mercoledì 3 dicembre 2014

Il sogno.

"Sei nata sognatrice e sognatrice te ne andrai..."

Così dicevi quasi dieci anni fa, di me.

Ma poi, che colpa ne ho io, se tendo ad idealizzare tutto: gli uomini, le parole, la vita.

Sono poche davvero le cose reali che superano le aspettative di un sognatore.

E allora, perché mai viverle, laddove farlo, significherebbe uccidere di una crudele morte tutto ciò che si è voluto e vissuto in un'intimità di solitudine e silenzio, dove nulla è dovuto, se non a se stessi.

Per non andartene da sognatrice, senza aver mai vissuto.

Credo sia questa la risposta.

Sbagliata.

Chi sogna, vive tutte le vite che non potrebbe mai vivere.
Ed una in più.


martedì 2 dicembre 2014

Club del libro 24 novembre 2014- Dieci donne

spumini fatti in casa

the

libri <3
NB Le foto sono la dimostrazione di come il club del libro nasca per cancellare i sentimenti di colpa dello strafogarsi. NB
Ed eccoci qui, con un po' di ritardo, a raccontare l'ultima riunione del club del libro.
Come prima cosa, vorrei esprimere la mia felicità nel poter constatare come il nostro club del libro non solo continui a riunirsi, ma si sia rivelato un piccolo universo di idee, opinioni, interessi e modi di intendere e vivere la vita.
Per me è una gioia poter ascoltarvi mentre raccontate chi siete attraverso ciò che avete vissuto, chi diventerete, attraverso i vostri progetti : perché si, io, come Marcela Serrano, credo nel determinismo.
Nulla di particolarmente estremo 
, ma io credo che ognuno di noi sia il risultato di ciò che ha vissuto, almeno in parte ; certo, non è detto che due individui sottoposti agli stessi fenomeni, reagiscano in modo identico, anzi, ma credo che a seconda della propria personalità, si possa essere figli delle esperienze vissute.
(banalmente, se tocco il fuoco e mi brucio, non lo tocco più, ma se sono un'autolesionista invece lo toccherò ancora, più e più volte: in ambo i casi comunque, l'esperienza vissuta mi segna e mi insegna che una fonte di calore può bruciarmi)
Dieci donne: Francisca, Manè, Juana, Simona, Layla, Luisa, Guadalupe, Andrea, AnaRosa, Natasha.
 Nove donne problematiche ed una curatrice dell'anima che si rivela nell'epilogo paziente delle sue stesse pazienti.
O almeno, questa è la spiegazione, in base agli eventi vissuti da Natasha e raccontati per voce della sua assistente, che abbiamo dato alla sua stessa assenza e alla mancanza dell'elemento che univa nove storie così differenti fra loro.  In particolare io e altre due partecipanti non siamo state capaci di accogliere in maniera positiva quella che abbiamo definito una'mancanza di coerenza' sul finale.
Struggente la storia di abuso, accennata appena, velatamente raccontata da un post, ma non da un pre, che comprendeva tra le vittime diverse generazioni di donne mute. Mi soffermo su questa storia in particolare, la più lontana, per fortuna, dalla mia vita, per imprimere su queste mie pagine il ricordo del 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.
La nostra riunione è avvenuta il 24, una riunione al femminile, avevo davanti agli occhi tante giovani donne, forti, amiche, più e meno intime, compagne di letture e di risate, giovani donne alle quali vorrei dire di non sentirsi mai sole, qualsiasi cosa accada nelle loro vite, donne per le quali la mia presenza è assicurata sempre, ora, come fra dieci anni. 
Il 93% delle donne vittime di violenza domestica non denunciano.
Ci sono miliardi di fattori che causano questa mancata denuncia, ma tutte insieme, amiche lettrici, amiche non lettrici, ma anche non amiche, tutte insieme, donne, facciamoci forza, denunciamo sempre. Aiutiamo a far denunciare. Ma poi cerchiamo anche di esserci, perchè lasciare una vittima di violenza sola, significa nella maggior parte dei casi mandarla nuovamente dal proprio carnefice.
Dire "denunciate"è facile, quando non si tratta della propria vita, cerchiamo di renderlo facile da FARE e non da DIRE. 
Una madre che acconsente abusi sulla propria figlia, non è una madre.
Sono andata fuori tema, lo so, ma avevo bisogno di gettare fuori lo sdegno nei confronti di un certo tipo di mondo, che va necessariamente cambiato, non domani, ma oggi, non dal prossimo, ma da noi.

Una vittima di abusi da parte di un familiare, descritta affianco ad una giovane ragazza lesbica, unica a quanto pare, capace ad accettarsi, ma al contempo incapace di stabilire un rapporto sereno, anzi, incapace di stabilire un rapporto senza entrare in un bagno ( spoiler come se piovesse). Un linguaggio estremamente giovanile e colloquiale, divertente e leggero, esprime una logica e uno stile di vita quasi inafferrabile.

La figlia di una donna che decide di abbandonare la propria casa, la propria famiglia, la propria pelle, in seguito alla morte di un figlio.
Davanti alla morte di un figlio, ogni reazione è permessa. Ma nel momento in cui , forse per amore di un'altra donna, forse per disamore nei confronti di se stessa e del resto del mondo, decidi di uccidere, metaforicamente parlando, l'altra figlia?
Ci potremmo chiedere se anche l'abbandono è un abuso, se lo sarebbe stato nel momento in cui a sparire fosse stata una donna che davanti alla denuncia di una figlia reagisce facendo finta di nulla, se lo è quando a farlo è una donna egoista, amante di libri, di cinema, amante, aggiungo, della malattia, più di ogni altra cosa al mondo.
Essere donna ed essere madre.
Non è facile. Non è facile essere, in generale, in un mondo come quello moderno, figuriamoci essere ed appartenere a due fra le categorie più fragili, contemporaneamente. Donna e madre.
Donna e madre come la donna che per essere serena deve fingere un viaggio di lavoro, nel deserto, dedita alle cure del corpo e della mente.
Un deserto di solitudine che smette di essere rasserenante, non appena la mette con le spalle al muro, costretta dalle urla del silenzio a fare i conti con un marito che non ama più e dei figli che forse non voleva.
Pensare allora diviene una forma di auto-abuso e tornare alla quotidiana incapacità di scelta e cambiamento, diviene forse, l'unico modo di continuare, ignava, a non scegliere. Meglio avere un marito che non ti soddisfa, piuttosto che non avere nessuno.
Molto strano il rapporto di queste donne con la solitudine:
la vittima di abusi si colpevolizza e sceglie di non avere contatti con gli uomini,
la madre che in seguito ad una forte depressione finisce per vivere una solitudine folle, folle in mezzo alla folla, sceglie la strada e non la casa, la donna affermata che ha una famiglia sceglie di vivere la solitudine accanto al marito che silenziosamente si autosoddisfa nella stanza accanto.
La moglie del desaparecidos non vive la sua solitudine, perchè smette di vivere ed inizia ad aspettare.
Lei aspetta. Aspetta ed aspetterà. Questa donna mi ha fatto tenerezza e rabbia al contempo, donna e madre che preferisce attendere per sempre piuttosto che aprire gli occhi, i propri e quelli dei figli.
La donna che sceglie il divorzio, per affermare un'indipenza forse, incapace di accettare un uomo dal carattere poco deciso o quello dal carattere troppo deciso, insomma, incapace di accettare.

Nove storie, diverse, per nove donne diverse, ognuna con un proprio mondo interiore e un modo di vivere, un diverso reddito, una diversa istruzione, insomma nove storie accumunate da patologie e dinamiche malate.
Alcune più condivisibili di altre, alcune più comprensibili di altre, considerata l'èta media e le esperienze di vita più o meno di tutte noi.
(Non per entrare nello specifico, ma nessuna di noi ha avuto due divorzi e due figlie, per il momento)

Un bel libro, consigliabile e consigliato, ben scritto, decine le citazioni bellissime, anche riguardanti Simone, tantissime le frasi che abbiamo scelto di sottolineare.

"...odiavo la linguistica e la fonetica e che mi piaceva solo leggere. Il piacere della lettura rischiai di perderlo per eccesso di analisi, in fin dei conti è questo che nelle università si fa con i libri: li si analizza."

Fra le tante frasi, vi lascio con questa, perchè al momento mi caratterizza più di ogni altra.
Leggete Dieci Donne, così come dovreste leggere 'Una donna spezzata'.

Il prossimo incontro sarà il 22 dicembre, abbiamo deciso di organizzare una piccola cena per festeggiare tutte insieme il Natale e il 2015.
Il libro scelto è "E le stelle non stanno a guardare" .
Spero di vedervi tutti!
Alla prossima recensione!

(a breve integrerò con le foto dei dolcetti del club del libro)

lunedì 1 dicembre 2014

O Licino o Licinio, insomma, O tu, amico di Catullo.


"Hesterno, Licini, die otiosi multum lusimus in meis tabellis, ut convenerat esse delicatos: scribens versiculos uterque nostrum ludebat numero modo hoc modo illoc, reddens mutua per iocum atque vinum. atque illinc abii tuo lepore incensus, Licini, facetiisque, ut nec me miserum cibus iuvaret nec somnus tegeret quiete ocellos, sed toto indomitus furore lecto versarer, cupiens videre lucem, ut tecum loquerer, simulque ut essem. at defessa labore membra postquam semimortua lectulo iacebant, hoc, iucunde, tibi poema feci, ex quo perspiceres meum dolorem. nunc audax cave sis, precesque nostras, oramus, cave despuas, ocelle, ne poenas Nemesis reposcat a te. est vehemens dea: laedere hanc caveto. "

CARME50CATULLO

O Licino, O Licinio, O, l'importante è che tu non sia Allio o Manlio, ma anche entrambi.

Ogni tanto capitano delle cose belle.
Banalmente, ho sempre amato il carme 5 o il 51, ma da oggi, il carme 50 (che mi ricorda oltretutto giornate trascorse a scrivere con la mia migliore amica in piazza dei Miracoli... e un quadernino rosa...), sarà per sempre il mio carme preferito.