sabato 8 dicembre 2018

Solitudini e compagnia.

 " Ne avevi proprio bisogno."

O comunque i peggiori rimangono quei commenti su come prima di avere il compagno fossi in cerca di chissà cosa. Come se prima fossi una folle in cerca di qualcuno che le desse ossigeno e motivo di vivere.

Ragà l'amore è tanto bello e fa tanto bene.

Ma non è che prima fossi una disadattata sociale eh. Ritmi e tempi diversi per carità, ma stai bene con qualcuno solo se sai stare bene da sola e sinceramente io da sola ci sono stata proprio bene.

Diverso, va bene, ma la libertà di decidere minuto per minuto che cosa fare dove la mettiamo?
Va bene che io in qualche modo continuo a conservare questo privilegio a discapito di una lontananza che ogni giorno pesa un po' di più, però non è che senza il 'moroso' sei la tristezza di vivere eh.

Partiamo dal presupposto che se vuoi bene a qualcuno vuoi vederlo felice secondo me, felice da solo o felice con qualcuno non cambia molto.
Per gli altri. Intendo.

Poi, personalmente, credo siano due felicità diverse ma di fondo uguali.

Ho avuto la fortuna di poter stare da sola, cosa che per chi saltella da una storia seria ad un'altra è difficile da capire, ma nello stare da sola e gestirsi la propria vita, si impara anche gradualmente a conoscere sé stessi, a capire i propri limiti, a capire cosa possa mancare e cosa si possa volere da qualcuno.

Se per tutta la vita hai qualcuno accanto, non saprai mai cosa ti possa rendere felice la domenica alle quattro del pomeriggio, magari tante volte lo vivi, ma non sai di cosa si stia parlando.

Per me e per quelli fatti come me, che di verità in tasca tanto non ne ho mai avute e mai ne avrò, il fatto di conoscersi è di per sé la possibilità di condividersi con altri. Nella solitudine impari cosa piace a te, non alla coppia, ma a te.

Nella solitudine ti comprendi e comprendi chi siano i tuoi amici, quali ritmi facciano per te, quali cose tu preferisca fare e quali attività invece siano solo facoltative.
Impari.

Impari così tanto che diventi selettivo probabilmente ed anche un po' rompicoglioni effettivamente, ma quantomeno sai chi sei e che cosa vuoi.

Poi si evolve.

Poi incontri quello che ti fa perdere la testa e proprio non credevi e allora le dinamiche evolvono come evolvi tu, ma quantomeno ti conosci per come sei stata quando non dovevi essere niente per nessuno.

Vuoi mettere?

L'inizio.

Che i rapporti siano strani, non sono la prima a sospettarlo, eppure, ogni volta, me ne stupisco.

I rapporti sono fatti di distanze e di limiti, così come di vicinanze e permessi, un po' come la quotidianità.

Io posso arrivare laddove non vado a tangere il prossimo.

Eppure i rapporti sono molto più strani della quotidianità, non esiste una vera routine, non esistono abitudini costanti, non esistono punti fissi, anche quando dovrebbero forse esserci, non esiste la chiarezza massima e non esiste neppure una vera e propria costante.

Io amo e non sopporto al contempo e sopporto e non tollero e poi quando mi chiedo come ci siamo arrivati qui, scoppio a ridere.

Ci sono giorni in cui mi sento soffocare e giorni in cui mi manchi come mi manca l'aria quando mi fai incazzare.

La costante c'è e la costante è che ti voglio e non me ne vado.

Non vorrei.

Potrei.

E questa è la differenza rispetto ai rapporti serie che ci sono stati prima di te ed hanno coinvolto grandi parole.

Prima, in qualche modo, non c'era via di scampo e quando c'era ho sempre scelto di allontanare la possibilità stessa di allontanarmi.

Con te, questo errore, non voglio che esista.

Io sono libera di andarmene in ogni momento e tu sei libero di non tornare in ogni momento.

L'indipendenza, questa grande amica che mi lascia la libertà di scegliere in ogni momento.
E in ogni momento, ho scelto di averti. Vicino,  a distanza, molto vicino, molto a distanza, troppo a distanza, troppo vicino.

Avevi il profumo più buono del mondo, lo hai cambiato, ma il tuo profumo rimane l'odore più buono del mondo.

E non so se è per quel tuo modo di sorridere o per il fatto che sei un po' strano, ma mi piaci.
Mi piaci anche quando non ti sopporto e vorrei tirarti una testata secca in fronte, come quando lavoravamo insieme e sospiravi come risposta ad ogni mio dubbio.

Le parti si sono ribaltate e trovare un equilibrio è stato strano.

Ho lavorato così tanto sulla mia persona e sul mio equilibrio individuale che il tuo arrivo mi ha spiazzata e continuo ad essere terrorizzata perché non so dove sia il limite fra l'essere disponibile e il sacrificio.

Mi chiedo di continuo se quello che faccio lo faccio per te o per me, mi chiedo se sia giusto o sbagliato e poi come sempre mi vengono in mente le tue mani ed allora alzo la voce e continuo ad amarti.

Tu che vivi questo mio bisogno estremo di indipendenza come un distacco dichiarato quando non può essere altro che una vicinanza estrema.

Nelle mie esperienze, quelle poche degne di un nome e di un numero da richiamare, non c'erano uomini come te. Quelli degni di essere ricordati, o quasi, sono pochi e così diversi da te da rendermi chiaro quanto io sia cambiata e quanto in fretta.

Uomini che avevano un estremo bisogno di affermarsi in quanto tali prima ancora di aver fatto i conti con sé stessi, uomini talmente disonesti col mondo da non sapersi raccontare neppure una verità, uomini fragili e nascosti dietro una parvenza di sicurezza che non gli è mai appartenuta.

Uomini che sostanzialmente hanno sempre ricercato in me qualcosa che di fondo annoiava anche me.

Uomini che hai conosciuto e che ancora mi chiedi come mi potessero piacere.

Potevano. Potevano in uno stato confusionale, in mezzo alla fragilità in cui mi hai conosciuta, potevano piacermi, prima, ma non adesso.

E tu, tu hai tutto quello che io trovo bello in un essere umano: la bontà, la l'allegria, il sorriso, la gioia, la fragilità, la forza, la sicurezza, l'amore, la naturalezza, l'intelligenza, lo stupore.

Ecco, magari pecchi in fiducia, ma può succedere.
Tutto sommato ci sta.

Tu, che hai raccolto tutto il coraggio che potevi avere e mi hai messa alle strette dopo anni di rapporti vani.

Tu col tuo modo di farti spazio dove spazio proprio non c'era.

Tu che 'posso baciarti o devo aspettare come al solito almeno tre ore?'.

E allora premiamo questa audacia e baciamoci pure.
Che anche i greci ti avrebbero premiato, figurati io, che dopo il primo bacio non sapevo neppure più dove guardare ed allora ho continuato a parlare di libri, proporzioni e arte greca.
E dopo il secondo ero già a farmi un esame sul fatto che potessi essere fuori luogo o poco etica.
Ma i sensi di colpa son durati giusto il tempo di un chinotto che tanto lo sapevo che sarebbe andata a finire così, lo sapevo fin da quando mi hai rimproverata del ritardo. Mentre io ero già dentro ad aspettarti.

E con te per la prima volta ho davvero messo in dubbio il fatto di poterti piacere perché sembrava che l'estetica non contasse e che ti interessasse davvero cosa dicessi.
Ed ore ad ascoltarmi, come per altro fai ancora per poi sorridermi.

Io non lo so se sia moralmente accettabile quello che sia successo, sicuramente è ancora un po' imbarazzante per me raccontare di come e di quando ci siamo conosciuti.

E poi è sempre pieno di gente che ama giudicare ciò che è successo e quando è successo e di come probabilmente tutto sia precocemente iniziato nonostante. Nonostante tu non mi filassi un granché.

Ora cambi versione perché hai questo dono per il quale devi far sentire gli altri speciali. Me compresa. E ci riesci. Anche troppo.
Mi hai messa su un tale piedistallo da riuscire spesso a non raggiungermi.

Mettimi più in basso che qui nessuno è santo.
E va bene la mia bellezza.
Pure l'intelligenza ammesso che non la veda solo tu.
E anche l'etica e tutto il resto.

Ma essere messi in soggezione da me è proprio folle.
Tranne quando voglio mettere qualcuno in soggezione perché a quel punto sono piuttosto brava, ma non l'ho fatto con te.

Almeno non dopo le prime tre sere trascorse insieme.

I rapporti sono strani.

Io non cercavo te e tu non cercavi me e non era proprio il momento giusto.

E poi ci sono momenti in cui penso che in realtà, non ci fosse momento più giusto.
Non ti aspettavo, non mi aspettavi. E non ci credevo, ma poi ci ho creduto. E pare anche tu, a tratti.

Io tanto un amore facile, non l'ho mai voluto.
Di quelli con un bel finale allegro e senza troppe complicazioni.
Che sembro una banale fidanzata?
No dai. No.

Vuoi mettere l'attesa? E la voglia di vederti? E quegli ultimi dieci metri prima di cercarti con lo sguardo? E quando finalmente ti vedo? E la gioia nel sapere che sei con me per tante ore? E quella sensazione nello stomaco la sera prima di un aereo?
Ecco, per esempio.

La gioia di vederti come se fosse la prima volta, dopo tutto questo tempo.
Beh, forse non proprio la prima volta e neppure la seconda ecco.

Però diciamo, la voglia di vederti come la prima volta che ci siamo rivisti...
...vabbè facciamo prima a riassumere che è un po' come la prima volta che siamo usciti insieme, ecco.

E gli inizi sono strani, sono sempre belli e con te ogni volta, è come ri-iniziare, ma non dal principio, anche perché al principio io avevo dei tacchi troppo alti e tu eri decisamente rigido, ma dal dopo, dall'inizio, ma con un dopo, sempre, di continuo.

E non sai quanto io ringrazi il cosmo per questa sensazione stasera e per la voglia di vederti che mi fa tremare le gambe sotto al tavolo (la gamba che tanto seduta composta non ci sto stare) e per il fatto che tu sia esattamente come sia, diverso, da tutti gli altri uomini.

giovedì 6 dicembre 2018

Questione di utero.


"Non sopporto il maschilismo perché siamo tutti nati da una donna."


Ottimo motivo.
Grazie per averlo comunicato proprio a me che di figli non ne ho e non perché non ne desideri ardentemente uno o non possa crescerlo o non abbia un compagno o non desideri averlo con lui.

Ebbene si: ci sono donne che non sono capaci ad avere dei figli.
Svelata una grande, incomprensibile, verità.

Non siamo tutte predisposte geneticamente alla riproduzione.

Che dobbiamo fare?
Che ci dovete fare?

Il rispetto di un essere umano non dipende dallo stato dei suoi ovuli o dalla  velocità degli spermatozoi.

In fin dei conti nessuno rispetta un uomo per la sua capacità di fecondare un ovulo, non capisco quindi perché il rispetto di una donna debba dipendere dalla sua capacità di far fuoriuscire un essere umano dalla sua vagina.

Magico.

Assurdo.

Meraviglioso.

Il mistero della vita e la capacità umana di riprodursi, non sembra vero che dall'unione di un uomo ed una donna possa nascere la vita e che nel corso di 39 settimane ci sia un cuore, un cervello, due occhi, delle dita, dentro qualcuno. Un enorme, enorme, enorme miracolo.

Questo per dire che io stessa mi stupisco e mi emoziono pensando alla nascita.

Tuttavia non credo che sia l'unico motivo per il quale essere contrario ad un maschilismo che comunque stai affermando dicendo una frase come quella di cui sopra.

E se una donna non sa farlo? Non può farlo?

Che succede?

Non è degna di rispetto?Può essere discriminata? Non sarà mai una madre?

Nel momento in cui io cresco un figlio, ne sono madre.
Così come quando insegno musica ad un bambino, ne sono l'insegnante.

Succede così. Automaticamente. Non è questione di parto, sono dati di fatto.

Che solo alcuni scorgono e sanno leggere ed altri nonostante tutto, nonostante la mente aperta ed il buonismo, continueranno a vederli come dati corretti, risultati ottenuti per mano di una calcolatrice, senza sforzo alcuno.

Peccato che ad alcuni i figli nascano meglio che ad altri, senza che per forza debbano averli desiderati o voluti o cercati, peccato che capitino e basta. Ma per averlo un figlio, quando non puoi fartelo tu, allora devi dimostrare di meritartelo.

Devi mostrare il tuo reddito, la tua buona persona, la tua dignità di essere umano, l'affidabilità, la serietà, la volontà, devi diventare un ottimo genitore sulla carta, su tante carte, per tanto tempo e poi forse sì, lo puoi diventare un genitore, ma sempre e solo sulla carta finché qualcuno non ti considererà comunque un vero genitore perché quel figlio per il quale hai pianto e lottato come piangono e lottano le partorienti durante il travaglio, non è uscito tu e non ti assomiglia.

Se il tuo corpo si deforma perché è pieno di vita, tu sei una madre, se il tuo corpo si deforma dalla voglia di averlo un figlio, non la sei comunque.

Se riesci a rimanere incinta, nessuno mette in dubbio il tuo diritto di partorire tuo figlio e tenerlo accanto a te, se tu lo cerchi in giro per il mondo, non sei pronta, perché devi pensarci bene ed è un peso troppo grande da affrontare.

Se lo dici poi, che stai cercando un bambino, tutti si aspettano che tu stia avendo un'intensa attività sessuale e nessuno pensa al fatto che la sera non si faccia l'amore perché sei persa nella burocrazia di uno stato che abusa della tua incapacità.

Anche se sai che in giro per il mondo da qualche parte magari tuo figlio è già nato e sta aspettando te e tu non puoi prenderlo per mano dicendogli che va tutto bene e portartelo nel lettone per spostarlo nel lettino ikea che hai da anni ormai e poi pensi che tanto in quel lettino non ce lo metterai mai perché vaffanculo anche l'educazione, dopo tante lotte, te lo terresti nel lettone anche con i suoi piedini impiantati nelle costole.

E la voglia di maternità che non ti levi da dentro. Mentre dentro, continui ad essere vuota.

Ma si, le donne che si rispettano, sanno procreare. Giusto?