Visualizzazione post con etichetta cibolibrieaamore. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta cibolibrieaamore. Mostra tutti i post

mercoledì 22 aprile 2015

Club del libro di aprile- 21.4.15 Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa.

Ieri sera si è svolta la riunione del club del libro di aprile, nella quale abbiamo trattato il libro "Non temete per noi, la nostra vita sarà meravigliosa." di Mario Calabresi.
Molti di noi conoscevano già l'autore, grande giornalista, noto per i tragici fatti che hanno coinvolto la sua famiglia.
In un questo testo, la scomparsa del padre di Calabresi, viene introdotta attraverso la ricezione della stessa da parte degli zii del giornalista.
E proprio di questi zii, ci viene raccontata l'intrepida scelta: la scelta di andare in Africa a salvare il loro pezzettino di mondo, come si sul dire.
Al fianco di questi stralci di biografia, vengono riportate esperienze di vita, scelte, opportunità e persone che le hanno affrontate.

Consiglieremmo questo libro? Si, per diverse ragioni.

La prima, è data dal fatto che il ricavato del libro (che costa 17 Euro per 118 pagine) servirà per finanziare 30 borse di studio per la formazione di ostetriche nei centro per bambini e mamme della Karamoja.
E questa ci è sembrata un'ottima motivazione per consigliare il libro.
Purtroppo però, la buona causa intrapresa viene comunicata solamente al termine della narrazione e quindi, ignorando il gesto, l'alto prezzo del testo ci aveva inizialmente destabilizzate. Cosa che non sarebbe accaduto se un trafiletto ci avesse avvertite all'inizio del libro o sulla copertina stessa.

Un'ulteriore motivazione è data dal fatto che è un libro scorrevole, un insieme di storie , brevi, ben scritte, coincise, che riflettono la tendenza professionale di chi le ha composte. Potrebbe insomma interessare, anche a chi ha poco tempo per leggere, un capitolo è lungo poche pagine, motivo per cui il testo può essere facilmente letto prima di dormire o in attesa del treno.

L'ennesima motivazione invece, consiste nel fatto che è sempre piacevole leggere il bene. In un mondo e in un momento storico in cui le notizie principali riguardano "il male"- lasciatemi parlare di male e di bene nella maniera più infantile che ci sia-, leggere "il bene" è positivo, quasi rilassante, nonostante i temi toccati non siano sempre dei più semplici.

Gli zii di Mario Calabresi erano due brave persone e sono felice di aver conosciuto la loro vita, almeno in parte.

Gli aspetti che ieri sera sono stati analizzati con particolare attenzione, sono due : il genere letterario e il sottotitolo del testo, con messaggio annesso.

Per quanto riguarda il genere infatti, non siamo riusciti ad inquadrarlo. Se da un lato l'intento è biografico, lo stile non rende l'intento e nel caso in cui l'intento, fosse quello di raggruppare piccoli articoli pieni di speranza, non abbiamo trovato un valido legame dal punto di vista narrativo e tematico. E la cosa ci ha turbate.
Ci siamo dilungati sulla frase impressa sulla copertina:
'storie di ragazzi che non hanno avuto paura di diventare grandi'.
Le riflessioni scaturite dall'analisi di questa frase sono molteplici, ma simili.

Se il messaggio del libro è un messaggio di speranza, di incoraggiamento, di supporto, attraverso alcuni esempi di vita, questo messaggio, non ci è arrivato.
Laddove doveva prevalere la speranza, infatti, ha dominato un senso , che tutti i partecipanti hanno provato, di emarginazione.
Per spiegare brevemente la cosa, posso dire che l'italiano medio, giovane, nel 2015, non è un genio. O un inventore. O ideatore. O talmente affermato, da poter decidere di compiere un salto nel vuoto.
E quando tu, lettore, non sei nulla di tutto ciò che ho appena elencato, nel leggere queste esperienze di vita, particolari, non provi empatia, al limite simpatia o invidia, ma difficilmente riesci a riconoscerti nella persona che in giovanissima età viene chiamata a lavorare dall'altro lato del pianeta.
Non, soprattutto, in un 'momento sociale', nel quale non riesci neppure a farti sfruttare, pur di lavorare, perché c'è sempre qualcuno che si lascia sfruttare più di te, lavorando gratis, arrivando ore prima, sostenendo doppie mansioni (...).
Il giovane studente universitario, per dire, non viene contattato , ma cerca di contattare e spesso senza neppure un risultato concreto, neppure a lungo termine. Ciò di cui si parla in questo libro non è la regola, ma l'eccezione.
E non perché di regola, i giovani, non abbiano voglia di far nulla, anzi, ieri sera al tavolo erano sedute delle testoline bellissime e funzionanti, ma quello che ci manca e che ci fanno mancare, sono i MEZZI. Il modo. Ci manca il modo di dimostrare che anche noi potremmo avere una vita meravigliosa e anche noi, se potessimo scegliere, sceglieremmo il bene e non il male. Invece noi, in mancanza di un telaio, di un motore, di un carburante, andiamo a piedi e non raggiungiamo spesso, nè il male, nè il bene.

Questo libro ci ha trasmesso l'ansia, non fiducia, ma ansia.
Partendo dal presupposto che le critiche lette ci avevano fatto intendere fosse il racconto romanzato di una vita, e non un racconto diretto di brevi istanti, e contando il fatto che alcuni salti sia temporali che argomentali ci abbiano debilitato, la delusione è nata dalle corde toccate che non invogliano, non aiutano, non trasmettono. Si poteva far leva su altri argomentazioni.

Avere le spalle coperte e decidere di buttarsi in un sogno, è nobile, ma poco condivisibile.

Io stessa, nel mio piccolo, sogno una libreria, degli scaffali pieni di titoli, uno scacciapensieri attaccatto all'entrata, una piccola area relax, in cui bere un caffè e leggersi un libro. Un buco dove organizzare il club del libro, presentare giovani esordienti, un tavolo per chi deve fare i compiti, uno per chi  decide di lavorare immerso in un'atmosfera magica.
Farò mai questo salto nel vuoto?Non credo.
Perché se non funzionasse, dovrei pagare debiti fino alla fine della mia vita, con soldi che non ho e un lavoro immaginario.

Si, lo so che questo è un mio desiderio e che poco arrecherebbe al mondo, ma è un sogno ed è un sogno irrealizzabile per chi non ha una buona base di partenza o amici talmente ricchi da regalarti scaffali e cassa ( e magari anche i primi otto mesi di affitto).
Questo il pensiero condiviso ieri sera, sconfortante, spiacevole , forse un po' cinico, ma neppure troppo. Se cinismo non significa, dover fare i conti con le conseguenze delle proprie azioni e il limite delle proprie possibilità.

Il libro scelto per il prossimo mese è "Via Ripetta 155" di Clara Sereni. Dovrebbe costare sui 14 Euro.
La data dell'incontro non è stata ancora fissata, abbiamo grandi progetti per festeggiare il nostro anniversario, ma appena sarà decisa la pubblicherò.

I libri che ci sentiamo di consigliare questo mese sono:
La verità sul caso Harry Quebert
La terrazza proibita
L'ombra del vento

e un buon manuale di geografia, perché se non sappiamo cosa sia la tunda, almeno dove sia la tundra, dovremmo saperlo.

venerdì 12 settembre 2014

Club del libro 11. 9. 2014 : Una donna spezzata.

Ieri sera si è svolta la riunione del club del libro di settembre, il tema, che sarebbe dovuto essere "Una donna spezzata", si è inesorabilmente incagliato sull'argomento " elettroshock", cambiando radicalmente la serata.


Se tutte le strade portano a Roma, tutte le storie portano all'elettroshock !

(In realtà non vorrei scherzare su un tema così delicato e così doloroso, 
in pratica, quando ti trovi al tavolo con cinque donne intelligenti, 
ti rendi conto di come si possa veramente scherzare su tutto, senza mancare di rispetto e serietà su nulla.)

In ogni modo, ponete un punto di partenza, mettete una manciata di persone con una gran bella testa ad un tavolo e i voli pindarici non potranno esimersi : condurranno il gioco.

"Una donna spezzata", Simone non ci ha deluse, con la sua abile penna è riuscita a fingersi tre diverse donne, con tre diversi linguaggi e tre diversi stili, senza tradire il filo conduttore che fa da tramite fra le pagine e le storie di queste anime.
Partiamo dall'ultima, una donna spezzata, da una caduta improvvisa, da una caduta fisica e morale, da una caduta nei confronti di se stessa, ma anche nei confronti della figlia che ha deciso di abbandonare alla morte.
Se leggessimo una storia simile sui quotidiani, ci indigneremmo davanti ad una madre che lascia morire la figlia , sui social spopolerebbero post su come certe donne non debbano essere madri, alcuni probabilmente ricercherebbero motivazioni quali la droga, la mancanza innata di valori,
             (in base all'età della donna perchè si sa che se sei una madre giovane, sei una snaturata che esce e di conseguenza il figlio è      problematico / se sei una madre meno giovane, sei un'egoista estremamente opprimente e di conseguenza il figlio è problematico - insomma, se sei madre sbagli, ma anche se scegli di non esserla, sbagli comunque-)

la nazionalità, un padre assente oppure troppo presente: saprebbero distinguersi i programmi condotti da donnine di plastica e quello condotto dall'amante dei plastici.

In questo terzo racconto invece, manca l'indignazione di Simone, è il personaggio che parla di sé a sé, ci comunica cosa sente di essere, vomitandosi addosso racconti, rancori, sentimenti, come se il trauma di una caduta il 31 dicembre, l'avesse ammaccata così forte  da aprire uno spiraglio, passaggio diretto fra il fuori ed il dentro , fra la sua anima e il mondo popolato da idioti irragionevoli, fra la sua innocenza e la colpevolezza del mondo circostante.

Il filo conduttore, o almeno uno dei fili, che abbiamo intravisto è questo: l'incapacità di prendersi delle responsabilità, indipendentemente dal contesto, la totale mancanza di volontà di assumersi la colpa di una situazione che pian piano non solo, sfugge al proprio controllo, ma si sta lentamente degradando.

La donna numero due, una donna adulta, colta ( tutte e tre le donne spezzate sono donne colte), rivoluzionaria, affermata professionalmente e socialmente, la tipica donna dall'aria vissuta e dalla mente "aperta".
(E proprio per questo non riesco a perdonarti, delle tre, sei la donna spezzata che meno voglio 'salvare', probabilmente perché ricoprirsi di un''apparenza fatta di valori - apparenza ricercata anche dalle altre protagoniste, ma tramite espressioni differenti-, che in parte condivido, in qualche modo li svaluta e di riflesso svaluta anche una parte di Penelope,ecco.)
Talmente colta e adulta, da addossare la colpa delle decisioni del figlio, perché quando queste si discostano dalle proprie assumono l'essenza della 'colpa',  ad un'altra donna, la nuora.
Abbiamo sottolineato come questa donna,   donna spezzata da un figlio che si rivela diverso dalla proiezione di sè, che lei stessa, ostinatamente, voleva vedere,  sia ancora una volta una madre incapace di accettare e sostenere il proprio figlio.
In apparenza lo sostiene, ma nel profondo ha un'opinione talmente bassa di lui, da pensare che una donna, in combutta con il suocero, potesse traviare il suo bambino.

Una delle partecipanti (che brutto termine!lo so! non trovo carino scrivere il nome però...)
che fra pochi mesi ci renderà zie,  ha detto : "Anche se è estremamente difficile da accettare, il figlio è tuo, ma non è comunque tuo, è una persona diversa da te."
Esprimendo così una grande verità, del tutto assente da questo secondo racconto : si vive la presenza di questo figlio, adulto, come un prolungamento della propria persona, in tutto e per tutto.

Il padre invece, figura importante, perché come ci ricorda un'altra 'partecipante' "i figli si fanno in due e si crescono in due", sembra abbia in qualche modo accettato il figlio, sicuramente più della madre, ma alla fine, la triste realtà è che questo figlio, nato da due persone incapaci di vivere una dimensione 'comune', incapaci di creare un nucleo familiare probabilmente, non sia 'abbastanza' per nessuno dei due genitori.
La madre, è stata solo più abile nel plagiarlo, non fosse riuscita lei, probabilmente, sarebbe subentrato il marito, con le sue aspirazioni non raggiunte e questo limite prestabilito, oltre al quale, qualsiasi cosa, pensata o vissuta, non sa assumere i connotati della genialità.


Idealizzazione: un altro filo conduttore del libro, insieme al rifiuto della colpa e alla necessità di vivere di apparenze.

A questo punto devo citare un'altra partecipante che con: "Autocritica è una parola che dovrebbe far parte del vocabolario!" *, è arrivata dritta al punto, soprattutto per quanto riguarda la donna spezzata dalla sua volontà di spezzarsi del racconto numero 1.

Sei bella, sei ricca, sei colta, sei sana, hai due figlie grandi.
Tuo marito, il grande uomo idealizzato che vive con te, ti tradisce: 
la prima versione dice che è stata una'bottaevia', già la seconda, afferma un rapporto, alla terza risulta evidente un legame di fondo tra loro.
La quarta versione non esiste, ma tu sei a casa da sola e lui è in vacanza con lei.
Noi, cara donna spezzata, noi ti abbiamo capita, ti abbiamo sostenuta, ti siamo state accanto per interi capitoli dicendo e pensando: "uominidipupù".
Arrivate a questo punto però, ci saremmo aspettate che tu facessi i bagagli e andassi a trovare tua figlia, ti facessi un viaggio in giro per il mondo, o che corressi almeno a mangiare in quel ristorante giapponese dove non andavi mai perché a tuo marito il giappo provoca bruciore intestinale! 
Invece no, tu ci sei caduta in basso donna spezzata, ti sei affidata ad amiche che non erano amiche, donne pronte a fare gossip secondo i turni delle presenze/assenze, ma soprattutto ti sei affidata al giudizio dell'uomo che ti ha tradita per anni.
Non sei stata capace di accettare la realtà ed hai sempre preferito lottare per ottenere ottime superficiali espressioni di qualcosa di inesistente: un matrimonio perfetto, una casa perfetta ristrutturata di recente, due figlie diverse, ma ugualmente perfette.
E non ti rendi conto che l'uomo che decidi di tenerti, l'uomo che ti tradisce da anni, ti giudica un'incapace ed è così abituato a non rispettarti, da permettersi di giudicarti come madre e come donna.
Tu ci hai deluso, ci hai deluse tutte e questo non potremmo mai perdonartelo.


Si, certo, il contesto è importante: siamo negli anni 60', una realtà ben differente da quella che siamo in grado di percepire, ma in fondo, oltre a quella parvenza di emancipazione che abbiamo ricevuto in dono ( e che, tuttavia, riusciamo a calpestare volontariamente), quante volte scegliamo di vedere qualcosa che in realtà non è, è cambiata, oppure semplicemente, non è mai stata?
La linea di confine fra il non voler accettare e far di questa mancata accettazione una lama con la quale segnarsi fino a divenire per nostra stessa scelta, donne spezzate, è sottile e spesso rivestita da 'inibitore del dolore'.


Inoltre, la riflessione sugli ideali di fondo di queste donne, mi fa riflettere.
Una delle mie grandi paure è non riuscire a vivere secondo i valori che sento miei, che in qualche modo, in termini non assoluti, sento essere' giusti', tradire i propri valori è un po' tradire se stessi e non essere fedeli a se stessi, questo lo so, non è mai un buon punto di partenza per nulla.

Per esempio, credo fermamente nell'esaltazione della diversità: anche se bisogna cercare ciò che unisce e non ciò che divide, nel momento in cui incontro qualcosa di diverso da me, voglio esaltarlo e non distruggerlo.
Attuare questa esaltazione non è facile, alcune volte mi limito al 'tollerare', ma altre invece, ci sono diversità che mi entusiasmano, nonostante magari siano molto distanti da me.
tutto questo giro di parole per dire: ho iniziato la saga del trono di spade e mi piace tanto e sono veramente felice che un'amica, partecipante, abbia avuto occasione di farmela conoscere!



La serata è stata splendida come sempre, tortine e dolci in quantità industriali,
(posterò le foto a breve!)
libri, parole e due nuovi partecipanti: una giovane donna coraggiosissima e poi... AlessandroMagno, il mio nuovo micio che ha ricevuto coccole in quantità.
(al momento dei saluti voleva andarsene anche lui...)



IL PROSSIMO APPUNTAMENTO SARÀ LUNEDI 13 OTTOBRE ALLE ORE 21:00
CON IL LIBRO "IL PANNELLO"DI ERRI DE LUCA.


VI RINGRAZIO COME SEMPRE,
condividere libri è condividere amore!
(per questioni di serenità ho eliminato l'argomento 'suocere: istruzioni per l'uso')



*voglio dieci magliette con questa frase.




 


martedì 9 settembre 2014

Auguri Lev, grazie di tutto, grazie per Anna!

Come mi ricorda Google, oggi, Lev, avrebbe compiuto 186 anni.
" Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d'ombra e di luce."

Un uomo degno di tutta la mia stima, un uomo capace di scrivere:

"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo."

" Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo."

"Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."


" Le famiglie felici si rassomiglian tutte. Ogni famiglia infelice, invece, lo è a modo suo."

Un incipit meraviglioso, qualunque sia la traduzione più fedele,
( Io personalmente preferisco quella di Ginzburg, lq numero due)
Lev Tolstoj ha saputo colpire nel segno con una sola frase.
Uno scrittore, un genio, un uomo, un artista.
Si, perchè sarebbe riduttivo trovare una sola definizione per un'anima capace di attraversare gli abissi femminili, capirli e rappresentarli. Il tutto in maniera facile, discorsiva, semplice, diretta, ma anche delicata e raffinata.


Un uomo che mi ha accolta nel mondo femminile, prima ancora che io stessa fossi donna. 

" – Se vuoi la mia confessione riguardo a questo, ti dirò che non credo che qui ci sia un dramma. Ed ecco perché. Per me l'amore... tutt'e due gli amori che, ricordi, Platone definisce nel suo Convito; tutt'e due gli amori servono da pietra di paragone per gli uomini. Alcuni uomini ne comprendono soltanto uno, altri l'altro. E quelli che comprendono solo l'amore non-platonico è inutile che parlino di dramma. Quando c'è un tale amore non ci può essere nessun dramma. Vi ringrazio umilmente per il piacere, i miei rispetti; ed ecco tutto il dramma. E per l'amore platonico non ci può esser dramma, perché in un tale amore tutto è chiaro e puro, perché...
In questo momento Lévin si ricordò dei suoi peccati e della lotta interna che aveva vissuta."


 
  "Ma una volta, non avendolo incontrato a un ricevimento dove contava vederlo, capì chiaramente, dalla tristezza che le invase l'anima, di aver ingannato se stessa; l'insistenza di quell'uomo non solo non le era fastidiosa, ma costituiva per lei tutto l'interesse della vita."

 Vronski e Anna...

Beh, questo libro mi ha segnata, molto.
E mi è piaciutio, tantissimo.

Forse appaio contradditoria, dal momento in cui elogio così tanto donne forti ed indipendenti e disprezzo quelle incpaci di volersi vedere singolarmente, come persone aderenti a se stesse, prima che al prossimo.
In realtà, la figura di Anna, mi affascina proprio nell'indipendenza che ha nei confronti di tutto, del matrimonio, della società, persino nei confronti di Anna stessa.
E quando Lev le fa pensare che Vronski costituisse il centro della sua intera esistenza, lo fa per un attimo, poi, l'attimo dopo, lei torna a pensare a se stessa, al suo amore e al suo grande dramma.

Un dramma mai banale, ma sempre vero e sincero e puro.
Non come i drammi che nella quotidianità vedo ricercati e voluti ed espressi attraverso ogni forma conosciuta.
(*momento polemica*: nascondersi dietro i più variegati drammi immaginari, non ti esime, per quanto riguarda la mia visione, almeno, dal prendere atto della tua persona, dei tuoi doveri e del fatto che non tutto ciò che dobbiamo fare, ci piace. Ciò non toglie che vada fatto. Piangersi addosso non serve a nulla.)



 “Quanto alla Karenina: io vi assicuro che per me quello schifo di romanzo non esiste più!”.Lev Tolstoj 1881

Fedor, caro Lev, la vedeva diversamente ed io con lui.

C'è solo una domanda che mi ha tortmentata a lungo ed alla quale non ho mai trovato risposta che non fosse personalistica all'estremo:
Perché Anna si suicida?

Una volta, ad un aperitivo universitario, ho trascorso un'ora a chiaccherare con una collega sull'interrogativo, senza trovare risposte all'altezza, almeno io. Salvo poi scoprire che la collega in questione, innamorata dell'anti eroismo proprio della Karenina, non aveva mai letto il libro, ma in compenso ogni genere di recensione.
Quella fu l'ultima volta che partecipai ad un'attività pseudointellettuale con letterati, mi alzai e me ne andai, senza salutare.
Per anni, io e la mia amica Cerere ne abbiamo riso.

Ma questa piccola e deludente parentesi, mi ha aiutata a comprendere un paio di cose, sicuramente.

La prima, è che chiunque, persino chi non ha mai letto il libro, si è chiesto nella vita, perché Anna si sia suicidata.

La seconda invece, è che anche se non avrò mai risposta, questa mia domanda, è utile come metro di giudizio, per captare chi, nella vita, si affida alle recensioni dei più grandi, senza aver prima avuto modo di formulare un proprio pensiero.

 

(La mia opinione sul suo suicido, probabilmente è dettata dal femminismo, lo so, ma credo che Anna non sia più riuscita a respirare la libertà della quale necessitava per vivere. Lei è Anna solo quando è libera e si sente libera quando si afferma al di fuori da ogni genere di convenzione sociale che possa in qualche modo obbligare due persone ad essere una famiglia. Il suicidio di Anna si risolve nell'incipit che tanto amo, perché" ogni famiglia felice ed ogni famiglia infelice" , poco importa quale sia l'aggettivo, l'importante è il concetto di famiglia.
Quello che ad Anna sta stretto.
Probabilmente l'ostracismo attuato nei suoi confronti ha influito sul suo suicidio, così come l'incapacità di Vronski di starle dietro. 
Ma credo che il colpo di grazia le sia stato dato dal rifiuto della domanda di divorzio da parte del marito. Quel gesto ha in qualche modo legittimato qualcosa di illegittimo che doveva rimanere tale per essere libero e vivibile per una donna come Anna. Designare un rapporto di coppia attraverso l'azione del marito stesso, deve averle fatto tornare alla mente quel termine "famiglia", al posto di "persona". Anna è morta per difendere la sua volontà di dire no ed affermare se stessa tramite le sue diversità.)


"Non c'era bisogno di chiedergli perché fosse lì. Era certa, come fosse lui stesso a dirglielo, che era lì per essere dov'era lei."LT

 "E io chi sono, sono io o sono un'altra?"

"Era come se tutte quelle tracce del suo passato lo avessero afferrato dicendogli: "No, non ci lascerai, non diventerai un'altra persona, resterai quello che eri: coi tuoi dubbi, con la continua insoddisfazione personale, coi vani tentativi di correggerti, con le cadute e l'eterna attesa della felicità che non ti è stata data e che per te non è possibile"."


Nonostante tutto, nonostante la frase gettata per sbaglio nel 1881, grazie di tutto Lev, grazie per Anna!

immagine tratta dal film Anna Karenina
( Keira Knightley sei bellissima!)

lunedì 8 settembre 2014

Un comunista in mutande - Claudia Pineiro

Premessa: in questo piccolo spazietto virtuale che porta il nome della mia anima, mi ero ripromessa di trattare di cibo, di miti e di libri.
Ma il problema del parlare di ciò che si ama, consiste nel non riuscire ad esimersi dall'esprimersi attraverso quelle stesse cose. Almeno, per me, è così.
Vorrei riuscire ad avere un'obiettività che il sentimento offusca e la ragione ogni tanto, linguisticamente e stilisticamente fa tornare in auge.
In ogni modo, non è mia intenzione fingermi cuoca, scrittrice o intellettuale, sia chiaro, lascio la consapevolezza di scrivere recensioni a chi davvero ne è capace, per quanto mi riguarda, tratto la bellezza, come forma di espressione, ma soprattutto, come forma di difesa.
Ricordatevi di me, sono Penelope, pur sempre abbandonata, per un campo di battaglia.
(Dieci anni di solitudine?dieci anni di letture!)

"L'altezza del proprio padre
segna il limite, in termini
di paragone, con cui, bene o male,
si misurano tutti gli uomini." 


Tratto dalla copertina di "Un comunista in mutande" di  Claudia Pineiro.


Primi di agosto, mi trovo in Salento, -credendo anche di essere "alternativa", per poi scoprire che l'80% delle persone che conosco si trovavano a Lecce-
intravedo una Feltrinelli bellissima, disposta su due livelli, con bar e area relax.
Entro.
Se nella vita evito le copertine splendenti, in favore di copertine meno belle, ma più coerenti
( si veda il post su Michele Serra, Gli Sdraiati, le unghie e i calzini),
all'interno delle librerie,
tradisco  questo mio ideale:

Una foto ritrae un uomo con un costume verde e una bambina per mano,
entrambe le figure sono sorridenti, 
sorridono uno di quei sorrisi che quando li ricordi
ti illuminano il viso, veri, sinceri, presenti, mai troppo lontani per esser vissuti.
Dietro, il mare, uno sfondo bianco, celeste, verde,
illuminato dalla gioia spontanea del momento catturato.

Prendo in mano il libro
e lo sfoglio.

Vi siete mai chiesti, guardando una foto, cosa sia successo l'attimo sucessivo allo scatto?
Io sempre.
E quando non lo so, immagino.
Questa volta immaginare è stato facile, perchè l'uomo raffigurato non poteva che essere un padre e quella figlia sorridente, sarei potuta essere io.

Pago il libro,
14 euro,
d'accordo,
prendo il resto,
esco,
il tutto leggendo.


La bimba uscirà per prima dall'acqua, 
spaventata dalle onde,
il padre farà una lunga nuotata, dalla spiaggia sembrerà ancora più lunga e la figlia lancerà qualche sguardo preoccupato verso l'azzurro.
Lei è fasciata in un asciugamano, infreddolita,
lui risalirà e si stenderà al sole, per asciugarsi.
Sono due prestanze diverse le loro,
così come diversa sarà la loro capacità di comunicare,
una emotiva e l'altra brusca,
ma questo ancora non lo possono sapere.



Io di preciso non lo so cosa sia successo dopo quello scatto,
ma so che la storia di questo libro è una storia d'amore
(citando Eureka Street "tutte le storie, sono storie d'amore"),
l'amore di una figlia nei confronti di un padre,
misura di tutte le cose,
vanto,
universo incomprensibile
e al contempo,
riflesso di sé.



Se la memoria "è un gioco di scatole cinesi", così come afferma l'autrice nell'ultimo capitolo,
queste 146 pagine sono al sicuro.

 

Caro Michele Serra.

"E poi, per scongiurare ulteriormente l'equivoco erotico, ho l'ottima idea di immaginarmeli tutti, maschi e femmine, a casa loro, nelle loro stanze scompaginate, in mezzo a montagne di calzini appallottolati, e i cassetti semiaperti che vomitano felpe, tutto per terra, anche qualche piatto sporco, loro pulitissimi che hanno appena fatto la terza doccia di giornata, depilati, sbarbati, pettinati, ossigenati, levigati, idratati, rifilati, con le unghie dei piedi perfette, però in mezzo a un merdaio sciatto, straripante, che per quel che mi riguarda vale, quanto a calo del desiderio, parecchi punti."
pag 64 "Gli sdraiati"- Michele Serra

Caro Michele Serra Errante, nato a Roma (1954) e cresciuto a Milano, che ha cominciato a scrivere a vent'anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere ,
io mi sono innamorata di te.
Nella lista degli uominimeravigliosichemifannosognareconleparole, sei quarto, esattamente dopo il signor Cacciari, hai spodestato Augias e credimi, spodestare Augias, non è assolutamente cosa da poco, contando il suo amore per i gatti ( che poi è anche mio).
Come ogni giovane donna che si rispetti, mi sono vergognata del mio passato da 'sdraiata', durato all'incirca una ventina di giorni, periodo al quale ha messo fine probabilmente mia madre con quattro urli e cinquemila sensi di colpa.
Il tuo libro, infatti, parla di un rapporto uomo- uomo , che ovviamente esprime un rapporto generazionale più ampio ed effettivo, ma che comunque non prevede gli usi ed i costumi del rapportarsi tra donnamamma e donnaadolescente all'interno di una famiglia del ceto mediobasso.
Se la tua frase sul sentirsi chiamare papà, quel "richiamo all'ordine", come lo definisci  tu con estrema delicatezza , fosse volta a un femminile 'mamma', diverrebbe fonte di stress e urla e litigi, insomma, di una lunga serie di cose che poco hanno a che vedere con l'ordine al quale può richiamare quel sentirsi il solo ed unico padre, figlio di due sillabe di riconoscimento.

In ogni modo, posta una chiusura alla breve parentesi autobiografica, intendo ritornare sulla motivazione del mio immenso amore (insomma, immenso sei comunque al quarto posto per il momento) per te :
in 8 righe, OTTO RIGHE,
sei riuscito ad esprimere il disagio interiore che riesce a provocarmi la dicotomia "pulito fuori, sporco dentro".

Mi spiego meglio, 
una delle mie particolarità, sempre se così vogliamo chiamarle,

(oltre a fare elenchi di scrittori e pensatori per i quali ho grandi cotte adolescenziali e scrivergli poi in discorso diretto lettere all'interno del mio blog di cucina...)

è rappresentata dalla necessità di associare una persona, appena conosciuta, al luogo in cui dovrebbe, almeno in apparenza, vivere.

Di conseguenza, nel momento in cui entro in contatto con la realtà privata di una persona, come la sua casa o più in particolare la sua camera,
riesco a concludere l'opinione globale che ho della persona stessa.

Tu, Michele Serra,
in quelle otto righe che ho citato,
sei riuscito ad esprimere lo sdegno, e in parte anche lo schifo dai,
nei confronti dell'espressione di se stessi attraverso un luogo"nostro". 

Noi sai 
(beh, mi sembra anche giusto così comunque)
quante volte devo rapportarmi con questi esseri dalle unghie curate e le montagne di calzini sporchi,
dall'auto lustrata e lenzuola che hanno visto la lavatrice di sfuggita, per caso, quando sono arrivate ed hanno visitato la casa.
Disordine negli armadi,
sporcizia,
confusione.

L'espressione del progresso e della modernità, 
messa in scena da quel Faust che rifiuta gli attrezzi del padre,
ridotta a cumuli di abiti e tecnologie dismessi, così, dopo pochi mesi, talvolta, raramente, dodici.

Ma forse, sono io, che, tanto per restare in tema letterario,
come una Lady Macbeth moderna,
tento di lavare il prolungamento di un delitto che non avrà mai fine.

In ogni modo,
grazie.
Per queste 108 pagine,
vissute da una quasitendentesdraiataingioventù
che non è neppure riuscita ad esserla fino in fondo,
ma che, in qualche modo,
pur non essendo neppure genitore,
mi hanno trovata.
Non è solo la forma, ironica,
leggera, pungente,
che arriva,
ma anche il contenuto
e ti tiene compagnia
come su un'amaca . 



Libri- Liberi- Libri- Liber A. / Torta veg pere-cioccolato

Ritorno sulle mie pagine con la codina fra le gambe,
qualche kg in più, due orecchiette nuove che girano per casa, un esame in meno, una RICETTA nuova e qualche LIBRO.

Parto dalla RICETTA: torta veg pere e cioccolato.


Pasta frolla veg:
  1. 500 g di farina 00
  2. 1 cucchiaio grande di amido
  3. 125 g di latte di soia al cioccolato
  4. 125 g di olio di semi
  5. 250 g di zucchero di canna
  6. 1 cucchiaio di bicarbonato
  7. sale qb
  8. cannella ( scelta)

Almeno 1/2 h i frigo

 

Ripieno:
  1. 5 pere grandi biologiche possibilmente
  2. 3 cucchiai di miele
  3. 50 g di zucchero
  4. 3 cucchiai di latte di mandorla  ( io l'ho preso a Gallipoli, pur chiamandosi 'latte' è uno sciroppo di acqua, mandorle e zucchero) 
  5. cacao amaro

Amalgamate e lasciate riposare in frigo.

 

 

180° per 30/35 minuti



Per quanto riguarda i libri, invece, comunico ufficialmente la data del prossimo incontro del club del libro:


giovedì 11 settembre alle h 21: 00.

Il  libro scelto era, anzi è, "Una donna spezzata" e devo riprenderlo in mano dopo averlo divorato in vacanza a luglio.
Per quanto mi riguarda però, è uno di quei libri dei quali 'ubriacarsi' :
quelli che riprendi in mano dopo anni, inizialmente solo per ripetere correttamente quella frase che tanto ti era piaciuta ed avevi sottolineato perché ti ricordava te stessa.
E poi, poi trovi quella frase e con essa il contesto in cui l'avevi sentita tua, le persone, gli odori, i luoghi che ti ricorda ed improvvisamente hai riletto il libro, così, seduta con le spalle contro la libreria ed i calzettoni di lana che ti scendono lungo le gambe nude .

L'ho fatto per anni, questo gioco incomnsapevole, 
con i Dialoghi con Leucò.
Cesare, quello perduto nella pioggia ad aspettare il suo amore ballerina,
amore che non arriva, perché ha cambiato idea,
perché la notte si dorme e non si aspetta qualcuno che non è neppure fedele a se stesso.
Eppure cesare rimane lì, a bagnarsi ancora un po' e mentre il tram di mezzanotte se ne và, tira i primi colpi di tosse,
ma continua a tenere il sigano fra le dita, bagnato, umido, feticcio di lacrime e speranze,
simulacro di morte e amore, che è pur sempre un sinonimo di vita.
Quel Cesare Pavese che aspetta come solo una Penelope sa fare,
senza prendersi l'amore, la donna, i sussulti del cuore, 
ma solo la pleurite,
mi ha descritta così bene da farsi leggere tre volte all'anno,
contro la parete della mia libreria.


Simone non ha descritto l'attesa che io e Cesare conosciamo,
ne ha messa in scena una diversa, drammatica, fastidiosa, ben accetta e comunque indigesta.
Un'attesa che non mi appartiene,
che qualche volta mi ha posseduta senza sapere che io non la posseggo.
Ma di quell'attesa, di quella delusione inconsapevole seppur evidente, 
sono sicura che andrò a leggere,
ogni volta che mi servirà sentire una frase che mi ricordi
di essere
sempre
fedele a me stessa.

Perché il prezzo di questa mancanza, 
alle volte,
può essere una pleurite,
altre la dignità,
altre ancora,
la vita.




                    

mercoledì 23 luglio 2014

Penelope attende Penelope, clubdellibroallaprossima

Lo so, lo so, ieri sera si è riunito il club del libro ed io dovrei scriverne.
Però non lo farò, vado di fretta.
Appena ho un po' di tempo trascrivo tutti i miei appunti.
(Li ha presi Marika al mio posto, lo ammetto.)
(Che bello trovare Chiara e Nina con il loro quadernino, mi fa ben sperare)
(per me , mica per loro!)
Qualcuno una volta, ha detto che scriveva quando era triste perché quando era felice, usciva.
E allora siate contenti delle mie poche parole:
ieri abbiamo chiaccherato, anche, di libri.
Alla fine.
Ma siamo comunque state bene.
A breve riporterò i riferimenti letterari.
Ora esco, sono felice, ho voglia di guidare, di sprecare fogli in attesa del lavoro dei miei sogni, di sprecare voce nel dire cose che altri non ascolteranno e non vorranno, spesso, capire.
Per quanto riguarda te, si, proprio tu, porta i tuoi figli al parco, ormai hai una certa, ma grazie, mi hai fatto un favore grandissimo, io l'ho capito dopo, tu mai.
Non ho voglia di domande mirate al pettegolezzo, non ho voglia di risposte, ho solo tanta voglia di vivere. (cheperunadepressacronicanonèpoco)
Sto allontanando la negatività, chi si piange sempre addosso, chi prende senza dare, chi"è sempre l'altro il cattivo".
Io ho sempre preferito passare da strega, anche quando ero Biancaneve.
Si può vivere bene anche prendendosi le proprie responsabilità.
Si può avere voglia di vivere ricordando Ulisse sulla soglia, che va a comprare le sigarette.
Non serve fumare per avere una scusa per uscire, basta aprire la bocca e parlare, non servono le frecciatine, basta alzare il telefono e spiegare, non serve a nulla fingersi ciò che non si è, perché i conti, si fanno sempre con se stessi e se non si sa essere onesti con se stessi...auguri.
Io sono Penelope.
Nel mio nome porto la lacrima, nel mio cuore qualche nome, sulla pelle tante cicatrici... o forse nel nome ho la consapevolezza che nonostante le mille storie mentali, fedeli si nasce ed io ci sono nata, ma esser fedeli significa prima di tutto esserlo a se stesse, poi, anche agli Ulisse di turno, forse, se ne vale la pena, nel mio cuore ci sono tanti titoli, molti visi, alcune frasi, ci sono io, nella mia interezza e sulla pelle qualche livido, dato dalla sbadatezza e non dagli altri, e il segno del costume.
Io esco, perché sono viva.
Perché ho un'amica che mi aspetta.
Perché ho una Donna che mi scrive.
Perché merito di provarci, ancora, sempre.
Perché Penelope attendeva Penelope e tu, Ulisse, con il tuo ritorno, mi hai fatto capire che non eri tu che aspettavo, ero io, sempre e comunque.
Eccomi.
Ben tornata a casa.



mercoledì 2 luglio 2014

IL CLUB DEL LIBRO 1 LUGLIO 2014

Nuovi membri del club del libro



Ieri sera si è svolto l'ultimo incontro del club del libro, in un'atmosfera pacifica e positiva.
Ultimamente, trovare un simile clima, pare essere piuttosto difficile, anche su questo eravamo tutte piuttosto d'accordo:


esiste una diffusa e prepotente idea di fondo, secondo la quale, si è detentori della verità.

Era probabile che una persona che aderisca volontariamente a un Club del Libro, non avesse questa convinzione, ma comunque, poterlo riscontrare, è stato molto piacevole.
In ogni caso, mi presto a terminare la prima polemica del post, per poter arrivare a tirare le somme della serata (ah!ironia, io che tiro le somme, senza capire i numeri!)


 6 LE PARTECIPANTI DI IERI SERA

 2 LE NUOVE PARTECIPANTI
2 I NANI DA CRITICA LETTERARIA
1 BOTTIGLIA DI VINO
14 TORTINE VEG
20 I TEMI DEL LIBRO DISCUSSI
7 LE VOLTE CHE LA REALTà DEL LIBRO SI è INTRECCIATA CON LE NOSTRE
5 LE COSE CHE NON AVEVO NOTATO E MI HANNO FATTO NOTARE
2 LE VISIONI DIFFERENTI DALLA MIA
4 LE FRASI DA TRASCRIVERE
2-30 LE ORE TRASCORSE A PARLARE
1000 LE IDEE DEL GIORNO DOPO
0. 50 IL LIBRO PER IL PROSSIMO INCONTRO



Mi sembrava carino, proporre un elenco, visto e considerato la posizione che ho assunto nei  confronti degli elenchi, negativa ; non prendetela come incoerenza, ma come una prova alla quale sottopongo me stessa.
Il libro di cui abbiamo parlato è Eureka Street, il libro con il quale vi ho tartassato nell'ultimo mese, l'opinione al riguardo è prevalentemente positiva, ci sono stati dei punti, nella storia, con i quali abbiamo combattuto, altri che ci hanno deluso, altri ancora, ci hanno lasciato l'amaro in bocca.

Il primo "scoglio" è stato rappresentato da una realtà che non tutti conoscevamo, per età, chiusura, ignoranza (io per prima, sia chiaro), una realtà distante dalla nostra, nella quale le bombe esplose a pochi km non creano disagi interiori.
Abbiamo riflettuto sulla natura umana, su come, spesso, ci appartenga quella sorta di "banalità del male", un male banale che finisce per non toccarci più ; qualche giorno fa scrivevo di come il razzismo giustifichi la resa a mere immagini di persone, bambini, donne, uomini, che diventano il carico di una barca, che non hanno più il nostro stesso diritto alla vita, ecco, questo può rappresentare un esempio della banalità attribuita al male.
L'episodio della fotografia del Papa, ha colpito tutti, abbiamo riconosciuto nel senso di inadeguatezza ( misto alla necessità di sfoggiare una celebrità riflessa) insito nel personaggio, espresso tramite questo passaggio, quell'umorismo che in altri punti ci è sfuggito,  forse perché plasmato in Irlanda.
Inoltre, proprio questo punto, ci ha trasportate nella realtà- realtà, a parlare di valori, di famiglia, di ciò che abbiamo appreso, ciò che sentiamo nostro, spesso, perché ereditato.
Questo personaggio (che non nomino per volontà di una lettrice che non ha ancora terminato il testo), pur essendo buono, è superficiale, si carica di valori con il solo scopo di divenire ricco, soffre di non venir preso sul serio, soffre della condizione proletaria che vive ogni volta che non ha un estratto conto con sé.
I numerosi aborti sono stati motivo di discussione, abbiamo voluto leggere nel disamore personale del personaggio femminile americano, il motivo dei comportamenti inspiegabili razionalmente e siamo entrate nel vortice di noi stesse,parlando di come sia importante amare se stesse e di come un uomo, al nostro fianco, può essere presente, ma senza dover dare un senso a noi stesse, perché quello, lo abbiamo già e lo avremo sempre, anche quando non sembra, anche quando non lo sentiamo, anche quando vogliono farci credere il contrario.
Il bipolarismo di fondo del personaggio maschile narrato in prima persona, sembra delineare una personalità realmente borderline, nella quale la distinzione tra bene/male, viene messa in crisi solo davanti alla scena del letto e della anziana signora malata, per il resto, sembra quasi che ci sia una necessità di apparire, anche in questo caso, che va oltre i propri ideali, oltre le proprie credenze, oltre, insomma : la violenza assunta per conquistare una donna, nonostante l'intento del treno della PACE.
Così come l'aiuto nei confronti dell'amico universitario che vive per strada, che abbiamo intravisto come un' affermazione di se stesso forse o come espressione della volontà di un futuro migliore, anche per il prossimo, oltre che per se stesso.

Alcune di noi consiglierebbero Eureka Street, altre no, ma voglio tenere ben presente il fatto che la nostra ospite d'onore, del club del libro, ha vissuto Eureka Street, nei suoi viaggi, nella sua Irlanda e probabilmente ha saputo cogliere qualcosa di sfuggente.

Io penso consiglierei questo libro, si, lo farei, perché mi ha spinta a conoscere una parte di storia che non conoscevo, perché mi ha dato  la possibilità di vivere l'Irlanda come una Irlandese, pur non essendo mai stata in Irlanda.
E poi per la moltitudine di argomenti, magari anche solo accennati, ma presenti, spunti di riflessione.

Unanime il giudizio sulla storia omosessuale, NON NE ABBIAMO CAPITO IL SENSO.


-
I Muffin Vegani di Ilaria <3


LE MIGLIORI CITAZIONI DELLA SERATA:
 COSA TI LASCIA? (Elena)-

 TI IDENTIFICHI CON QUALCOSA CHE TU NON SEI (Giulia)-

 UNA PERSONA SENZA SFUMATURE (Adelaide)

IL FINE GIUSTIFICA I MEZZI? (Adelaide)-

 QUESTI FINANZIAMENTI SONO IRREALI (Cecilia)-



Ci vediamo martedì 22 luglio con la prima parte dei Fratelli Karamazov - Dostoevskij.

(Il mio regalo di compleanno da parte del club del libro)

lunedì 30 giugno 2014

Zadie Smith - N-W

Qualche giorno fa ho ricevuto  in regalo N-W , non conoscevo Zadie Smith ed ho scoperto tramite internet, essere una delle scrittrici più amate della letteratura contemporanea.

 La storia è molto carina, un intreccio di vite ben elaborato, in alcuni punti la ripetizione di aspetti personali e lineamenti dei personaggi è molto pesante, può turbare la narrazione dei fatti.
Comunque sia, l'andamento è molto leggero, 350 pagine da poter leggere comodamente seduti in giardino durante l'arco di una giornata.
Ciò che in realtà ho trovato decisamente forzato, ma leggendo i pareri diffusi, probabilmente, si tratta solo di una questione personale, è l'insieme degli infiniti elenchi.
Non ho nulla contro gli elenchi, solitamente, anzi, trovo  sia una tecnica divertente, quella di comporre un insieme di brevi elementi per sottolineare i pensieri dei personaggi, da un punto di vista totalmente soggettivo, ma ho trovato estremamente forzata la lunga serie di parole affiancate, così, quasi a voler dare una profondità che fondamentalmente, non ho trovato nel libro.
La storia di vite umane, poteva essere resa in maniera molto più leggera, oppure molto più profonda, ma voler a tutti i costi dare un'impanatura di intellettualismo a qualcosa che ne è privo, e andrebbe benissimo così, mi ha lasciato un retrogusto amaro.
Alcune pagine sono veramente poco chiare, l'aria di indecifrabilità mi sta bene, se accompagnata da un andamento capace di sottintendere, senza svelare.
Ma da un'amante dei Grandi Russi, con le loro lunghe frasi, i periodi che proseguono pagine e pagine e pagine, le descrizioni dettagliate all'infinito... difficilmente ci si può aspettare un parere differente.
Sotto un certo punto di vista, ho trovato diversi parallelismi fra questo libro e il prossimo di cui parlerò, "Eureka Street". In entrambi, la città, ha vita propria, quasi fosse al pari dei personaggi o forse, al di sopra.
Molto belli invece, i riferimenti alle differenti etnie che popolano il quartiere dei protagonisti, le informazioni riguardanti gli usi nigeriani, introdotti sapientemente dall'autrice, per metà inglese e per metà giamaicana.
In ogni caso, critiche personali a parte, credo che consiglierei questo libro, per trascorrere qualche ora, magari in periodo d'esame, quando si ha la testa già occupata da altri pensieri e nozioni.
La parte che più mi ha colpita riguarda l'incomunicabilità di fondo che lega indissolubilmente i protagonisti, un uomo che desidera oltremodo un figlio ed una donna che vi rinuncia abortendo.
Ognuno dentro al proprio universo, l'unica cosa che non è segnata dall'appartenenza sociale, è proprio l'incomunicabilità.
Sono rimasta colpita dal linguaggio utilizzato per narrare argomenti delicatissimi, come la maternità, parlarne non è facile, far vivere un personaggio femminile un rapporto altalenante con la maternità, è ancora più difficile.
In alcuni tratti non sarei riuscita a definire il sesso dello scrittore: il sottofondo sensibile, la descrizione molto spigolosa.
L'interiorità, effettivamente, c'è, non è angosciata e drammatica come quella delle mie amate eroine di fine ottocento, ma in qualche modo ne richiama il disagio, il bipolarismo forzato, il dissidio interiore che comprime la condizione femminile.
Purtroppo, così come mi è capitato per Eureka Street (spoilerosissima) , ho avuto qualche difficoltà a relazionarmi con il  personaggio predominante: questo quartiere londinese, frutto di etnie differenti, convivenza di usi, tradizioni, aspirazioni, differenti.
La realtà sociale italiana, è differente, quella che vivo io , in special modo : la distinzione di classe c'è, ovviamente, ma forse riesce ad essere superata in una sorta di compensazione intellettiva.
Il poter facilmente, più o meno, all'istruzione, rende meno evidente il distacco sociale che invece regna all'interno delle descrizioni di quei personaggi, di quelle vie, di quella Londra.
Probabilmente, se fossi inglese, avrei colto quel qualcosa di inafferrabile per chi vive al di fuori della realtà raccontata.
Probabilmente, avrei dovuto assumere un atteggiamento in cui predominasse la capacità di intromettermi in una realtà differente dalla mia, ma il tipo di narrazione, così innovativa, così speciale, così giovane, mi ha creato qualche disagio.
Ho scoperto che l'autrice è stata amata dal pubblico per il suo primo libro, pubblicato alla tenera età di 23 anni, vorrei leggerlo, per cercare di superare il pregiudizio (io odio il pregiudizio ed odio me stessa quando ne incarno uno) che mi si è creato nei suoi confronti. In fin dei conti, se tutti trovano il suo lavoro prodigioso, chi sono io per negarlo? Cercherò di comprendere il prodigio... e se poi, proprio non dovessi coglierlo, beh, rimarrei nella mia sacrosanta minoranza, ancora una volta.

Prima pagina



Prossimo libro, prossimo post.


Mercoledì si parlerà di "Eureka Street" , della riunione del club del libro di domani, martedì 1 luglio e di tutte le opinioni che saranno espresse!