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giovedì 19 gennaio 2017

Senza renderlo prigioniero.

Io cerco la persona che sia capace di amare l’altro senza per questo punirlo, senza renderlo prigioniero o dissuaderlo;
cerco questa persona del futuro che sappia realizzare un amore indipendente dai vantaggi o svantaggi sociali,
affinché
l’amore sia sempre fine a se stesso
e non solo il mezzo in vista di uno scopo.



(Carl Gustav Jung a Sabina Spielrein )

martedì 17 gennaio 2017

Mattino.

La mia storia d'amore con le finestre non avrà mai fine, soprattutto con questa.
Una portafinestra, doppio battente, in legno, forse noce.
Una finestra, una portafinestra.

L'ho vista spalancata sul giardino che da tanta parte lo sguardo esclude ed include.
Due battenti aperti sul mio destino e sulle infinite possibilità che la vita poteva riservare, a me, per me.
Ancora una volta ancorata ad una finestra.

I vetri sporchi, pieni di ditate di mani piccine, una retina arancione presto sostituita da veli con foglie e ricami, veli vecchi, che avevo comprato per quella casa che un tempo sentivo così mia e che proprio il tempo ha dimostrato non essere mia.

Mi manca il sole.
Mi manca la mattina.
Mi mancano le mattinate assolate e l'una del pomeriggio, il caldo che entra nei riflessi e negli occhi, sulla pelle, sulle mani, fra i capelli, sui vestiti.
Il sole che si impossessa di tutto, senza appropriarsi di nulla.

Mi piacciono le luci del mattino che attraversano i vetri, mi fanno sentire serena.

Niente stelle al neon, niente universo, ma le luci del mattino hanno sempre quel suono che mi fanno sentire un eroe a tempo perso e gli ombrelli possono rimanere agli ombrellai, tanto, anche quando piove, non riesco a credere negli ombrelli.

Pochi mesi e tutto questo sarà finito, davvero finito. Non nutro buone sensazioni, ne ho di pessime, mi sento abbandonata a un destino che non volevo prendesse questa piega, speravo di poter aprire questi battenti per molto tempo ancora, pensavo di sentire serenità oltre al tempo delle luci del mattino.

Ho paura che tutto questo finisca ed ho timore di avere ragione. Mi sento un pesce fuor d'acqua. Non mi sento più a mio agio ed vorrei godere del momento, ma non ne sono capace, forse.

Soffro del distacco da un posto che ho sentito casa proprio mentre avevo abbandonato l'ultimo luogo che ho sentito mio.

Le chiavi, la porta, la luce, quell'aula grande sempre illuminata, che adesso mi manca, pur potendoci entrare in qualsiasi momento.

Io i posti li sento quando mi abbandonano, li sento salutarmi, sento il loro addio, sento che mi mancheranno prima ancora di perderli e non vorrei perdere questo.

Quella stanzina così piccola dove ho chiamato così tante voci per sapere se sarebbero mai diventate mani, volti, nomi, per me.

La panca dove ho fatto le cinque del mattino più di una volta.

I tasto che ho suonato per la prima volta, di nascosto e poi ho tentato di suonare svariate volte.

Le sedie che chiudo e quella che non riesco a far star su, quasi il mio peso fosse troppo, troppo a lungo.

Il pc che parte quando vuole lui.

Il bagno che ho lavato, i pavimenti che ho pulito ed i panchetti che tendo ad impilare per una qualche mia strana mania.

Mi manca questo posto, perchè non lo sento già più come lo sentivo tre mesi fa e se fra poco tutto finisce, io che faccio?
Lo saluto.

Ma rimarrà sempre nel mio cuore.

Un'esperienza bellissima.

Devo imparare a vivere tutto come un'esperienza senza cercare stabilità e serenità.

Devo imparare a vivere senza aspettative, con leggerezza.

Devo imparare.

E dove si può imparare, se non in una scuola?

domenica 8 gennaio 2017

Potenzialità.


Esistono dei luoghi speciali oltre alle librerie e alla scuola di musica, ovviamente.
Sto parlando di quei luoghi che ti mettono alle strette con te stessa e ti fanno uscire vincitrice da questo confronto che solitamente ti pone spalle a muro senza fiato : un esempio è dato da Decathlon.

Lo scorso anno feci un colloquio dopo il quale fui chiamata a fare la commessa da loro, ma a causa di altri impegni lavorativi ed alla prospettiva di un lavoro differente , non riuscii ad andare.
Era il periodo del 'non ti preoccupare, ci sono io ad aiutarti e sostenerti, non serve che tu ti ammazzi di lavoro correndo da un punto all'altro della città'. Tre settimane dopo mi ritrovavo sola, senza una casa, senza risparmi e senza sapere dove sbattere la testa.
Anzi, avrei voluto sbattere la testa più e più volte contro l'esoso dondolo di vimini comprato ad aprile, per esaudire un grande desiderio del prode Ulisse, ma quel dondolo, come quasi tutte le mie cose, l'ho lasciato ad Itaca ed Ulisse non ha avuto premure al riguardo.

In ogni modo, Decathlon, è il paradiso degli indecisi e dei mediocri.
Le persone come me, per un attimo, si sentono in grado di scalare montagne, nuotare in acque buie e profonde, segnare rigori e correre per ore ed ore verso mete lontane.
Le persone come me, vivono ogni giorno con la totale consapevolezza della propria goffaggine.
Mi chiamo Penelope, non ho ancora trent'anni, sono bassa e piccola, ma soprattutto, sono la persona meno coordinata di questo mondo.
E ne sono pienamente consapevole.

Tuttavia, Decathlon, mi regala un sogno, anzi, mi vende un sogno di una vita diversa e migliore: quando compro una canotta iper traspirante, la palla da pilates, il panchetto per lo step, il laccio catarifrangente, io compro un'idea di me stessa nel pieno del cambiamento.
Un cambiamento che poi non effettuo, però comunque nella mia testa vedo già compiuto.

Decathlon fra i suoi scaffali mi trasmette un'immagine di me sportiva, forte, sudata, libera.

Oggi, mi ha regalato il sogno di una Penelope che corre con i suoi pattini veloci a soli 49,50.

In questa immagine non indosso caschetto, protezioni, ginocchiere, paracolpi, imbottiture di gommapiuma che mi salvaguardino dal disastro che sei ruote sotto ai piedi potrebbero significare per la mia incolumità.

E mi basta ed avanza.

Ci sono luoghi magici, in fondo.
Oltre la mente, grazie alla mente.

domenica 15 marzo 2015

Promemoria

Amo lo stoicismo per il giusto mezzo che io, evidentemente, non trovo.
Mai.

Per la prima volta mi sento a mio agio in un posto che non ho arredato io,
sono circondata da libri ed è fantastico.

Al contempo,
mi sento veramente lenta.

E forse ho ricominciato ad attendere.

Ed è sempre la stessa, orribile, inevitabile storia :

perché avvicinarsi al baratro,
quando puoi tranquillamente gettartici dentro?

Il giusto mezzo.
Ma poi, il giusto mezzo, come faccio a riconoscerlo?
No, perché io credo di non esserne capace, anzi, credo non sia proprio nella mia natura.

Forse quando distribuivano il senno, io, ero a un corso di formazione dedito al commettere cazzate.
Ah perché in questo sono bravissima.

Spero che la mia empatia non sbagli proprio questa volta,
altrimenti sarà il caso di comprare un divano e qualche quadro per arredare
il fondo che toccherò mooolto velocemente.

Treni, km, pagine bianche, frasi d'amore impresse sui libri, mancanze importanti, più delle richieste e questa sorta di frenesia che non mi fa mangiare, ma solo bere, cose che in fondo, sanno di qualcosa di perduto, prima ancora di esser bevute.

Non ci siamo, no, non ci siamo proprio.
Mi hai sorriso da dietro una vetrina e mi hai illuminato la giornata.
Che poi, io non voglio dare la colpa alle vetrine, ai libri o a te,
perché la colpa è mia,
che sono incapace di vivere serenamente qualcosa di sereno,
ma sono per natura portata a vivere con inquietudine qualcosa... no, praticamente tutto.

Misuriamo sempre tutto in tuffi al cuore,
i km sono per le persone banali.

(Cara Penelope, questo è un promemoria, quindi non dimenticarlo e nel caso in cui dimenticassi, rileggi dalla prima riga e ricordati il sapore che ha avere il cuore nell'esofago. Poi datti una calmata, che palpitare fa bene, ma potresti anche avere un infarto.)

giovedì 15 gennaio 2015

La bellezza sta negli occhi di guarda.

E scriverò per te,
per il tuo ricordo straziante
pochi versi dolenti
che tu non leggerai più.
Ma a me staranno atroci
inchiodati nel cuore
per sempre.

Cesare Pavese

Affinità elettive o come le vuoi chiamare.

C'è un film, 'questione di tempo', mi commuove.
L'amore, il destino, il tempo, la frangetta, non saprei.

venerdì 19 dicembre 2014

Deliquio C. Pavese

Vorrei poter soffocare
nella stretta delle tue braccia
nell'amore ardente del tuo corpo
sul tuo volto, sulle tue membra struggenti,
nel deliquio dei tuoi occhi profondi,
perduti nel mio amore,
quest'acredine arida
che mi tormenta.
Ardere confuso in te disperatamente
quest'insaziabilità della mia anima
già stanca di tutte le cose
prima ancor di conoscerle
ed ora tanto esasperata
dal mutismo del mondo
implacabile a tutti i miei sogni
e dalla sua atrocità tranquilla
che mi grava terribile
e noncurante
e nemmeno più mi concede
la pacatezza del tedio
ma mi strazia tormentosamente
e mi pungola atroce
senza lasciarmi urlare
sconvolgendomi il sangue
soffocandomi atroce
in un silenzio che è uno spasimo
in un silenzio fremente.
Nell'ebbrezza disperata
dell'amore di tutto il tuo corpo
e della tua anima perduta
vorrei sconvolgermi e bruciarmi l'anima
spardere quest'orrore
che mi strappa gli urli
e me li soffoca in gola
bruciarlo annichilirlo in un attimo
e stringermi stringermi a te
senza ritegno più,
ciecamente, febbrile,
schiantandoti, d'amore.
Poi morire, morire con te
Il giorno tetro
in cui dovrò solitario
morire (e verrà , senza scampo)
quel giorno piangerò
pensando che potevo
morire così nell'ebbrezza
di una passione ardente.
Ma per pietà d'amore
non l'ho voluto mai.
Per pietà del tuo povero amore
ho scelto, anima mia,
la via del più lungo dolore.


Vorrei poter soffocare - Cesare Pavese





martedì 16 dicembre 2014

OceanoMare

Ci sono cose che ti segnano.
Ad esempio Mr Bartleboom e la sua scatola di mogano.
Sarebbe confortante avere nel mondo qualcuno che, semplicemente, ci stia 'aspettando'.
Forse alla fine di questo gomitolo di inchiostro blu.

Se siamo la somma delle nostre esperienze,
siamo il riassunto degli istanti che abbiamo vissuto,
e forse mai scritto.

Purtroppo, però, io e la matematica non siamo mai andate d'accordo,
perché se è vero che 2+2= 4 , è altrettanto vero che 4= 3+1 / 1+1+1+1 / 1+1+2
ed io, mi sono sempre persa dietro all'universo che ogni percorso contiene,
per poi confondere il risultato.

domenica 26 ottobre 2014

Club del libro ottobre 2014 - Aceto Arcobaleno (E.De Luca)

Quello che un po' tutti ci siamo chiesti in realtà, è il perché di questo titolo.
Due parole affiancate, così, interrotte da una virgola, un senso logico difficile da interpretare. 
Forse però, è il titolo più tenero che Erri abbia mai dato ad uno dei suoi libri, ma questo, si può affermare, solo addentrandosi in quelle 115 pagine che delimitano , forse, uno dei racconti più lunghi di Erri.

( l'autore non è nuovo ad una denominazione particolare e forse anche eccentrica, si ricordano titoli come "Tre cavalli", "Il contrario di uno","E disse", "Tu, mio", "I pesci non chiudono gli occhi", "Il peso della farfalla".)

"Tu insegnavi aceto e arcobaleno, senza giudicarli me li mostravi e a me spettava di scegliere tra essi. Così fa il porcospino mostrando ai suoi piccoli ogni cibo, anche il velenoso, lasciando che ognuno di essi decida il proprio pasto."
p 46

Non ho potuto esimermi dal sottolineare questa frase, vi ho ritrovato la figura maschile che attribuisco ad Erri e forse, anche un modo di esser uomini e di esser padri.
In un momento storico come questo, dove all'interno della famiglia 'tradizionale', spesso, si ripropongono i problemi causati dalla scarsa capacità relazionale e sentimentale che attanagliano la società , trovare un uomo che descrive una paternità importante, seria, una sorta di paternità- modello, anche difficile da comprendere, è gratificante.

Certo, fra gli intenti dell'autore non credo ci sia la volontà di plasmare figure genitoriali attraverso il modello del padre buono, volutamente buono, così onesto da destare quasi vergogna ai figli cresciuti in una società dominata da ben altri valori ( si ritorna sempre lì, il più 'forte', poi tramutato nel più 'furbo' dominano con il loro disvalore quella scala valoriale ormai disprezzata e calpestata), il contesto in cui questo libro è stato pubblicato è un contesto abbastanza differente, era il 1992, non si sentivano storie di ragazzini stuprati con pistole ad aria compressa, non giravano video amatoriali su w app, Silvio non era ancora sceso in campo, l'Italia era apparentemente sconvolta da Tangentopoli , era il 1992 e l'Italia era distrutta dalla strage di Capaci.

Questo libro non mi è piaciuto quanto gli altri libri di Erri De Luca, forse mi sono piaciuti dei tratti, ma la narrazione esageratamente 'impalpabile' ( si, è un termine improprio, concediamocelo), i periodi privi di soggetti riconoscibili, i dialoghi quasi mai segnalati, il cambio dei personaggi quando meno ce lo potremmo aspettare, mi hanno creato un po' troppa confusione.

Non solo a me, a quanto pare, visto e considerato che è stata opinione unanime delle presenti alla riunione del club dello scorso mercoledì, definire troppo complessa la narrazione e lo stile, almeno, del primo racconto dei tre.

Abbiamo voluto scorgere un parallelismo con il libro dello scorso mese:
"Una donna spezzata", libro composto da tre racconti, ha scaturito in noi sfumature completamente opposte a quelle nate con Aceto, arcobaleno:
nel caso del romanzo di Simone, infatti, il primo racconto ci ha appassionate moltissimo, il secondo ci ha catturate, il terzo è stato letto perchè era in fondo al libro. Con Erri, quando siamo partite, avremmo voluto cambiare libro, ma quando siamo giunte alla fine, avremmo desiderato ulteriori racconti.

Per chi non conoscesse la vita dell'autore, che personalmente stimo, sarebbe utile compiere una piccola ricerca biografica prima di intraprendere la lettura. Nel secondo racconto, di violenza, violenza costretta, violenza contro di sé, violenza rifiutata, calpestata, schifata, violenza che diviene principio di una lotta che non prevede sostanzialmente violenza alcuna, ho voluto ritrovare una scelta personale, raccontata in quelle pagine, in quel 1992 così violento per il nostro paese.
(Sono supposizioni sia chiaro, ho idealizzato sicuramente l'autore come faccio con tutta quella serie di uomini che stimo.)

Camilla, una delle partecipanti che è stata con noi telefonicamente, ci ha comunicato una sua visione piuttosto positiva nel complesso, andando a sottolineare quanto sia poi attuale l'insieme dei  temi raccontati, spesso, anche in piccole pillole, quasi aforismi.

"Dietro l'uguaglianza della polvere a ognuno la sua pelle." p 22
Collegata a tutto quello che sta accadendo in Italia,  a Mare Nostrum, giusto per trattare ancora una volta uno dei temi più violenti che alcuni sostengono, altri rinnegano, ma altri ancora ignorano. Un bellissimo spunto, un bel collegamento che dimostra come sia bello condividere opinioni ed idee riguardo allo stesso testo, per pensare, riflettere e spesso avere nuovi punti di vista.

(NB colgo l'occasione per sottolineare come il "Mare Nostrum"sia stato utilizzato come propaganda anche in epoca fascista. Ovviamente ognuno di noi ha proprie opinioni, ma in ogni caso l'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, di conseguenza posso offendere solo dei criminali dicendo quanto sia atroce voler utilizzare nel 2014 un richiamo ad una delle epoche più buie, violente  ed ignoranti della storia italiana.)

"Avevi conosciuto l'amore così. Uso questa parola con immaginazione, io non l'ho toccato. Capivo che non l'amante apprende l'amore, ma l'amato, colui che accetta di essere trasfigurato agli occhi di un'altra persona, Apprendevo da te una notizia sull'amore, non quello che si prova, ma quello di un altro dal quale si è messi alla prova." p 62

Certo, frasi come queste, concetti come questi, ti rendono difficile non creare un legame con questo testo, così come quella visione religiosamente laica ( 26 ottobre, giornata degli ossimori per Penelope), che ho voluto scorgere a pagina 84, in quel
 "Ama il prossimo tuo, ma non come te stesso, misera equivalenza, amalo di più."

Questo libro non è fra i migliori di Erri, sicuramente neppure fra i migliori letti al club del libro, la copertina è stata eletta come copertina più bella fra quelle viste fino a questo punto, ricorda vagamente una foto di una nostra partecipante. In ogni caso, credo ne sia valsa la pena. Il prossimo appuntamento con il club del libro sarà lunedì 24 novembre alle h 21, il testo è della cilenissima (Penelope ama i cileni, ma non sarà di parte) Marcela Serrano - il titolo del testo è "DIECI DONNE".
ORA VI AUGURO UNA BUONA LETTURA, NON VEDO L'ORA CHE SIA IL 24 NOVEMBRE PER DISCUTERNE!

citazioni della serata: "Erri De Luca ha scritto questa roba perchè non aveva mangiato."

Il commento di Penelope:
Questo pensiero nasce in collegamento con Aceto, arcobaleno, con l'idea di un uomo che racconta un uomo, di una visione di una paternità messa nero su bianco, non infallibile, priva del mito della forza fisica, quasi romantica, sicuramente tenera. Io da sempre sono una sostenitrice di una di quelle tipiche americanate chiamate "pedagogista scolastico" e no, non ne sono sotenitrice solo per tirare acqua al mio mulino, come si suol dire. A mio parere, parere creato in parte da una certa sensibilità della quale mi faccio portatrice a tratti, in parte grazie a piccole competenze - sono 23 anni che studio ormai, lasciatemi avere dei pareri- , nelle scuole italiane dovrebbe essere introdotta come materia scolastica, l'educazione sentimentale e relazionale, possibilmente nell'orario scolastico, ma anche al di fuori di esso, credo sia importante che i giovani abbiano qualcuno al quale rivolgersi e al contempo qualcuno che possa rassicurarli. Sempre più spesso noto come la figura maschile, in quella che ho voluto chiamare famiglia 'tradizionale' ( e sia chiaro, non credo assolutamente che sia l'unico tipo di famiglia, anzi, sicuramente nella maggior parte delle famiglie costituite da due donne e bambini o due uomini e bambini non ci troveremmo davanti a una problematica simile a quella esposta) , sia una figura priva di una relazionalità affettiva nei confronti dei propri figli: si scambia il concetto di virilità con quello di distacco. Il distacco non fa mai bene ai bambini, ma neppure agli adolescenti, essere uomo e padre e dire 'ti voglio bene', è importante per i figli così come è importante per i padri, è sbagliatissimo considerare i comportamenti affettuosi delegati alla madre, esclusivamente femminili. Bisogna saper educare i bambini ed i ragazzi a sapersi relazionare con i propri sentimenti, per sapere esprimere in modo sano la rabbia ed in modo altrettanto sano l'amore. Ora come ora, la rabbia e l'odio prevalgono su un amore su cui ha prevalso la violenza. Fate voi se non è il momento di cambiare.
Grazie.

martedì 14 ottobre 2014

Coppie minime: eGo - eCo


Fra una battuta e l'ironia, ogni tanto, partorisco delle riflessioni.
Ultimamente ho ripensato a questa simpatica immaginetta presa da internet che spiega facilmente la differenza fra una vita improntata su se stessi ed una che tiene conto e da importanza al prossimo.
C'è un comandamento che ricorda ai cristiani di amare il prossimo, alcune correnti di buddismo esaltano l'interiorità di ognuno di noi, eppure credenti o meno, ogni giorno, ci troviamo davanti a più eGo rispetto all'eCo.
Evidentemente siamo arrivati al punto in cui all'uomo va ricordato che esiste un qualcosa oltre alla propria intima persona (e ai propri scopi...) e ritengo che sia triste e controproducente : per forza di cose, seguendo questo meccanico, squallido schema, ci ritroveremo ad un punto di non ritorno, dove davvero non esisterà più un eCo,  ma tanti, singoli eGo.
Ridendo e scherzando, sono anni che ingigantisco il mio, di eGo, simpaticamente,
quasi a voler far emergere il personaggio oltre la persona, 
ma non ho mai dimenticato che ci sia un eCo tutto intorno, ovunque e sempre.
Certo, ci possono essere momenti o motivi che danno spiegazione ad un egoismo momentaneo
(in attesa di capire che l'egoismo non ci protegge, ma distrugge)
, ma comunque non lo giustificano mai e poi mai.
Di questi tempi è facile, invece, inciampare in un egoismo giustificato e giustificabile sotto ogni punto di vita,
sbattuto in faccia, sottolineato, esaltato : sono egoista e me ne vanto!
Va avanti l'idea che essere egoisti significhi essere furbi, scaltri, ingegnosi.
"Io amo me stesso per come sono"
un assioma bellissimo,
che diventa bruttissimo se accompagnato dal "poco importa se...
...non mi occupo del prossimo
...penso a me e solo a me
...decido in base ai miei soli bisogni
"
Di fondo, impalcatura dell'egoismo legalizzato, c'è l'idea che si debba vivere solo con se stessi e di conseguenza dobbiamo pensare prima a noi stessi e poi al resto del mondo.
Cosa che condivido in parte,
(se devi mettere la maschera gas ai bambini, prima la indossi tu ecco)
ma che in parte lascia spazio ad una interpretazione che coincide con la totale eliminazione dei doveri nei confronti di altri.
Abbiamo molti doveri nei confronti della nostra persona, è vero, ma abbiamo altrettanti doveri nei confronti di coloro che ci crescono, coloro che definiamo amici, i nostri figli o i nostri compagni.
Ormai purtroppo, e sottolineo il purtroppo, siamo portati a pensare a come soddisfarci per primi per paura che gli altri non ce lo lascino fare, oppure semplicemente, nascondiamo dietro a questa paura, che è del tutto superabile ve lo giuro, la mancata voglia di fare, sacrificare, aiutare.
Appena si chiede a qualcuno qualcosa che non comporti un beneficio,
veniamo visti come pazzi,
per poi finire denigrati
("ah si, mi voleva usare...").
Beh, voglio dirvi una cosa: qualche volte le cose si fanno, perché è giusto farle, altre perché è bello farle, altre ancora solo per rendere felice il prossimo,
non avere dei tornaconto non significa essere usati.
Significa solo pensare anche agli altri:
no, non dobbiamo sacrificarci a tutti i costi, spesso bastano piccoli gesti.
La bellezza del dare senza ricevere non è nota a tutti, anzi,
i più la ignorano e mi dispiace per loro.
Inoltre, questo egoismo è accompagnato dall'invidia
nel momento in cui il tuo donare viene riconosciuto dal prossimo
(non che si faccia per poi essere lodati sia chiaro, ma spesso capita)
e allora si inventano scuse su scuse,
bugie enormi raccontate a se stessi prima che agli altri.

Se si vuole davvero pensare eCo, si può.
Pensare eGo è facile.
Ma se eCo ha un futuro, eGo non lo può avere:
dove eGo affoga, eCo distribuisce braccioli, sappiatelo!

Pace & Amore



domenica 12 ottobre 2014

Calendario 2015...!

Mr ottobre!

Ebbene si, "stiamo" preparando il calendario 2015,
mi ero ripromessa di non pubblicare nessuna foto, per lasciarle inedite, ma non ho resistito.
Faticoso come fotografare un gatto, ma quando ci riesci: che meraviglia!

Macellazione rituale : diciamo no!

Le galline di mia suocera

Sabato 11 ottobre a La Spezia si è svolto un sit in di protesta nei confronti della macellazione rituale.
(Per chi non sapesse di cosa si stia parlando http://it.wikipedia.org/wiki/Halal).
Quando si parla di macellazione, a me vengono in mente gli occhi delle galline.
Ora, io potrei mettermi qui a spiegare perché sarebbe meglio evitare la carne, potrei raccontarvi di quanto e come siano atroci le sofferenze degli animali che ci ostiniamo a mangiare nonostante non sia necessario farlo.
(argh!una nota polemica concedetemela..)
Invece, non farò nulla(quasi) di tutto questo, perché credo che ci siano scelte e decisioni da intraprendere volontariamente, seguendo la propria indole e la propria sensibilità, in base a queste decisioni, poi, sarete voi stessi ad andare a ricercare i benefici della vostra scelta.
Però, perché c'è sempre un però, voglio farvi notare l'espressioni degli occhi di queste galline, cresciute a terra, in mezzo alla natura, ben nutrite, in un qualche senso, anche 'amate'. I loro occhi, consapevoli di cosa sia accaduto alle vittime mancanti da un po', esprimono dolore, nonostante la vita , meravigliosa, almeno in base alle aspettative di vita di una gallina, che stanno conducendo.

galline consapevoli
Pensate poi, che cosa possa significare nascere, vivere in pochi cm di spazio, per venire sgozzati vivi e lasciati appesi ad un gancio per divenire carne lecita, mangiata da gente forse non altrettanto lecita.
Sia chiaro, la mia non è una critica a un popolo, a una religione, a nessuno.
Semplicemente perché la tortura e la morte, non hanno etnia.
Semplicemente perché io, quegli occhi durante la lenta morte, non riesco ad immaginarli.
Ma mi fanno comunque soffrire.
Fate voi.


lunedì 6 ottobre 2014

Anche le acide hanno un'anima.

Stasera scrivo un post un po' più personale del solito, ma sento il bisogno di raccontarvi una grande verità: anche le acide, hanno un'anima.
Come posso dirlo? Beh, sono un'acida e spesso, spesso parlo con la mia anima.

Sto guardando Gran Budapest Hotel, uno di quei film che mi fanno sorridere ed anche un po' arrabbiare.
Io ho bisogno di seguire un filol logico conduttore e quando questo viene meno, rimango turbata. E mi innamoro.
Per fortuna, per tutti, però, l'amore passa in fretta.
Purtroppo, per me, i turbamenti rimangono a lungo.

Cinquanta pagine ed avrò finito"La scopa del sistema".
E così non riesco più ad aprirlo.
Per paura di dover salutare Leonore, che voleva la pioggia, quando le si chiede di scegliere fra esser persona o personaggio.
Almeno su carta, ho trovato una donna che trascorre più tempo sotto la doccia, di me.

Le acide, sono acide.
Ma il lunedì sera si disperano, quando sentono che la loro anima ha il sopravvento su tutto.
Acidità compresa.
Argh!

venerdì 12 settembre 2014

Club del libro 11. 9. 2014 : Una donna spezzata.

Ieri sera si è svolta la riunione del club del libro di settembre, il tema, che sarebbe dovuto essere "Una donna spezzata", si è inesorabilmente incagliato sull'argomento " elettroshock", cambiando radicalmente la serata.


Se tutte le strade portano a Roma, tutte le storie portano all'elettroshock !

(In realtà non vorrei scherzare su un tema così delicato e così doloroso, 
in pratica, quando ti trovi al tavolo con cinque donne intelligenti, 
ti rendi conto di come si possa veramente scherzare su tutto, senza mancare di rispetto e serietà su nulla.)

In ogni modo, ponete un punto di partenza, mettete una manciata di persone con una gran bella testa ad un tavolo e i voli pindarici non potranno esimersi : condurranno il gioco.

"Una donna spezzata", Simone non ci ha deluse, con la sua abile penna è riuscita a fingersi tre diverse donne, con tre diversi linguaggi e tre diversi stili, senza tradire il filo conduttore che fa da tramite fra le pagine e le storie di queste anime.
Partiamo dall'ultima, una donna spezzata, da una caduta improvvisa, da una caduta fisica e morale, da una caduta nei confronti di se stessa, ma anche nei confronti della figlia che ha deciso di abbandonare alla morte.
Se leggessimo una storia simile sui quotidiani, ci indigneremmo davanti ad una madre che lascia morire la figlia , sui social spopolerebbero post su come certe donne non debbano essere madri, alcuni probabilmente ricercherebbero motivazioni quali la droga, la mancanza innata di valori,
             (in base all'età della donna perchè si sa che se sei una madre giovane, sei una snaturata che esce e di conseguenza il figlio è      problematico / se sei una madre meno giovane, sei un'egoista estremamente opprimente e di conseguenza il figlio è problematico - insomma, se sei madre sbagli, ma anche se scegli di non esserla, sbagli comunque-)

la nazionalità, un padre assente oppure troppo presente: saprebbero distinguersi i programmi condotti da donnine di plastica e quello condotto dall'amante dei plastici.

In questo terzo racconto invece, manca l'indignazione di Simone, è il personaggio che parla di sé a sé, ci comunica cosa sente di essere, vomitandosi addosso racconti, rancori, sentimenti, come se il trauma di una caduta il 31 dicembre, l'avesse ammaccata così forte  da aprire uno spiraglio, passaggio diretto fra il fuori ed il dentro , fra la sua anima e il mondo popolato da idioti irragionevoli, fra la sua innocenza e la colpevolezza del mondo circostante.

Il filo conduttore, o almeno uno dei fili, che abbiamo intravisto è questo: l'incapacità di prendersi delle responsabilità, indipendentemente dal contesto, la totale mancanza di volontà di assumersi la colpa di una situazione che pian piano non solo, sfugge al proprio controllo, ma si sta lentamente degradando.

La donna numero due, una donna adulta, colta ( tutte e tre le donne spezzate sono donne colte), rivoluzionaria, affermata professionalmente e socialmente, la tipica donna dall'aria vissuta e dalla mente "aperta".
(E proprio per questo non riesco a perdonarti, delle tre, sei la donna spezzata che meno voglio 'salvare', probabilmente perché ricoprirsi di un''apparenza fatta di valori - apparenza ricercata anche dalle altre protagoniste, ma tramite espressioni differenti-, che in parte condivido, in qualche modo li svaluta e di riflesso svaluta anche una parte di Penelope,ecco.)
Talmente colta e adulta, da addossare la colpa delle decisioni del figlio, perché quando queste si discostano dalle proprie assumono l'essenza della 'colpa',  ad un'altra donna, la nuora.
Abbiamo sottolineato come questa donna,   donna spezzata da un figlio che si rivela diverso dalla proiezione di sè, che lei stessa, ostinatamente, voleva vedere,  sia ancora una volta una madre incapace di accettare e sostenere il proprio figlio.
In apparenza lo sostiene, ma nel profondo ha un'opinione talmente bassa di lui, da pensare che una donna, in combutta con il suocero, potesse traviare il suo bambino.

Una delle partecipanti (che brutto termine!lo so! non trovo carino scrivere il nome però...)
che fra pochi mesi ci renderà zie,  ha detto : "Anche se è estremamente difficile da accettare, il figlio è tuo, ma non è comunque tuo, è una persona diversa da te."
Esprimendo così una grande verità, del tutto assente da questo secondo racconto : si vive la presenza di questo figlio, adulto, come un prolungamento della propria persona, in tutto e per tutto.

Il padre invece, figura importante, perché come ci ricorda un'altra 'partecipante' "i figli si fanno in due e si crescono in due", sembra abbia in qualche modo accettato il figlio, sicuramente più della madre, ma alla fine, la triste realtà è che questo figlio, nato da due persone incapaci di vivere una dimensione 'comune', incapaci di creare un nucleo familiare probabilmente, non sia 'abbastanza' per nessuno dei due genitori.
La madre, è stata solo più abile nel plagiarlo, non fosse riuscita lei, probabilmente, sarebbe subentrato il marito, con le sue aspirazioni non raggiunte e questo limite prestabilito, oltre al quale, qualsiasi cosa, pensata o vissuta, non sa assumere i connotati della genialità.


Idealizzazione: un altro filo conduttore del libro, insieme al rifiuto della colpa e alla necessità di vivere di apparenze.

A questo punto devo citare un'altra partecipante che con: "Autocritica è una parola che dovrebbe far parte del vocabolario!" *, è arrivata dritta al punto, soprattutto per quanto riguarda la donna spezzata dalla sua volontà di spezzarsi del racconto numero 1.

Sei bella, sei ricca, sei colta, sei sana, hai due figlie grandi.
Tuo marito, il grande uomo idealizzato che vive con te, ti tradisce: 
la prima versione dice che è stata una'bottaevia', già la seconda, afferma un rapporto, alla terza risulta evidente un legame di fondo tra loro.
La quarta versione non esiste, ma tu sei a casa da sola e lui è in vacanza con lei.
Noi, cara donna spezzata, noi ti abbiamo capita, ti abbiamo sostenuta, ti siamo state accanto per interi capitoli dicendo e pensando: "uominidipupù".
Arrivate a questo punto però, ci saremmo aspettate che tu facessi i bagagli e andassi a trovare tua figlia, ti facessi un viaggio in giro per il mondo, o che corressi almeno a mangiare in quel ristorante giapponese dove non andavi mai perché a tuo marito il giappo provoca bruciore intestinale! 
Invece no, tu ci sei caduta in basso donna spezzata, ti sei affidata ad amiche che non erano amiche, donne pronte a fare gossip secondo i turni delle presenze/assenze, ma soprattutto ti sei affidata al giudizio dell'uomo che ti ha tradita per anni.
Non sei stata capace di accettare la realtà ed hai sempre preferito lottare per ottenere ottime superficiali espressioni di qualcosa di inesistente: un matrimonio perfetto, una casa perfetta ristrutturata di recente, due figlie diverse, ma ugualmente perfette.
E non ti rendi conto che l'uomo che decidi di tenerti, l'uomo che ti tradisce da anni, ti giudica un'incapace ed è così abituato a non rispettarti, da permettersi di giudicarti come madre e come donna.
Tu ci hai deluso, ci hai deluse tutte e questo non potremmo mai perdonartelo.


Si, certo, il contesto è importante: siamo negli anni 60', una realtà ben differente da quella che siamo in grado di percepire, ma in fondo, oltre a quella parvenza di emancipazione che abbiamo ricevuto in dono ( e che, tuttavia, riusciamo a calpestare volontariamente), quante volte scegliamo di vedere qualcosa che in realtà non è, è cambiata, oppure semplicemente, non è mai stata?
La linea di confine fra il non voler accettare e far di questa mancata accettazione una lama con la quale segnarsi fino a divenire per nostra stessa scelta, donne spezzate, è sottile e spesso rivestita da 'inibitore del dolore'.


Inoltre, la riflessione sugli ideali di fondo di queste donne, mi fa riflettere.
Una delle mie grandi paure è non riuscire a vivere secondo i valori che sento miei, che in qualche modo, in termini non assoluti, sento essere' giusti', tradire i propri valori è un po' tradire se stessi e non essere fedeli a se stessi, questo lo so, non è mai un buon punto di partenza per nulla.

Per esempio, credo fermamente nell'esaltazione della diversità: anche se bisogna cercare ciò che unisce e non ciò che divide, nel momento in cui incontro qualcosa di diverso da me, voglio esaltarlo e non distruggerlo.
Attuare questa esaltazione non è facile, alcune volte mi limito al 'tollerare', ma altre invece, ci sono diversità che mi entusiasmano, nonostante magari siano molto distanti da me.
tutto questo giro di parole per dire: ho iniziato la saga del trono di spade e mi piace tanto e sono veramente felice che un'amica, partecipante, abbia avuto occasione di farmela conoscere!



La serata è stata splendida come sempre, tortine e dolci in quantità industriali,
(posterò le foto a breve!)
libri, parole e due nuovi partecipanti: una giovane donna coraggiosissima e poi... AlessandroMagno, il mio nuovo micio che ha ricevuto coccole in quantità.
(al momento dei saluti voleva andarsene anche lui...)



IL PROSSIMO APPUNTAMENTO SARÀ LUNEDI 13 OTTOBRE ALLE ORE 21:00
CON IL LIBRO "IL PANNELLO"DI ERRI DE LUCA.


VI RINGRAZIO COME SEMPRE,
condividere libri è condividere amore!
(per questioni di serenità ho eliminato l'argomento 'suocere: istruzioni per l'uso')



*voglio dieci magliette con questa frase.




 


martedì 9 settembre 2014

Auguri Lev, grazie di tutto, grazie per Anna!

Come mi ricorda Google, oggi, Lev, avrebbe compiuto 186 anni.
" Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d'ombra e di luce."

Un uomo degno di tutta la mia stima, un uomo capace di scrivere:

"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo."

" Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo."

"Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."


" Le famiglie felici si rassomiglian tutte. Ogni famiglia infelice, invece, lo è a modo suo."

Un incipit meraviglioso, qualunque sia la traduzione più fedele,
( Io personalmente preferisco quella di Ginzburg, lq numero due)
Lev Tolstoj ha saputo colpire nel segno con una sola frase.
Uno scrittore, un genio, un uomo, un artista.
Si, perchè sarebbe riduttivo trovare una sola definizione per un'anima capace di attraversare gli abissi femminili, capirli e rappresentarli. Il tutto in maniera facile, discorsiva, semplice, diretta, ma anche delicata e raffinata.


Un uomo che mi ha accolta nel mondo femminile, prima ancora che io stessa fossi donna. 

" – Se vuoi la mia confessione riguardo a questo, ti dirò che non credo che qui ci sia un dramma. Ed ecco perché. Per me l'amore... tutt'e due gli amori che, ricordi, Platone definisce nel suo Convito; tutt'e due gli amori servono da pietra di paragone per gli uomini. Alcuni uomini ne comprendono soltanto uno, altri l'altro. E quelli che comprendono solo l'amore non-platonico è inutile che parlino di dramma. Quando c'è un tale amore non ci può essere nessun dramma. Vi ringrazio umilmente per il piacere, i miei rispetti; ed ecco tutto il dramma. E per l'amore platonico non ci può esser dramma, perché in un tale amore tutto è chiaro e puro, perché...
In questo momento Lévin si ricordò dei suoi peccati e della lotta interna che aveva vissuta."


 
  "Ma una volta, non avendolo incontrato a un ricevimento dove contava vederlo, capì chiaramente, dalla tristezza che le invase l'anima, di aver ingannato se stessa; l'insistenza di quell'uomo non solo non le era fastidiosa, ma costituiva per lei tutto l'interesse della vita."

 Vronski e Anna...

Beh, questo libro mi ha segnata, molto.
E mi è piaciutio, tantissimo.

Forse appaio contradditoria, dal momento in cui elogio così tanto donne forti ed indipendenti e disprezzo quelle incpaci di volersi vedere singolarmente, come persone aderenti a se stesse, prima che al prossimo.
In realtà, la figura di Anna, mi affascina proprio nell'indipendenza che ha nei confronti di tutto, del matrimonio, della società, persino nei confronti di Anna stessa.
E quando Lev le fa pensare che Vronski costituisse il centro della sua intera esistenza, lo fa per un attimo, poi, l'attimo dopo, lei torna a pensare a se stessa, al suo amore e al suo grande dramma.

Un dramma mai banale, ma sempre vero e sincero e puro.
Non come i drammi che nella quotidianità vedo ricercati e voluti ed espressi attraverso ogni forma conosciuta.
(*momento polemica*: nascondersi dietro i più variegati drammi immaginari, non ti esime, per quanto riguarda la mia visione, almeno, dal prendere atto della tua persona, dei tuoi doveri e del fatto che non tutto ciò che dobbiamo fare, ci piace. Ciò non toglie che vada fatto. Piangersi addosso non serve a nulla.)



 “Quanto alla Karenina: io vi assicuro che per me quello schifo di romanzo non esiste più!”.Lev Tolstoj 1881

Fedor, caro Lev, la vedeva diversamente ed io con lui.

C'è solo una domanda che mi ha tortmentata a lungo ed alla quale non ho mai trovato risposta che non fosse personalistica all'estremo:
Perché Anna si suicida?

Una volta, ad un aperitivo universitario, ho trascorso un'ora a chiaccherare con una collega sull'interrogativo, senza trovare risposte all'altezza, almeno io. Salvo poi scoprire che la collega in questione, innamorata dell'anti eroismo proprio della Karenina, non aveva mai letto il libro, ma in compenso ogni genere di recensione.
Quella fu l'ultima volta che partecipai ad un'attività pseudointellettuale con letterati, mi alzai e me ne andai, senza salutare.
Per anni, io e la mia amica Cerere ne abbiamo riso.

Ma questa piccola e deludente parentesi, mi ha aiutata a comprendere un paio di cose, sicuramente.

La prima, è che chiunque, persino chi non ha mai letto il libro, si è chiesto nella vita, perché Anna si sia suicidata.

La seconda invece, è che anche se non avrò mai risposta, questa mia domanda, è utile come metro di giudizio, per captare chi, nella vita, si affida alle recensioni dei più grandi, senza aver prima avuto modo di formulare un proprio pensiero.

 

(La mia opinione sul suo suicido, probabilmente è dettata dal femminismo, lo so, ma credo che Anna non sia più riuscita a respirare la libertà della quale necessitava per vivere. Lei è Anna solo quando è libera e si sente libera quando si afferma al di fuori da ogni genere di convenzione sociale che possa in qualche modo obbligare due persone ad essere una famiglia. Il suicidio di Anna si risolve nell'incipit che tanto amo, perché" ogni famiglia felice ed ogni famiglia infelice" , poco importa quale sia l'aggettivo, l'importante è il concetto di famiglia.
Quello che ad Anna sta stretto.
Probabilmente l'ostracismo attuato nei suoi confronti ha influito sul suo suicidio, così come l'incapacità di Vronski di starle dietro. 
Ma credo che il colpo di grazia le sia stato dato dal rifiuto della domanda di divorzio da parte del marito. Quel gesto ha in qualche modo legittimato qualcosa di illegittimo che doveva rimanere tale per essere libero e vivibile per una donna come Anna. Designare un rapporto di coppia attraverso l'azione del marito stesso, deve averle fatto tornare alla mente quel termine "famiglia", al posto di "persona". Anna è morta per difendere la sua volontà di dire no ed affermare se stessa tramite le sue diversità.)


"Non c'era bisogno di chiedergli perché fosse lì. Era certa, come fosse lui stesso a dirglielo, che era lì per essere dov'era lei."LT

 "E io chi sono, sono io o sono un'altra?"

"Era come se tutte quelle tracce del suo passato lo avessero afferrato dicendogli: "No, non ci lascerai, non diventerai un'altra persona, resterai quello che eri: coi tuoi dubbi, con la continua insoddisfazione personale, coi vani tentativi di correggerti, con le cadute e l'eterna attesa della felicità che non ti è stata data e che per te non è possibile"."


Nonostante tutto, nonostante la frase gettata per sbaglio nel 1881, grazie di tutto Lev, grazie per Anna!

immagine tratta dal film Anna Karenina
( Keira Knightley sei bellissima!)

lunedì 8 settembre 2014

Un comunista in mutande - Claudia Pineiro

Premessa: in questo piccolo spazietto virtuale che porta il nome della mia anima, mi ero ripromessa di trattare di cibo, di miti e di libri.
Ma il problema del parlare di ciò che si ama, consiste nel non riuscire ad esimersi dall'esprimersi attraverso quelle stesse cose. Almeno, per me, è così.
Vorrei riuscire ad avere un'obiettività che il sentimento offusca e la ragione ogni tanto, linguisticamente e stilisticamente fa tornare in auge.
In ogni modo, non è mia intenzione fingermi cuoca, scrittrice o intellettuale, sia chiaro, lascio la consapevolezza di scrivere recensioni a chi davvero ne è capace, per quanto mi riguarda, tratto la bellezza, come forma di espressione, ma soprattutto, come forma di difesa.
Ricordatevi di me, sono Penelope, pur sempre abbandonata, per un campo di battaglia.
(Dieci anni di solitudine?dieci anni di letture!)

"L'altezza del proprio padre
segna il limite, in termini
di paragone, con cui, bene o male,
si misurano tutti gli uomini." 


Tratto dalla copertina di "Un comunista in mutande" di  Claudia Pineiro.


Primi di agosto, mi trovo in Salento, -credendo anche di essere "alternativa", per poi scoprire che l'80% delle persone che conosco si trovavano a Lecce-
intravedo una Feltrinelli bellissima, disposta su due livelli, con bar e area relax.
Entro.
Se nella vita evito le copertine splendenti, in favore di copertine meno belle, ma più coerenti
( si veda il post su Michele Serra, Gli Sdraiati, le unghie e i calzini),
all'interno delle librerie,
tradisco  questo mio ideale:

Una foto ritrae un uomo con un costume verde e una bambina per mano,
entrambe le figure sono sorridenti, 
sorridono uno di quei sorrisi che quando li ricordi
ti illuminano il viso, veri, sinceri, presenti, mai troppo lontani per esser vissuti.
Dietro, il mare, uno sfondo bianco, celeste, verde,
illuminato dalla gioia spontanea del momento catturato.

Prendo in mano il libro
e lo sfoglio.

Vi siete mai chiesti, guardando una foto, cosa sia successo l'attimo sucessivo allo scatto?
Io sempre.
E quando non lo so, immagino.
Questa volta immaginare è stato facile, perchè l'uomo raffigurato non poteva che essere un padre e quella figlia sorridente, sarei potuta essere io.

Pago il libro,
14 euro,
d'accordo,
prendo il resto,
esco,
il tutto leggendo.


La bimba uscirà per prima dall'acqua, 
spaventata dalle onde,
il padre farà una lunga nuotata, dalla spiaggia sembrerà ancora più lunga e la figlia lancerà qualche sguardo preoccupato verso l'azzurro.
Lei è fasciata in un asciugamano, infreddolita,
lui risalirà e si stenderà al sole, per asciugarsi.
Sono due prestanze diverse le loro,
così come diversa sarà la loro capacità di comunicare,
una emotiva e l'altra brusca,
ma questo ancora non lo possono sapere.



Io di preciso non lo so cosa sia successo dopo quello scatto,
ma so che la storia di questo libro è una storia d'amore
(citando Eureka Street "tutte le storie, sono storie d'amore"),
l'amore di una figlia nei confronti di un padre,
misura di tutte le cose,
vanto,
universo incomprensibile
e al contempo,
riflesso di sé.



Se la memoria "è un gioco di scatole cinesi", così come afferma l'autrice nell'ultimo capitolo,
queste 146 pagine sono al sicuro.

 

Caro Michele Serra.

"E poi, per scongiurare ulteriormente l'equivoco erotico, ho l'ottima idea di immaginarmeli tutti, maschi e femmine, a casa loro, nelle loro stanze scompaginate, in mezzo a montagne di calzini appallottolati, e i cassetti semiaperti che vomitano felpe, tutto per terra, anche qualche piatto sporco, loro pulitissimi che hanno appena fatto la terza doccia di giornata, depilati, sbarbati, pettinati, ossigenati, levigati, idratati, rifilati, con le unghie dei piedi perfette, però in mezzo a un merdaio sciatto, straripante, che per quel che mi riguarda vale, quanto a calo del desiderio, parecchi punti."
pag 64 "Gli sdraiati"- Michele Serra

Caro Michele Serra Errante, nato a Roma (1954) e cresciuto a Milano, che ha cominciato a scrivere a vent'anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere ,
io mi sono innamorata di te.
Nella lista degli uominimeravigliosichemifannosognareconleparole, sei quarto, esattamente dopo il signor Cacciari, hai spodestato Augias e credimi, spodestare Augias, non è assolutamente cosa da poco, contando il suo amore per i gatti ( che poi è anche mio).
Come ogni giovane donna che si rispetti, mi sono vergognata del mio passato da 'sdraiata', durato all'incirca una ventina di giorni, periodo al quale ha messo fine probabilmente mia madre con quattro urli e cinquemila sensi di colpa.
Il tuo libro, infatti, parla di un rapporto uomo- uomo , che ovviamente esprime un rapporto generazionale più ampio ed effettivo, ma che comunque non prevede gli usi ed i costumi del rapportarsi tra donnamamma e donnaadolescente all'interno di una famiglia del ceto mediobasso.
Se la tua frase sul sentirsi chiamare papà, quel "richiamo all'ordine", come lo definisci  tu con estrema delicatezza , fosse volta a un femminile 'mamma', diverrebbe fonte di stress e urla e litigi, insomma, di una lunga serie di cose che poco hanno a che vedere con l'ordine al quale può richiamare quel sentirsi il solo ed unico padre, figlio di due sillabe di riconoscimento.

In ogni modo, posta una chiusura alla breve parentesi autobiografica, intendo ritornare sulla motivazione del mio immenso amore (insomma, immenso sei comunque al quarto posto per il momento) per te :
in 8 righe, OTTO RIGHE,
sei riuscito ad esprimere il disagio interiore che riesce a provocarmi la dicotomia "pulito fuori, sporco dentro".

Mi spiego meglio, 
una delle mie particolarità, sempre se così vogliamo chiamarle,

(oltre a fare elenchi di scrittori e pensatori per i quali ho grandi cotte adolescenziali e scrivergli poi in discorso diretto lettere all'interno del mio blog di cucina...)

è rappresentata dalla necessità di associare una persona, appena conosciuta, al luogo in cui dovrebbe, almeno in apparenza, vivere.

Di conseguenza, nel momento in cui entro in contatto con la realtà privata di una persona, come la sua casa o più in particolare la sua camera,
riesco a concludere l'opinione globale che ho della persona stessa.

Tu, Michele Serra,
in quelle otto righe che ho citato,
sei riuscito ad esprimere lo sdegno, e in parte anche lo schifo dai,
nei confronti dell'espressione di se stessi attraverso un luogo"nostro". 

Noi sai 
(beh, mi sembra anche giusto così comunque)
quante volte devo rapportarmi con questi esseri dalle unghie curate e le montagne di calzini sporchi,
dall'auto lustrata e lenzuola che hanno visto la lavatrice di sfuggita, per caso, quando sono arrivate ed hanno visitato la casa.
Disordine negli armadi,
sporcizia,
confusione.

L'espressione del progresso e della modernità, 
messa in scena da quel Faust che rifiuta gli attrezzi del padre,
ridotta a cumuli di abiti e tecnologie dismessi, così, dopo pochi mesi, talvolta, raramente, dodici.

Ma forse, sono io, che, tanto per restare in tema letterario,
come una Lady Macbeth moderna,
tento di lavare il prolungamento di un delitto che non avrà mai fine.

In ogni modo,
grazie.
Per queste 108 pagine,
vissute da una quasitendentesdraiataingioventù
che non è neppure riuscita ad esserla fino in fondo,
ma che, in qualche modo,
pur non essendo neppure genitore,
mi hanno trovata.
Non è solo la forma, ironica,
leggera, pungente,
che arriva,
ma anche il contenuto
e ti tiene compagnia
come su un'amaca .