.
In realtà, la figura di Anna, mi affascina proprio nell'indipendenza che ha nei confronti di tutto, del matrimonio, della società, persino nei confronti di Anna stessa.
E quando Lev le fa pensare che Vronski costituisse il centro della sua intera esistenza, lo fa per un attimo, poi, l'attimo dopo, lei torna a pensare a se stessa, al suo amore e al suo grande dramma.

Un dramma mai banale, ma sempre vero e sincero e puro.
Non come i drammi che nella quotidianità vedo ricercati e voluti ed espressi attraverso ogni forma conosciuta.
(*momento polemica*: nascondersi dietro i più variegati drammi immaginari, non ti esime, per quanto riguarda la mia visione, almeno, dal prendere atto della tua persona, dei tuoi doveri e del fatto che non tutto ciò che dobbiamo fare, ci piace. Ciò non toglie che vada fatto. Piangersi addosso non serve a nulla.)



 “Quanto alla Karenina: io vi assicuro che per me quello schifo di romanzo non esiste più!”.Lev Tolstoj 1881

Fedor, caro Lev, la vedeva diversamente ed io con lui.

C'è solo una domanda che mi ha tortmentata a lungo ed alla quale non ho mai trovato risposta che non fosse personalistica all'estremo:
Perché Anna si suicida?

Una volta, ad un aperitivo universitario, ho trascorso un'ora a chiaccherare con una collega sull'interrogativo, senza trovare risposte all'altezza, almeno io. Salvo poi scoprire che la collega in questione, innamorata dell'anti eroismo proprio della Karenina, non aveva mai letto il libro, ma in compenso ogni genere di recensione.
Quella fu l'ultima volta che partecipai ad un'attività pseudointellettuale con letterati, mi alzai e me ne andai, senza salutare.
Per anni, io e la mia amica Cerere ne abbiamo riso.

Ma questa piccola e deludente parentesi, mi ha aiutata a comprendere un paio di cose, sicuramente.

La prima, è che chiunque, persino chi non ha mai letto il libro, si è chiesto nella vita, perché Anna si sia suicidata.

La seconda invece, è che anche se non avrò mai risposta, questa mia domanda, è utile come metro di giudizio, per captare chi, nella vita, si affida alle recensioni dei più grandi, senza aver prima avuto modo di formulare un proprio pensiero.

 

(La mia opinione sul suo suicido, probabilmente è dettata dal femminismo, lo so, ma credo che Anna non sia più riuscita a respirare la libertà della quale necessitava per vivere. Lei è Anna solo quando è libera e si sente libera quando si afferma al di fuori da ogni genere di convenzione sociale che possa in qualche modo obbligare due persone ad essere una famiglia. Il suicidio di Anna si risolve nell'incipit che tanto amo, perché" ogni famiglia felice ed ogni famiglia infelice" , poco importa quale sia l'aggettivo, l'importante è il concetto di famiglia.
Quello che ad Anna sta stretto.
Probabilmente l'ostracismo attuato nei suoi confronti ha influito sul suo suicidio, così come l'incapacità di Vronski di starle dietro. 
Ma credo che il colpo di grazia le sia stato dato dal rifiuto della domanda di divorzio da parte del marito. Quel gesto ha in qualche modo legittimato qualcosa di illegittimo che doveva rimanere tale per essere libero e vivibile per una donna come Anna. Designare un rapporto di coppia attraverso l'azione del marito stesso, deve averle fatto tornare alla mente quel termine "famiglia", al posto di "persona". Anna è morta per difendere la sua volontà di dire no ed affermare se stessa tramite le sue diversità.)


"Non c'era bisogno di chiedergli perché fosse lì. Era certa, come fosse lui stesso a dirglielo, che era lì per essere dov'era lei."LT

 "E io chi sono, sono io o sono un'altra?"

"Era come se tutte quelle tracce del suo passato lo avessero afferrato dicendogli: "No, non ci lascerai, non diventerai un'altra persona, resterai quello che eri: coi tuoi dubbi, con la continua insoddisfazione personale, coi vani tentativi di correggerti, con le cadute e l'eterna attesa della felicità che non ti è stata data e che per te non è possibile"."


Nonostante tutto, nonostante la frase gettata per sbaglio nel 1881, grazie di tutto Lev, grazie per Anna!

immagine tratta dal film Anna Karenina
( Keira Knightley sei bellissima!)

lunedì 8 settembre 2014

Un comunista in mutande - Claudia Pineiro

Premessa: in questo piccolo spazietto virtuale che porta il nome della mia anima, mi ero ripromessa di trattare di cibo, di miti e di libri.
Ma il problema del parlare di ciò che si ama, consiste nel non riuscire ad esimersi dall'esprimersi attraverso quelle stesse cose. Almeno, per me, è così.
Vorrei riuscire ad avere un'obiettività che il sentimento offusca e la ragione ogni tanto, linguisticamente e stilisticamente fa tornare in auge.
In ogni modo, non è mia intenzione fingermi cuoca, scrittrice o intellettuale, sia chiaro, lascio la consapevolezza di scrivere recensioni a chi davvero ne è capace, per quanto mi riguarda, tratto la bellezza, come forma di espressione, ma soprattutto, come forma di difesa.
Ricordatevi di me, sono Penelope, pur sempre abbandonata, per un campo di battaglia.
(Dieci anni di solitudine?dieci anni di letture!)

"L'altezza del proprio padre
segna il limite, in termini
di paragone, con cui, bene o male,
si misurano tutti gli uomini." 


Tratto dalla copertina di "Un comunista in mutande" di  Claudia Pineiro.


Primi di agosto, mi trovo in Salento, -credendo anche di essere "alternativa", per poi scoprire che l'80% delle persone che conosco si trovavano a Lecce-
intravedo una Feltrinelli bellissima, disposta su due livelli, con bar e area relax.
Entro.
Se nella vita evito le copertine splendenti, in favore di copertine meno belle, ma più coerenti
( si veda il post su Michele Serra, Gli Sdraiati, le unghie e i calzini),
all'interno delle librerie,
tradisco  questo mio ideale:

Una foto ritrae un uomo con un costume verde e una bambina per mano,
entrambe le figure sono sorridenti, 
sorridono uno di quei sorrisi che quando li ricordi
ti illuminano il viso, veri, sinceri, presenti, mai troppo lontani per esser vissuti.
Dietro, il mare, uno sfondo bianco, celeste, verde,
illuminato dalla gioia spontanea del momento catturato.

Prendo in mano il libro
e lo sfoglio.

Vi siete mai chiesti, guardando una foto, cosa sia successo l'attimo sucessivo allo scatto?
Io sempre.
E quando non lo so, immagino.
Questa volta immaginare è stato facile, perchè l'uomo raffigurato non poteva che essere un padre e quella figlia sorridente, sarei potuta essere io.

Pago il libro,
14 euro,
d'accordo,
prendo il resto,
esco,
il tutto leggendo.


La bimba uscirà per prima dall'acqua, 
spaventata dalle onde,
il padre farà una lunga nuotata, dalla spiaggia sembrerà ancora più lunga e la figlia lancerà qualche sguardo preoccupato verso l'azzurro.
Lei è fasciata in un asciugamano, infreddolita,
lui risalirà e si stenderà al sole, per asciugarsi.
Sono due prestanze diverse le loro,
così come diversa sarà la loro capacità di comunicare,
una emotiva e l'altra brusca,
ma questo ancora non lo possono sapere.



Io di preciso non lo so cosa sia successo dopo quello scatto,
ma so che la storia di questo libro è una storia d'amore
(citando Eureka Street "tutte le storie, sono storie d'amore"),
l'amore di una figlia nei confronti di un padre,
misura di tutte le cose,
vanto,
universo incomprensibile
e al contempo,
riflesso di sé.



Se la memoria "è un gioco di scatole cinesi", così come afferma l'autrice nell'ultimo capitolo,
queste 146 pagine sono al sicuro.

 

Caro Michele Serra.

"E poi, per scongiurare ulteriormente l'equivoco erotico, ho l'ottima idea di immaginarmeli tutti, maschi e femmine, a casa loro, nelle loro stanze scompaginate, in mezzo a montagne di calzini appallottolati, e i cassetti semiaperti che vomitano felpe, tutto per terra, anche qualche piatto sporco, loro pulitissimi che hanno appena fatto la terza doccia di giornata, depilati, sbarbati, pettinati, ossigenati, levigati, idratati, rifilati, con le unghie dei piedi perfette, però in mezzo a un merdaio sciatto, straripante, che per quel che mi riguarda vale, quanto a calo del desiderio, parecchi punti."
pag 64 "Gli sdraiati"- Michele Serra

Caro Michele Serra Errante, nato a Roma (1954) e cresciuto a Milano, che ha cominciato a scrivere a vent'anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere ,
io mi sono innamorata di te.
Nella lista degli uominimeravigliosichemifannosognareconleparole, sei quarto, esattamente dopo il signor Cacciari, hai spodestato Augias e credimi, spodestare Augias, non è assolutamente cosa da poco, contando il suo amore per i gatti ( che poi è anche mio).
Come ogni giovane donna che si rispetti, mi sono vergognata del mio passato da 'sdraiata', durato all'incirca una ventina di giorni, periodo al quale ha messo fine probabilmente mia madre con quattro urli e cinquemila sensi di colpa.
Il tuo libro, infatti, parla di un rapporto uomo- uomo , che ovviamente esprime un rapporto generazionale più ampio ed effettivo, ma che comunque non prevede gli usi ed i costumi del rapportarsi tra donnamamma e donnaadolescente all'interno di una famiglia del ceto mediobasso.
Se la tua frase sul sentirsi chiamare papà, quel "richiamo all'ordine", come lo definisci  tu con estrema delicatezza , fosse volta a un femminile 'mamma', diverrebbe fonte di stress e urla e litigi, insomma, di una lunga serie di cose che poco hanno a che vedere con l'ordine al quale può richiamare quel sentirsi il solo ed unico padre, figlio di due sillabe di riconoscimento.

In ogni modo, posta una chiusura alla breve parentesi autobiografica, intendo ritornare sulla motivazione del mio immenso amore (insomma, immenso sei comunque al quarto posto per il momento) per te :
in 8 righe, OTTO RIGHE,
sei riuscito ad esprimere il disagio interiore che riesce a provocarmi la dicotomia "pulito fuori, sporco dentro".

Mi spiego meglio, 
una delle mie particolarità, sempre se così vogliamo chiamarle,

(oltre a fare elenchi di scrittori e pensatori per i quali ho grandi cotte adolescenziali e scrivergli poi in discorso diretto lettere all'interno del mio blog di cucina...)

è rappresentata dalla necessità di associare una persona, appena conosciuta, al luogo in cui dovrebbe, almeno in apparenza, vivere.

Di conseguenza, nel momento in cui entro in contatto con la realtà privata di una persona, come la sua casa o più in particolare la sua camera,
riesco a concludere l'opinione globale che ho della persona stessa.

Tu, Michele Serra,
in quelle otto righe che ho citato,
sei riuscito ad esprimere lo sdegno, e in parte anche lo schifo dai,
nei confronti dell'espressione di se stessi attraverso un luogo"nostro". 

Noi sai 
(beh, mi sembra anche giusto così comunque)
quante volte devo rapportarmi con questi esseri dalle unghie curate e le montagne di calzini sporchi,
dall'auto lustrata e lenzuola che hanno visto la lavatrice di sfuggita, per caso, quando sono arrivate ed hanno visitato la casa.
Disordine negli armadi,
sporcizia,
confusione.

L'espressione del progresso e della modernità, 
messa in scena da quel Faust che rifiuta gli attrezzi del padre,
ridotta a cumuli di abiti e tecnologie dismessi, così, dopo pochi mesi, talvolta, raramente, dodici.

Ma forse, sono io, che, tanto per restare in tema letterario,
come una Lady Macbeth moderna,
tento di lavare il prolungamento di un delitto che non avrà mai fine.

In ogni modo,
grazie.
Per queste 108 pagine,
vissute da una quasitendentesdraiataingioventù
che non è neppure riuscita ad esserla fino in fondo,
ma che, in qualche modo,
pur non essendo neppure genitore,
mi hanno trovata.
Non è solo la forma, ironica,
leggera, pungente,
che arriva,
ma anche il contenuto
e ti tiene compagnia
come su un'amaca . 



Libri- Liberi- Libri- Liber A. / Torta veg pere-cioccolato

Ritorno sulle mie pagine con la codina fra le gambe,
qualche kg in più, due orecchiette nuove che girano per casa, un esame in meno, una RICETTA nuova e qualche LIBRO.

Parto dalla RICETTA: torta veg pere e cioccolato.


Pasta frolla veg:
  1. 500 g di farina 00
  2. 1 cucchiaio grande di amido
  3. 125 g di latte di soia al cioccolato
  4. 125 g di olio di semi
  5. 250 g di zucchero di canna
  6. 1 cucchiaio di bicarbonato
  7. sale qb
  8. cannella ( scelta)

Almeno 1/2 h i frigo

 

Ripieno:
  1. 5 pere grandi biologiche possibilmente
  2. 3 cucchiai di miele
  3. 50 g di zucchero
  4. 3 cucchiai di latte di mandorla  ( io l'ho preso a Gallipoli, pur chiamandosi 'latte' è uno sciroppo di acqua, mandorle e zucchero) 
  5. cacao amaro

Amalgamate e lasciate riposare in frigo.

 

 

180° per 30/35 minuti



Per quanto riguarda i libri, invece, comunico ufficialmente la data del prossimo incontro del club del libro:


giovedì 11 settembre alle h 21: 00.

Il  libro scelto era, anzi è, "Una donna spezzata" e devo riprenderlo in mano dopo averlo divorato in vacanza a luglio.
Per quanto mi riguarda però, è uno di quei libri dei quali 'ubriacarsi' :
quelli che riprendi in mano dopo anni, inizialmente solo per ripetere correttamente quella frase che tanto ti era piaciuta ed avevi sottolineato perché ti ricordava te stessa.
E poi, poi trovi quella frase e con essa il contesto in cui l'avevi sentita tua, le persone, gli odori, i luoghi che ti ricorda ed improvvisamente hai riletto il libro, così, seduta con le spalle contro la libreria ed i calzettoni di lana che ti scendono lungo le gambe nude .

L'ho fatto per anni, questo gioco incomnsapevole, 
con i Dialoghi con Leucò.
Cesare, quello perduto nella pioggia ad aspettare il suo amore ballerina,
amore che non arriva, perché ha cambiato idea,
perché la notte si dorme e non si aspetta qualcuno che non è neppure fedele a se stesso.
Eppure cesare rimane lì, a bagnarsi ancora un po' e mentre il tram di mezzanotte se ne và, tira i primi colpi di tosse,
ma continua a tenere il sigano fra le dita, bagnato, umido, feticcio di lacrime e speranze,
simulacro di morte e amore, che è pur sempre un sinonimo di vita.
Quel Cesare Pavese che aspetta come solo una Penelope sa fare,
senza prendersi l'amore, la donna, i sussulti del cuore, 
ma solo la pleurite,
mi ha descritta così bene da farsi leggere tre volte all'anno,
contro la parete della mia libreria.


Simone non ha descritto l'attesa che io e Cesare conosciamo,
ne ha messa in scena una diversa, drammatica, fastidiosa, ben accetta e comunque indigesta.
Un'attesa che non mi appartiene,
che qualche volta mi ha posseduta senza sapere che io non la posseggo.
Ma di quell'attesa, di quella delusione inconsapevole seppur evidente, 
sono sicura che andrò a leggere,
ogni volta che mi servirà sentire una frase che mi ricordi
di essere
sempre
fedele a me stessa.

Perché il prezzo di questa mancanza, 
alle volte,
può essere una pleurite,
altre la dignità,
altre ancora,
la vita.




                    

giovedì 24 luglio 2014

Finzioni (J.L.B)

Se è vero che un libro si giudica dalla copertina,
questo,
dovrebbe essere un capolavoro.
"Finzioni" di Jorge Luis Borges e un labirinto marino, fra l'azzurro e il blu.
In realtà,
per me,
questo è un capolavoro,
copertina compresa.
Fosse solo per
"(...) la verità, la cui madre è la storia, imitatrice del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e avviso del presente, sintomo del futuro".
 
Lo so, può sembrare folle, insensato, ciò che scrivo,
ma spendete 9. 50 euro per 145 pagine di genio, di Borges.
E per Pierre Menard e il suo Quijote .
E si, le parole sono tutto, ma anche la storia è tutto e il contesto, anche.
E la realtà "atroce o banale".



(Ed il mio, di contesto, questa volta, era la solitudine.
L'attesa di una persona cara.
Una città medievale.
Due uomini in lontananza che montano delle luci sopra un palco.
Una panchina troppo calda.
Il sole che batte sulla nuca.
La strada è troppo lunga, alla prima uscita torno indietro.
Due anni fa ero qui, scesa da un treno che non sapevo prendere,
un'amica che corre dal lavoro, la birra aperta con un accendino,
- "è un maschio?"
-"no, femmina, ma alla mamma piace il blu.."
-"che bel maschietto!"
Sempre la solita storia, 
mai sforzarsi per capire,
che,
spesso,
basta aprire la copertina e sfogliare.)

mercoledì 23 luglio 2014

Penelope attende Penelope, clubdellibroallaprossima

Lo so, lo so, ieri sera si è riunito il club del libro ed io dovrei scriverne.
Però non lo farò, vado di fretta.
Appena ho un po' di tempo trascrivo tutti i miei appunti.
(Li ha presi Marika al mio posto, lo ammetto.)
(Che bello trovare Chiara e Nina con il loro quadernino, mi fa ben sperare)
(per me , mica per loro!)
Qualcuno una volta, ha detto che scriveva quando era triste perché quando era felice, usciva.
E allora siate contenti delle mie poche parole:
ieri abbiamo chiaccherato, anche, di libri.
Alla fine.
Ma siamo comunque state bene.
A breve riporterò i riferimenti letterari.
Ora esco, sono felice, ho voglia di guidare, di sprecare fogli in attesa del lavoro dei miei sogni, di sprecare voce nel dire cose che altri non ascolteranno e non vorranno, spesso, capire.
Per quanto riguarda te, si, proprio tu, porta i tuoi figli al parco, ormai hai una certa, ma grazie, mi hai fatto un favore grandissimo, io l'ho capito dopo, tu mai.
Non ho voglia di domande mirate al pettegolezzo, non ho voglia di risposte, ho solo tanta voglia di vivere. (cheperunadepressacronicanonèpoco)
Sto allontanando la negatività, chi si piange sempre addosso, chi prende senza dare, chi"è sempre l'altro il cattivo".
Io ho sempre preferito passare da strega, anche quando ero Biancaneve.
Si può vivere bene anche prendendosi le proprie responsabilità.
Si può avere voglia di vivere ricordando Ulisse sulla soglia, che va a comprare le sigarette.
Non serve fumare per avere una scusa per uscire, basta aprire la bocca e parlare, non servono le frecciatine, basta alzare il telefono e spiegare, non serve a nulla fingersi ciò che non si è, perché i conti, si fanno sempre con se stessi e se non si sa essere onesti con se stessi...auguri.
Io sono Penelope.
Nel mio nome porto la lacrima, nel mio cuore qualche nome, sulla pelle tante cicatrici... o forse nel nome ho la consapevolezza che nonostante le mille storie mentali, fedeli si nasce ed io ci sono nata, ma esser fedeli significa prima di tutto esserlo a se stesse, poi, anche agli Ulisse di turno, forse, se ne vale la pena, nel mio cuore ci sono tanti titoli, molti visi, alcune frasi, ci sono io, nella mia interezza e sulla pelle qualche livido, dato dalla sbadatezza e non dagli altri, e il segno del costume.
Io esco, perché sono viva.
Perché ho un'amica che mi aspetta.
Perché ho una Donna che mi scrive.
Perché merito di provarci, ancora, sempre.
Perché Penelope attendeva Penelope e tu, Ulisse, con il tuo ritorno, mi hai fatto capire che non eri tu che aspettavo, ero io, sempre e comunque.
Eccomi.
Ben tornata a casa.