lunedì 14 luglio 2014

Quello che i libri non dicono

Di te.
Di te, ricordo,la penna blu profilata in oro, il supporto per il tablet, i libri sparsi sulla scrivania, i libri impilati con ordine alle tue spalle, quelli pericolosamente affiancati al muro, vortici dal precario equilibrio.
I tuoi libri, ti assomigliano.
Ho sempre pensato che i "nostri" libri, quelli che amiamo, quelli che nominiamo senza neppure accorgercene, ci possano rappresentare, ora sono certa che anche lo stato di questi, sia una nostra forma di espressione.
I tuoi, visibilmente letti, leggere increspature, date dall'apertura delle pagine, sul dorso, caute annotazioni a matita, poco frequenti, mai calcate, nessun tipo di orecchia, piegatura, segno, nessuna traccia evidente del tuo indimenticabile passaggio.
I miei, frasi sottolineate con colori forti, date cerchiate, nomi impressi, un marchio in versi sotto il titolo, versi mai simili, ma sempre uguali, i segni di un travaglio vissuto fra borse e prati, un insieme troppo forte di un passaggio troppo veloce.
Se nei libri, leggiamo ciò che vogliamo leggere, forse è  questo che scelgo di vedere nelle pagine intonse e in quelle deturpate, ma che io tenda a soggettivare qualsiasi cosa, lo so, non è una novità.
Raramente ho incontrato persone che nominassero i titoli che leggevo nelle tue pagine, ma quando è capitato, non ho potuto esimermi dal pensarti e dal dedicarti uno di quei sorrisi per i quali hai scusato l'insistenza, o forse, la mia intera presenza.
Qualche volta, poi, mi tornano alla mente i tuoi monologhi sarcastici, sulle donne e sui libri, quelli che facevi davanti a me, per farmi alzare in piedi, arrossire e dire qualcosa di estremamente femminista, perché, con me, funzionano solo le terapie d'urto, appunto. Sono vent'anni che sento ripetere questa storia delle terapie d'urto e le odio, ma effettivamente, con me, funzionano e tu sei riuscito a capirlo. In ogni modo, parte di quel sarcasmo d'urto, era ben motivato da una realtà colma di apparenze e povera di contenuti, da una realtà anche competitiva con l'idea che ognuno vuole che gli altri, abbiano di sé.
E allora, in questi contesti, i libri non sono più una rappresentazione di sé, ma di ciò che si vorrebbe essere ed io,. io non ho dubbi: 
io vorrei essere l'angolino della pagina sulla quale è impresso un raro segno del tuo passaggio, seppur a matita.

Assenze

Ieri era il tuo compleanno.

Ho bruciato la frizione, prima al posto della terza.
Chiamami adesso.
Perché ho davvero bisogno di farmi trovare qui.
Sono fradicia.
Di pioggia e pensieri.
Pesche al maraschino.
Si, erano pesche al maraschino.
Sul finestrino del treno ho fatto gareggiare due lacrime,
ma ha vinto l'altra.
Tifo sempre per il perdente.
Forse perché lo è.
O lo è per questo.



Alle cinque del pomeriggio,
o si dorme
o si va al mare.
Tintinna la mia caviglia destra.
C'era un linguista davanti a me.
Oggi è come l'ultima puntata,
di una serie che vivi da sempre.
E ti commuove,
l'odore di bruciato,
il rimasuglio sul piatto.
Ne sono sicura,
erano pesche al maraschino.
Hai cancellato uno dei tuoi pranzi,
ci sono macchie che 
non si lavano dalla pelle.
Campagne elettorali

per rane rumorose.

Vendetta per i fiori calpestati.
Anice stellata.
La camicia bianca dalle maniche bagnate.
Una partita a carte in penombra.
La serranda abbassata a metà.

Hai tre sette in mano,
dichiari un tris di assi.
Non mi guardi negli occhi,
parole insensate.

Un incrocio.

Altro che frizione.
Cornea bruciata.