sabato 7 ottobre 2017

Pretenziosa.

Forse ci sono situazioni dalle quali è meglio uscire un attimo, leggermente, fare un passo indietro, ma solo per capirle meglio, guardarle da un altro punto di vista, senza coinvolgimento emotivo, senza che la tua persona si rifletta in quelle stesse situazioni. Non so quanto possa essere utile tutto questo sentire, come se non avessi barriere, come se non avessi pelle, come se non ci fosse un filtro che mi potesse proteggere.
C'è una cosa terribilmente tenera che mi fa sorridere, oggi: mio padre, che non può aiutarmi questo fine settimana, anche se avrei davvero bisogno di un aiuto maschile , per quanto mi pesi dirlo. Però la sua assenza è motivata dal suo lavoro, che lo porta via anche nel sabato e nella domenica, anche quando è presente fisicamente.
Mio padre porta il mio cane nel suo ufficio.
E allora penso al mio cane, un rompiscatole di cinquanta kg, che abbaia ai colleghi, ai clienti, agli operai e a mio padre, che gli vuole un bene infinito e glielo dimostra, costantemente, occupandosi di lui e cadendo nelle offerte promozionali assurde, quali zaini per cani e collari imbottiti, fin da quella volta in cui, ferito ad un'unghietta, lo ha portato in braccio fino a casa.
La tenerezza infinita con il quale lo accudisce e la devozione con la quale il mio cane ricambia, costantemente.
Trovare un uomo così, per me, non solo è difficile, ma è proprio impossibile.
Io la devozione, la conosco, così come conosco la sua burbera tenerezza, i suoi umori dovuti a mille cose che nasconde, per proteggermi, per farmi vedere una realtà migliore di quella che è sempre stata. La figura di un padre a misura di ogni cosa, nei limiti del possibile.
E così sorrido pensando a come per troppo tempo mi sia aspettata che l'amore di un uomo verso una donna, assomigliasse vagamente a quello che mio padre mi ha insegnato, scordandomi di essere figlia e non donna, per lui.
Certo, mi ha aiutata e mi ha disegnata almeno nei tratti, per come lui desiderava fosse una figlia e anche una donna: questo senso di indipendenza, da tutti, persino da lui, che ha voluto trasmettermi, così come l'irrefrenabile voglia di giustizia e di rispetto che non mi ha mai fatto porre il problema di parlare con un uomo o con una donna, ma solo con persone. Il bisogno di affermarmi così come sono e la capacità di farlo nonostante una fisicità minuta, una voce stridula e l'emotività: mai una volta mio padre ha tentato di porre a tacere la mia emotività, forse mi ha dato modo di strumentalizzarla, di incanalizzarla, ma non di nasconderla o cancellarla. E poi, come ultimo insegnamento, il migliore, o forse, il peggiore: la verità non è mai un diritto di tutti, ognuno libero di credere ciò che voglia, senza troppe spiegazioni, senza troppe convulsioni dell'anima, perchè in fin dei conti, tutti, ci diamo la spiegazione che preferiamo darci e non quella che effettivamente è.
Come me, adesso, che forse nascondo le mie incapacità relazionali, le mie mille pretese o un brutto carattere, dietro ad una figura di riferimento altissima ed inarrivabile.
Si chiama amore ed ha molte forme e molti volti, ma la comprensione, la tenerezza ed il sostegno di mio padre, forse, non lo ritroverò mai più.
Trovare qualcuno che tiri fuori il meglio di me quando io non sono in grado di farlo e non dovermi abbassare a livelli che non mi appartengono, per non sentirmi fuori luogo.
Pretenzioso, lo so.

Pretenziosa.

Forse ci sono situazioni dalle quali è meglio uscire un attimo, leggermente, fare un passo indietro, ma solo per capirle meglio, guardarle da un altro punto di vista, senza coinvolgimento emotivo, senza che la tua persona si rifletta in quelle stesse situazioni. Non so quanto possa essere utile tutto questo sentire, come se non avessi barriere, come se non avessi pelle, come se non ci fosse un filtro che mi potesse proteggere.
C'è una cosa terribilmente tenera che mi fa sorridere, oggi: mio padre, che non può aiutarmi questo fine settimana, anche se avrei davvero bisogno di un aiuto maschile , per quanto mi pesi dirlo. Però la sua assenza è motivata dal suo lavoro, che lo porta via anche nel sabato e nella domenica, anche quando è presente fisicamente.
Mio padre porta il mio cane nel suo ufficio.
E allora penso al mio cane, un rompiscatole di cinquanta kg, che abbaia ai colleghi, ai clienti, agli operai e a mio padre, che gli vuole un bene infinito e glielo dimostra, costantemente, occupandosi di lui e cadendo nelle offerte promozionali assurde, quali zaini per cani e collari imbottiti, fin da quella volta in cui, ferito ad un'unghietta, lo ha portato in braccio fino a casa.
La tenerezza infinita con il quale lo accudisce e la devozione con la quale il mio cane ricambia, costantemente.
Trovare un uomo così, per me, non solo è difficile, ma è proprio impossibile.
Io la devozione, la conosco, così come conosco la sua burbera tenerezza, i suoi umori dovuti a mille cose che nasconde, per proteggermi, per farmi vedere una realtà migliore di quella che è sempre stata. La figura di un padre a misura di ogni cosa, nei limiti del possibile.
E così sorrido pensando a come per troppo tempo mi sia aspettata che l'amore di un uomo verso una donna, assomigliasse vagamente a quello che mio padre mi ha insegnato, scordandomi di essere figlia e non donna, per lui.
Certo, mi ha aiutata e mi ha disegnata almeno nei tratti, per come lui desiderava fosse una figlia e anche una donna: questo senso di indipendenza, da tutti, persino da lui, che ha voluto trasmettermi, così come l'irrefrenabile voglia di giustizia e di rispetto che non mi ha mai fatto porre il problema di parlare con un uomo o con una donna, ma solo con persone. Il bisogno di affermarmi così come sono e la capacità di farlo nonostante una fisicità minuta, una voce stridula e l'emotività: mai una volta mio padre ha tentato di porre a tacere la mia emotività, forse mi ha dato modo di strumentalizzarla, di incanalizzarla, ma non di nasconderla o cancellarla. E poi, come ultimo insegnamento, il migliore, o forse, il peggiore: la verità non è mai un diritto di tutti, ognuno libero di credere ciò che voglia, senza troppe spiegazioni, senza troppe convulsioni dell'anima, perchè in fin dei conti, tutti, ci diamo la spiegazione che preferiamo darci e non quella che effettivamente è.
Come me, adesso, che forse nascondo le mie incapacità relazionali, le mie mille pretese o un brutto carattere, dietro ad una figura di riferimento altissima ed inarrivabile.
Si chiama amore ed ha molte forme e molti volti, ma la comprensione, la tenerezza ed il sostegno di mio padre, forse, non lo ritroverò mai più.
Trovare qualcuno che tiri fuori il meglio di me quando io non sono in grado di farlo e non dovermi abbassare a livelli che non mi appartengono, per non sentirmi fuori luogo.
Pretenzioso, lo so.

venerdì 6 ottobre 2017

Confini 3.

Anche stasera ho finito troppo tardi.
Non vedo i risultati che vorrei, com'è possibile?
Io vorrei che tutto andasse bene o almeno, al meglio.
Per me, per quei visi felici, per chi ha pensato che ne potessi essere in grado, per sentirmi in grado di fare e di essere. P. dice che devo lavorare sui confini, ritagliarmi spazi tutti miei, lasciare perdere questi continui pensieri che mi ossessionano o forse, semplicemente, accompagnano ogni lavoro, alcuni, più di altri.
Non lo so, devo trovare il tasto giusto, qualcosa che scatti al momento più opportuno, ci deve essere. Ci sarà?
Forse riuscire a vivermi i miei spazi personali, che al momento dovrebbero divenire più sereni, più intimi, più tranquilli, dovrebbe rendermi in grado di pensare a ciò che devo, solo quando devo. Ciò che voglio è diverso, io vorrei avere mille allievi, mille gioie, mille progetti, mille soddisfazioni condivise o almeno condivisibili.
E vorrei sentirmi sempre come oggi, quando, tornando a casa, ho ancora la forza di leggere, imparare, pulire, mangiare, stendere, cucinare, spazzare, abbellirmi.
Non tutti i giorni sono uguali.
Ma le notizie dello scorso venerdi, la speranza che tutto possa migliorare, la sensazione di poter tirare, dopo mesi, un sospiro di sollievo, mi rasserena: forse è la mancanza di serenità che mi frena sotto tutti i punti di vista e non mi lascia il tempo di pensare alle gioie o alla loro accettazione.
Sono molto stanca, tantissimo: mi stanca non riuscire a fare tutto ciò che vorrei, mi stanca non essere in grado di suddividere i miei tempi in scomparti, mi frustra vedere tante piccole realtà che si uniscono e si confondono quando non dovrebbero.
Fino a poco tempo fa, credevo davvero che l'unione delle singole dimensioni mi potesse soddisfare, ma sbagliavo, solo l'esperienza te lo insegna. Ed ora lo so.
Confini, energie dosate e separazioni: mattinate a pulire casa, pomeriggi finalmente a studiare e serate trascorse con chi, pur non essendo il mio futuro, è il mio presente e mi fa ridere, bastandomi.

giovedì 5 ottobre 2017

Confini 2.

Se avessi saputo, o quanto meno sospettato, di sentire ciò che sento, cosa avrei scelto di fare?
Ho paura di rovinare ciò che tocco, ciò che mi è vicino.
Ogni tanto mi sento come una nota sbagliata:
c'è chi la ignora, chi la coglie, chi colpevolizza quella nota e chi tenta quasi di esaltarla.
Ma quella nota, come si sente? Come la vive? Si accetta?
Qualche volta si, altre no, tante altre invece non lo sa.
E gli altri, come si sentono?
Tutto quello che percepisco io, come è percepibile da fuori?
Confini, riconoscerli e come definirli.

mercoledì 4 ottobre 2017

Confini 1.

Va tutto bene.
Me lo ripeto in continuazione, ogni volta che tentenno davanti ad una decisione difficile, o quanto meno, davanti ad una decisione che mi appare tale, forse per la mia incapacità di scegliere quale sia la scelta giusta prima di pormi all'incirca 15 mila domande.
Non sono solo le conseguenze a spaventarmi, altrimenti avrei evitato di scegliere di percorrere vie strette, buie e segnalate da cartelli con la scritta 'la scelta peggiore che puoi fare è decidere di entrare qui'.
Sono le conseguenze unite ai miei sentimenti.
Riguardo a tutto.
Riguardo a quello che possa essere una concezione di giustizia universale, quella personale, quella arbitraria: perchè ogni tanto devo ricordarmi che ciò che possa apparire giusto per me, non lo sia per gli altri.
Ma devo anche ricordare che ciò che è giusto per altri e non per me, non sempre sia la soluzione per porre a tacere il dubbio di errare.
Ho sbagliato, sto sbagliando, questo sicuramente, come tutti.
Posso aver sbagliato e posso sbagliare anche adesso, in questo momento, nel quale tutto appare sfuocato.
Sto peccando di egoismo? Penso solo a me stessa?
In quale preciso istante, l'istinto di sopravvivenza personale sconfina nell'egoismo?
Non sono troppo buona, sono consapevole o almeno tento di esserla.
Diamo la colpa al greco? Al teatro? All'immedesimazione di sè negli altri?
Confini, ristabiliamo dei confini.

martedì 3 ottobre 2017

Egoismi a gogo.

Io lo so che è davvero egoista, ma perchè devo dare spiegazione dei miei comportamenti a chi dovrebbe conoscermi ?
Se mi conosci, sinceramente, come puoi pensare che io voglia derubarti di un tuo possesso?
O affermare qualcosa in cui non credo?
O semplicemente, fare del male?
Io non voglio fare del male a  nessuno, anzi, l'idea di provocare dolore ad altri mi destabilizza, mi terrorizza, mi limita spesso.
L'idea di essere nociva, dolorosa, causa di problemi e tensioni, non mi abbandona mai e così, proprio mentre agisco, mi chiedo come possa essere percepita, come possa essere interpretata, come possa affermarmi senza impormi.
Poi c'è vuole vedere qualcosa che non solo non mi appartieme, ma non è, e questo, mi ferisce.
Non vorrei mai dover ferire qualcuno e se mi trovo costretta a farlo, tento di essere lieve e presente, di addolcire il colpo e di essere presente post ictus.
Non sempre ci riesco.
Ma ci provo, questo si, in ogni occasione.
Non voglio dare spiegazione continua dei miei comportamenti perchè mi offende farlo, mi fa sentire giudicata, mi sento in dovere di dire 'ehi, ma io non sono la gran stronza che tu credi!'.
E sono così stanca di tutta questa visione di 'attacco-controattacco', non è una guerra, non stiamo combattendo, stiamo vivendo e condividendo.
Non ne posso più, non si può vivere aspettandoti il peggio dagli altri, non si può sempre pensare al peggio.
Si, è vero, si rimane delusi dando fiducia e comprensione, ma almeno si vive armoniosamente.

lunedì 2 ottobre 2017

12 anni.

Ma sembro così cattiva?
Io?
Appaio come una stronza?
Sempre?
Non so.
Nessun vittimismo, solo delusione, mi sento dispiaciuta.
Non voglio più parlare con nessuno al di sopra dei 12 anni perchè forse non sono in grado di comunicare con nessuno, al di sopra dei 12 anni. Probabilmente sbaglio qualcosa, il metodo, la mimica, le parole, il senso di ciò che dico. Ma non ne posso veramente più. Non so. Sono così stanca, così stanca di dover spiegare, giustificare, motivare, di levarmi dal ruolo della cattiva, sempre e comunque. Non sono buona, non sono biancaneve, ma neppure la strega cattiva. E se devono per forza vedermi come una serpeverde, devo iniziare ad accettarlo, anche se mi fa sentire così male l'idea che qualcuno possa partire prevenuto nei miei confronti, convinto che io sia in grado di fare ad altri ciò che non vorrei venisse fatto a me, convinto che porre qualcuno in una situazione difficile non sia solo l'ultima delle cose che vorrei dover fare nella mia vita.
Non so.
Sopra ai dodici anni.
Manca comprensione.
Va bene così.
Tanto sarebbe una counicazione priva di comunicazione stessa.