Sono nata su un'isola e il mare che mi ha circondata è stata culla e svezzamento, ninna nanna e buongiorno, insegnante e balia.
"La mia casa è il mare e con un fiume non la posso cambiare".
Quanto avrei voluto sapermi accontentare di quel fiume che allagò Firenze, di quei ponti percorsi con le tue mani in tasca e le mie protese verso un continuo svolazzare, incupita e malcontenta nel non poterle intrecciare con le tue, con la naturalezza che sboccia nei momenti meno appropriati e difficilmente riesco a frenare senza che il lato sinistro delle labbra si inarchi verso il basso.
Non mi è bastato e non mi sarebbe mai potuto bastare, lo sapevo io, lo sapevi tu, abbiamo fatto bene a frenarci prima che le mie mani si sentissero a loro agio dentro una stoffa scura.
"Fermati qui. Queste sono le chiavi di casa mia, non voglio sapere quando verrai e quanto ti fermerai. Sposta la scrivania accanto alla finestra, spalanca i vetri, riordina i libri come meglio desideri. E Scrivi. Anzi. Ma, Scrivi.".
E mi guardavi, di lato, per non voltare il volto, seguendo con il tuo sguardo, il mio, che non riuscivo a smettere di rivolgerti, costante e probabilmente pedante.
Bevevi alla bottiglia ed io spostavo la mia birra da una mano all'altra, come faccio con la tazzina del caffè, godendo dell'amaro e del tepore. Caffè macchiato, meglio con soya.
Dicono che un uomo che ti ama, ricorda come prendi il caffè.
Amaro.
Lo hai sempre ricordato.
Quando in piedi appoggiata al mobile di cucina mi chiedevano "Zucchero?" e tu rispondevi:
"Lei lo prende amaro", sorridendo per quella volta che parlando ti dissi che bevo così tanto caffè da non tollerare lo zucchero.
"Diventerei diabetica nel giro di una settimana".
I nostri caffè, le scale percorse con il bicchiere rovente in mano, per poterlo bere insieme, ma da soli, vivendo l'ossimoro che siamo stati e forse continuiamo ad essere, pur cambiando prospettiva.
Il tuo bicchiere, gettato di corsa, quando dovevi scappare o volevi farlo, per evitare risate inopportune.
Inopportuni. Li siamo stati?
Tante volte mi sono chiesta quanto sia risultata inopportuna io e quanto ti ci sia sentito tu.
A distanza di tempo, mi chiedo se mi leggi ancora. Sento di si.
Non sempre, certo, ma so che lo fai, magari di notte, magari velocemente, incostante come sempre, ma presente. Come sempre