domenica 8 ottobre 2017

Tappi.

C'è una scena bruttissima.
Cioè bellissima.
Ma bruttissima, per me.
Una scena di violenza inaudita ed amore puro:
'Mia madre', Margherita, cioè Nanni, cioè Io, trova la madre alla guida di un'auto, le strappa la patente e le rompe la 600'. Senza che lei capisca che quella foga sia data dal troppo amore, dalla paura che si faccia del male, dal terrore che le possa capitare qualcosa di peggio rispetto a ciò che vive. Dal terrore che faccia del male a sè e al contempo ad altri.
Ne ho paura.
La scena dopo è una telefonata fra Nanni Moretti cioè il fratello di Margherita cioè Nanni, che la chiama per chiederle se è un bene che gli ex alunni della madre vadano a trovarla in ospedale.
Le persone che la salutano le potrebbero far capire che la fine è vicina.
Questa cosa mi terrorizza e mi addolora e al contempo ci vedo un amore infinito, un senso di protezione senza limiti.
Questo dolore nel perdere i genitori, quanto dolore nell'accompagnarli in un percorso mai percorso e che speri sempre essere tanto lontano.
Di 'mia madre' mi sono piaciute le musiche, che non saprei assolutamente suonare, con tutte quelle pause , l'autoironia e la tenerezza.
La prima volta che l'ho visto ero al cinema con i miei genitori e ho pianto, tantissimo, accanto a mio padre e a mia madre.
Era una serata strana, mi ero presa una pausa dalla mia vita semiconiugale, dal lavoro, dalle serate in casa e mi ero concessa una sera al cinema, con i miei genitori a vedere qualcosa che ci univa e non interessava minimamente a chi avevo accanto.
Mi porto nel cuore i pranzi della domenica, inaspettati, fuori tempo massimo, che mi fanno sentire una trentenne della peggior specie, una di quelle che vanno a pranzo dai genitori per non cucinare e non sparecchiano, arrivano quando tutto è pronto, pranzano, bevono una bottiglia da 20 euro, fumano una sigaretta e se ne vanno.
L'ho chiesto ai miei genitori, perchè mi concedono di essere quel genere di figlia che non sparecchia, mi hanno detto che non la sono e che a loro fa piacere così.
Mamma che cucina, papà che le sta attorno con il canovaccio in mano, la tv accesa, la tavola apparecchiata in sala da pranzo. Ed io arrivo inserendomi in questo contesto di attesa, adirittura aspettano che io arrivi per buttare la pasta. Una forma d'amore estrema che mi fa sentire un'incivile, una privilegiata, una viziata.
Ci sediamo, mangiamo, conversiamo, ci teniamo prima sul vago, niente lavoro, nè il mio nè quello di mio padre, il lavoro è bandito, poi io e mia madre finiamo per chiacchierare su qualcosa di amabilmente frivolo e ridiamo e mio padre si sente escluso da questa dimensione di sciocchezza profonda e dalle nostre teorie del banale, volutamente profonde.
Cambiamo registro, parliamo di cose serie: passioni, ma serie, interessi, ma seri, l'autismo, la pet terapia, le strutture adeguate, i piani inadeguati, ogni tanto salta fuori uno studio del quale ignoro l'autore e basiamo intere conversazioni sulla difesa e la messa in dubbio.
Il vino, che sceglie sempre papà, buono, rosso, il vino che bevo a casa di mio padre è sempre più buono del vino che bevo quando esco fuori a cena. Non si assomigliano. Credo sia per la non curanza con cui lo versa, la serenità con il quale lo stappa, non esiste cerimoniale, non è uno di quei gesti seri che fanno gli uomini o quelli tecnici dei camerieri.
Ma in fin dei conti che valenza deve dare mio padre a un gesto al quale mia madre non da nessuna importanza?Lei il vino non lo ha mai bevuto.
Però lui le stappa comunque bottiglie da venti o trenta euro e lei ne beve due dita e ride.
Ed io mentre li guardo penso che tutto sommato stanno insieme da trent'anni e non sono simili a nulla che io conosca. E vorrei urlargli tutto quello che sento, l'inadeguatezza di trovare il piatto in tavola, la stima per quelle bottiglie stappate così, la gratitudine per come si siano sempre occupati l'uno dell'altra, anche quando non c'erano, anche quando non erano presenti gli uni per gli altri, anche quando c'erano km e km di distanza fra loro.
E fra noi.
'E se la perdiamo?
Non non ce la lasciamo portare via.'
Perchè anche questo è amore.