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lunedì 23 febbraio 2015

Attraversiamo.

"Non ci si libera di una cosa evitandola,
ma soltando attraversandola. "

Cesare , quello perduto nella pioggia ad aspettare il suo amore'ballerina', Pavese.

mercoledì 11 febbraio 2015

Malinconia leggera.

Vi è mai capitato di leggere un libro veramente bello, troppo velocemente.
Magari solo perchè non riuscite a staccarvi da quelle pagine, o magari perché avete paura di non trovarlo più così bello in un altro momento.
Salvo poi rimpiangere la frenesia con cui lo avete letto, una volta giunti all'ultima pagina.
E non riuscire più ad aprirlo per paura di rivivere la perdita del libro.
Beh, io mi sento così.
Sempre.
Ma soprattutto oggi.
Come se avessi avuto tra le mani il più bel libro ed avessibruciato l'occasione di viverlo bene, come avrei dovuto e come sarebbe stato giusto.

Peccato che non si possa tornare indietro.
Perchè oggi ne avrei proprio bisogno.

mercoledì 21 gennaio 2015

L'unica gioia al mondo è cominciare.

L'unica gioia al mondo è cominciare.
é bello vivere, perché vivere è cominciare,
sempre,
ad ogni istante.
Quando manca questo senso
- prigione, abitudine, stupidità,-
si vorrebbe morire.

Cesare Pavese

Ormai questo angolino è pieno di Pavese.
A me spaventano molto gli inizi.
Ho sempre paura di sentirmi fuoriluogo.
Ma poi riesco quasi sempre a portare un pezzettino di me nell'inizio
e un pezzettino di inizio in me.
A me piace molto anche Pavese.
Ho iniziato a leggere Pavese a quindici anni,
facevo il liceo classico
e portavo sempre nella borsa i Dialoghi con Leucò.

"Nulla si assomma al resto, al passato. Ricominciamo sempre."

Forse più di tanti, è riuscito a darmi speranza,
attraverso i suoi patimenti, ho patito,
attraverso le sue riflessioni, ho riflettuto.

Cesare Pavese, era uno di quegli uomini dai quali mi sarei lasciata prendere in giro, seduta a un tavolino.

Hai perdonato tutti e a tutti hai chiesto perdono, va bene.
Qualcuno ha fatto troppi pettegolezzi, forse.

Io ti rimpiango un po', sempre, attraverso i tuoi rimpianti.



martedì 2 dicembre 2014

Club del libro 24 novembre 2014- Dieci donne

spumini fatti in casa

the

libri <3
NB Le foto sono la dimostrazione di come il club del libro nasca per cancellare i sentimenti di colpa dello strafogarsi. NB
Ed eccoci qui, con un po' di ritardo, a raccontare l'ultima riunione del club del libro.
Come prima cosa, vorrei esprimere la mia felicità nel poter constatare come il nostro club del libro non solo continui a riunirsi, ma si sia rivelato un piccolo universo di idee, opinioni, interessi e modi di intendere e vivere la vita.
Per me è una gioia poter ascoltarvi mentre raccontate chi siete attraverso ciò che avete vissuto, chi diventerete, attraverso i vostri progetti : perché si, io, come Marcela Serrano, credo nel determinismo.
Nulla di particolarmente estremo 
, ma io credo che ognuno di noi sia il risultato di ciò che ha vissuto, almeno in parte ; certo, non è detto che due individui sottoposti agli stessi fenomeni, reagiscano in modo identico, anzi, ma credo che a seconda della propria personalità, si possa essere figli delle esperienze vissute.
(banalmente, se tocco il fuoco e mi brucio, non lo tocco più, ma se sono un'autolesionista invece lo toccherò ancora, più e più volte: in ambo i casi comunque, l'esperienza vissuta mi segna e mi insegna che una fonte di calore può bruciarmi)
Dieci donne: Francisca, Manè, Juana, Simona, Layla, Luisa, Guadalupe, Andrea, AnaRosa, Natasha.
 Nove donne problematiche ed una curatrice dell'anima che si rivela nell'epilogo paziente delle sue stesse pazienti.
O almeno, questa è la spiegazione, in base agli eventi vissuti da Natasha e raccontati per voce della sua assistente, che abbiamo dato alla sua stessa assenza e alla mancanza dell'elemento che univa nove storie così differenti fra loro.  In particolare io e altre due partecipanti non siamo state capaci di accogliere in maniera positiva quella che abbiamo definito una'mancanza di coerenza' sul finale.
Struggente la storia di abuso, accennata appena, velatamente raccontata da un post, ma non da un pre, che comprendeva tra le vittime diverse generazioni di donne mute. Mi soffermo su questa storia in particolare, la più lontana, per fortuna, dalla mia vita, per imprimere su queste mie pagine il ricordo del 25 novembre, giornata contro la violenza sulle donne.
La nostra riunione è avvenuta il 24, una riunione al femminile, avevo davanti agli occhi tante giovani donne, forti, amiche, più e meno intime, compagne di letture e di risate, giovani donne alle quali vorrei dire di non sentirsi mai sole, qualsiasi cosa accada nelle loro vite, donne per le quali la mia presenza è assicurata sempre, ora, come fra dieci anni. 
Il 93% delle donne vittime di violenza domestica non denunciano.
Ci sono miliardi di fattori che causano questa mancata denuncia, ma tutte insieme, amiche lettrici, amiche non lettrici, ma anche non amiche, tutte insieme, donne, facciamoci forza, denunciamo sempre. Aiutiamo a far denunciare. Ma poi cerchiamo anche di esserci, perchè lasciare una vittima di violenza sola, significa nella maggior parte dei casi mandarla nuovamente dal proprio carnefice.
Dire "denunciate"è facile, quando non si tratta della propria vita, cerchiamo di renderlo facile da FARE e non da DIRE. 
Una madre che acconsente abusi sulla propria figlia, non è una madre.
Sono andata fuori tema, lo so, ma avevo bisogno di gettare fuori lo sdegno nei confronti di un certo tipo di mondo, che va necessariamente cambiato, non domani, ma oggi, non dal prossimo, ma da noi.

Una vittima di abusi da parte di un familiare, descritta affianco ad una giovane ragazza lesbica, unica a quanto pare, capace ad accettarsi, ma al contempo incapace di stabilire un rapporto sereno, anzi, incapace di stabilire un rapporto senza entrare in un bagno ( spoiler come se piovesse). Un linguaggio estremamente giovanile e colloquiale, divertente e leggero, esprime una logica e uno stile di vita quasi inafferrabile.

La figlia di una donna che decide di abbandonare la propria casa, la propria famiglia, la propria pelle, in seguito alla morte di un figlio.
Davanti alla morte di un figlio, ogni reazione è permessa. Ma nel momento in cui , forse per amore di un'altra donna, forse per disamore nei confronti di se stessa e del resto del mondo, decidi di uccidere, metaforicamente parlando, l'altra figlia?
Ci potremmo chiedere se anche l'abbandono è un abuso, se lo sarebbe stato nel momento in cui a sparire fosse stata una donna che davanti alla denuncia di una figlia reagisce facendo finta di nulla, se lo è quando a farlo è una donna egoista, amante di libri, di cinema, amante, aggiungo, della malattia, più di ogni altra cosa al mondo.
Essere donna ed essere madre.
Non è facile. Non è facile essere, in generale, in un mondo come quello moderno, figuriamoci essere ed appartenere a due fra le categorie più fragili, contemporaneamente. Donna e madre.
Donna e madre come la donna che per essere serena deve fingere un viaggio di lavoro, nel deserto, dedita alle cure del corpo e della mente.
Un deserto di solitudine che smette di essere rasserenante, non appena la mette con le spalle al muro, costretta dalle urla del silenzio a fare i conti con un marito che non ama più e dei figli che forse non voleva.
Pensare allora diviene una forma di auto-abuso e tornare alla quotidiana incapacità di scelta e cambiamento, diviene forse, l'unico modo di continuare, ignava, a non scegliere. Meglio avere un marito che non ti soddisfa, piuttosto che non avere nessuno.
Molto strano il rapporto di queste donne con la solitudine:
la vittima di abusi si colpevolizza e sceglie di non avere contatti con gli uomini,
la madre che in seguito ad una forte depressione finisce per vivere una solitudine folle, folle in mezzo alla folla, sceglie la strada e non la casa, la donna affermata che ha una famiglia sceglie di vivere la solitudine accanto al marito che silenziosamente si autosoddisfa nella stanza accanto.
La moglie del desaparecidos non vive la sua solitudine, perchè smette di vivere ed inizia ad aspettare.
Lei aspetta. Aspetta ed aspetterà. Questa donna mi ha fatto tenerezza e rabbia al contempo, donna e madre che preferisce attendere per sempre piuttosto che aprire gli occhi, i propri e quelli dei figli.
La donna che sceglie il divorzio, per affermare un'indipenza forse, incapace di accettare un uomo dal carattere poco deciso o quello dal carattere troppo deciso, insomma, incapace di accettare.

Nove storie, diverse, per nove donne diverse, ognuna con un proprio mondo interiore e un modo di vivere, un diverso reddito, una diversa istruzione, insomma nove storie accumunate da patologie e dinamiche malate.
Alcune più condivisibili di altre, alcune più comprensibili di altre, considerata l'èta media e le esperienze di vita più o meno di tutte noi.
(Non per entrare nello specifico, ma nessuna di noi ha avuto due divorzi e due figlie, per il momento)

Un bel libro, consigliabile e consigliato, ben scritto, decine le citazioni bellissime, anche riguardanti Simone, tantissime le frasi che abbiamo scelto di sottolineare.

"...odiavo la linguistica e la fonetica e che mi piaceva solo leggere. Il piacere della lettura rischiai di perderlo per eccesso di analisi, in fin dei conti è questo che nelle università si fa con i libri: li si analizza."

Fra le tante frasi, vi lascio con questa, perchè al momento mi caratterizza più di ogni altra.
Leggete Dieci Donne, così come dovreste leggere 'Una donna spezzata'.

Il prossimo incontro sarà il 22 dicembre, abbiamo deciso di organizzare una piccola cena per festeggiare tutte insieme il Natale e il 2015.
Il libro scelto è "E le stelle non stanno a guardare" .
Spero di vedervi tutti!
Alla prossima recensione!

(a breve integrerò con le foto dei dolcetti del club del libro)

domenica 26 ottobre 2014

Club del libro ottobre 2014 - Aceto Arcobaleno (E.De Luca)

Quello che un po' tutti ci siamo chiesti in realtà, è il perché di questo titolo.
Due parole affiancate, così, interrotte da una virgola, un senso logico difficile da interpretare. 
Forse però, è il titolo più tenero che Erri abbia mai dato ad uno dei suoi libri, ma questo, si può affermare, solo addentrandosi in quelle 115 pagine che delimitano , forse, uno dei racconti più lunghi di Erri.

( l'autore non è nuovo ad una denominazione particolare e forse anche eccentrica, si ricordano titoli come "Tre cavalli", "Il contrario di uno","E disse", "Tu, mio", "I pesci non chiudono gli occhi", "Il peso della farfalla".)

"Tu insegnavi aceto e arcobaleno, senza giudicarli me li mostravi e a me spettava di scegliere tra essi. Così fa il porcospino mostrando ai suoi piccoli ogni cibo, anche il velenoso, lasciando che ognuno di essi decida il proprio pasto."
p 46

Non ho potuto esimermi dal sottolineare questa frase, vi ho ritrovato la figura maschile che attribuisco ad Erri e forse, anche un modo di esser uomini e di esser padri.
In un momento storico come questo, dove all'interno della famiglia 'tradizionale', spesso, si ripropongono i problemi causati dalla scarsa capacità relazionale e sentimentale che attanagliano la società , trovare un uomo che descrive una paternità importante, seria, una sorta di paternità- modello, anche difficile da comprendere, è gratificante.

Certo, fra gli intenti dell'autore non credo ci sia la volontà di plasmare figure genitoriali attraverso il modello del padre buono, volutamente buono, così onesto da destare quasi vergogna ai figli cresciuti in una società dominata da ben altri valori ( si ritorna sempre lì, il più 'forte', poi tramutato nel più 'furbo' dominano con il loro disvalore quella scala valoriale ormai disprezzata e calpestata), il contesto in cui questo libro è stato pubblicato è un contesto abbastanza differente, era il 1992, non si sentivano storie di ragazzini stuprati con pistole ad aria compressa, non giravano video amatoriali su w app, Silvio non era ancora sceso in campo, l'Italia era apparentemente sconvolta da Tangentopoli , era il 1992 e l'Italia era distrutta dalla strage di Capaci.

Questo libro non mi è piaciuto quanto gli altri libri di Erri De Luca, forse mi sono piaciuti dei tratti, ma la narrazione esageratamente 'impalpabile' ( si, è un termine improprio, concediamocelo), i periodi privi di soggetti riconoscibili, i dialoghi quasi mai segnalati, il cambio dei personaggi quando meno ce lo potremmo aspettare, mi hanno creato un po' troppa confusione.

Non solo a me, a quanto pare, visto e considerato che è stata opinione unanime delle presenti alla riunione del club dello scorso mercoledì, definire troppo complessa la narrazione e lo stile, almeno, del primo racconto dei tre.

Abbiamo voluto scorgere un parallelismo con il libro dello scorso mese:
"Una donna spezzata", libro composto da tre racconti, ha scaturito in noi sfumature completamente opposte a quelle nate con Aceto, arcobaleno:
nel caso del romanzo di Simone, infatti, il primo racconto ci ha appassionate moltissimo, il secondo ci ha catturate, il terzo è stato letto perchè era in fondo al libro. Con Erri, quando siamo partite, avremmo voluto cambiare libro, ma quando siamo giunte alla fine, avremmo desiderato ulteriori racconti.

Per chi non conoscesse la vita dell'autore, che personalmente stimo, sarebbe utile compiere una piccola ricerca biografica prima di intraprendere la lettura. Nel secondo racconto, di violenza, violenza costretta, violenza contro di sé, violenza rifiutata, calpestata, schifata, violenza che diviene principio di una lotta che non prevede sostanzialmente violenza alcuna, ho voluto ritrovare una scelta personale, raccontata in quelle pagine, in quel 1992 così violento per il nostro paese.
(Sono supposizioni sia chiaro, ho idealizzato sicuramente l'autore come faccio con tutta quella serie di uomini che stimo.)

Camilla, una delle partecipanti che è stata con noi telefonicamente, ci ha comunicato una sua visione piuttosto positiva nel complesso, andando a sottolineare quanto sia poi attuale l'insieme dei  temi raccontati, spesso, anche in piccole pillole, quasi aforismi.

"Dietro l'uguaglianza della polvere a ognuno la sua pelle." p 22
Collegata a tutto quello che sta accadendo in Italia,  a Mare Nostrum, giusto per trattare ancora una volta uno dei temi più violenti che alcuni sostengono, altri rinnegano, ma altri ancora ignorano. Un bellissimo spunto, un bel collegamento che dimostra come sia bello condividere opinioni ed idee riguardo allo stesso testo, per pensare, riflettere e spesso avere nuovi punti di vista.

(NB colgo l'occasione per sottolineare come il "Mare Nostrum"sia stato utilizzato come propaganda anche in epoca fascista. Ovviamente ognuno di noi ha proprie opinioni, ma in ogni caso l'apologia del fascismo è un reato previsto dalla legge 20 giugno 1952, n. 645, di conseguenza posso offendere solo dei criminali dicendo quanto sia atroce voler utilizzare nel 2014 un richiamo ad una delle epoche più buie, violente  ed ignoranti della storia italiana.)

"Avevi conosciuto l'amore così. Uso questa parola con immaginazione, io non l'ho toccato. Capivo che non l'amante apprende l'amore, ma l'amato, colui che accetta di essere trasfigurato agli occhi di un'altra persona, Apprendevo da te una notizia sull'amore, non quello che si prova, ma quello di un altro dal quale si è messi alla prova." p 62

Certo, frasi come queste, concetti come questi, ti rendono difficile non creare un legame con questo testo, così come quella visione religiosamente laica ( 26 ottobre, giornata degli ossimori per Penelope), che ho voluto scorgere a pagina 84, in quel
 "Ama il prossimo tuo, ma non come te stesso, misera equivalenza, amalo di più."

Questo libro non è fra i migliori di Erri, sicuramente neppure fra i migliori letti al club del libro, la copertina è stata eletta come copertina più bella fra quelle viste fino a questo punto, ricorda vagamente una foto di una nostra partecipante. In ogni caso, credo ne sia valsa la pena. Il prossimo appuntamento con il club del libro sarà lunedì 24 novembre alle h 21, il testo è della cilenissima (Penelope ama i cileni, ma non sarà di parte) Marcela Serrano - il titolo del testo è "DIECI DONNE".
ORA VI AUGURO UNA BUONA LETTURA, NON VEDO L'ORA CHE SIA IL 24 NOVEMBRE PER DISCUTERNE!

citazioni della serata: "Erri De Luca ha scritto questa roba perchè non aveva mangiato."

Il commento di Penelope:
Questo pensiero nasce in collegamento con Aceto, arcobaleno, con l'idea di un uomo che racconta un uomo, di una visione di una paternità messa nero su bianco, non infallibile, priva del mito della forza fisica, quasi romantica, sicuramente tenera. Io da sempre sono una sostenitrice di una di quelle tipiche americanate chiamate "pedagogista scolastico" e no, non ne sono sotenitrice solo per tirare acqua al mio mulino, come si suol dire. A mio parere, parere creato in parte da una certa sensibilità della quale mi faccio portatrice a tratti, in parte grazie a piccole competenze - sono 23 anni che studio ormai, lasciatemi avere dei pareri- , nelle scuole italiane dovrebbe essere introdotta come materia scolastica, l'educazione sentimentale e relazionale, possibilmente nell'orario scolastico, ma anche al di fuori di esso, credo sia importante che i giovani abbiano qualcuno al quale rivolgersi e al contempo qualcuno che possa rassicurarli. Sempre più spesso noto come la figura maschile, in quella che ho voluto chiamare famiglia 'tradizionale' ( e sia chiaro, non credo assolutamente che sia l'unico tipo di famiglia, anzi, sicuramente nella maggior parte delle famiglie costituite da due donne e bambini o due uomini e bambini non ci troveremmo davanti a una problematica simile a quella esposta) , sia una figura priva di una relazionalità affettiva nei confronti dei propri figli: si scambia il concetto di virilità con quello di distacco. Il distacco non fa mai bene ai bambini, ma neppure agli adolescenti, essere uomo e padre e dire 'ti voglio bene', è importante per i figli così come è importante per i padri, è sbagliatissimo considerare i comportamenti affettuosi delegati alla madre, esclusivamente femminili. Bisogna saper educare i bambini ed i ragazzi a sapersi relazionare con i propri sentimenti, per sapere esprimere in modo sano la rabbia ed in modo altrettanto sano l'amore. Ora come ora, la rabbia e l'odio prevalgono su un amore su cui ha prevalso la violenza. Fate voi se non è il momento di cambiare.
Grazie.

martedì 14 ottobre 2014

Coppie minime: eGo - eCo


Fra una battuta e l'ironia, ogni tanto, partorisco delle riflessioni.
Ultimamente ho ripensato a questa simpatica immaginetta presa da internet che spiega facilmente la differenza fra una vita improntata su se stessi ed una che tiene conto e da importanza al prossimo.
C'è un comandamento che ricorda ai cristiani di amare il prossimo, alcune correnti di buddismo esaltano l'interiorità di ognuno di noi, eppure credenti o meno, ogni giorno, ci troviamo davanti a più eGo rispetto all'eCo.
Evidentemente siamo arrivati al punto in cui all'uomo va ricordato che esiste un qualcosa oltre alla propria intima persona (e ai propri scopi...) e ritengo che sia triste e controproducente : per forza di cose, seguendo questo meccanico, squallido schema, ci ritroveremo ad un punto di non ritorno, dove davvero non esisterà più un eCo,  ma tanti, singoli eGo.
Ridendo e scherzando, sono anni che ingigantisco il mio, di eGo, simpaticamente,
quasi a voler far emergere il personaggio oltre la persona, 
ma non ho mai dimenticato che ci sia un eCo tutto intorno, ovunque e sempre.
Certo, ci possono essere momenti o motivi che danno spiegazione ad un egoismo momentaneo
(in attesa di capire che l'egoismo non ci protegge, ma distrugge)
, ma comunque non lo giustificano mai e poi mai.
Di questi tempi è facile, invece, inciampare in un egoismo giustificato e giustificabile sotto ogni punto di vita,
sbattuto in faccia, sottolineato, esaltato : sono egoista e me ne vanto!
Va avanti l'idea che essere egoisti significhi essere furbi, scaltri, ingegnosi.
"Io amo me stesso per come sono"
un assioma bellissimo,
che diventa bruttissimo se accompagnato dal "poco importa se...
...non mi occupo del prossimo
...penso a me e solo a me
...decido in base ai miei soli bisogni
"
Di fondo, impalcatura dell'egoismo legalizzato, c'è l'idea che si debba vivere solo con se stessi e di conseguenza dobbiamo pensare prima a noi stessi e poi al resto del mondo.
Cosa che condivido in parte,
(se devi mettere la maschera gas ai bambini, prima la indossi tu ecco)
ma che in parte lascia spazio ad una interpretazione che coincide con la totale eliminazione dei doveri nei confronti di altri.
Abbiamo molti doveri nei confronti della nostra persona, è vero, ma abbiamo altrettanti doveri nei confronti di coloro che ci crescono, coloro che definiamo amici, i nostri figli o i nostri compagni.
Ormai purtroppo, e sottolineo il purtroppo, siamo portati a pensare a come soddisfarci per primi per paura che gli altri non ce lo lascino fare, oppure semplicemente, nascondiamo dietro a questa paura, che è del tutto superabile ve lo giuro, la mancata voglia di fare, sacrificare, aiutare.
Appena si chiede a qualcuno qualcosa che non comporti un beneficio,
veniamo visti come pazzi,
per poi finire denigrati
("ah si, mi voleva usare...").
Beh, voglio dirvi una cosa: qualche volte le cose si fanno, perché è giusto farle, altre perché è bello farle, altre ancora solo per rendere felice il prossimo,
non avere dei tornaconto non significa essere usati.
Significa solo pensare anche agli altri:
no, non dobbiamo sacrificarci a tutti i costi, spesso bastano piccoli gesti.
La bellezza del dare senza ricevere non è nota a tutti, anzi,
i più la ignorano e mi dispiace per loro.
Inoltre, questo egoismo è accompagnato dall'invidia
nel momento in cui il tuo donare viene riconosciuto dal prossimo
(non che si faccia per poi essere lodati sia chiaro, ma spesso capita)
e allora si inventano scuse su scuse,
bugie enormi raccontate a se stessi prima che agli altri.

Se si vuole davvero pensare eCo, si può.
Pensare eGo è facile.
Ma se eCo ha un futuro, eGo non lo può avere:
dove eGo affoga, eCo distribuisce braccioli, sappiatelo!

Pace & Amore



domenica 12 ottobre 2014

Questa domenica in ottobre...

Ottobre 2014
Questa mattina, dopo mesi, ho preso in mano la mia macchina fotografica, per una buona causa:
  il calendario A.N.T.A 2014!
Fra le curve ancora bagnate dalla pioggia e dalla paura della scorsa notte, ho seguito una donna che mi conosce fin da bambina, quando le sono capitata fra i banchi di scuola.
Che mi ha trasmesso l'amore per gli animali e la forza di cambiare le cose, nel mio piccolo, quando e quanto posso, senza smettere di crederci.
Sono arrivata in questa grande casa che ospita cani e gatti e scatolette di cibo e piccole coppette d'acqua.
C'era amore, amore ovunque, nei giardini, nei miagolii, nei gatti che si strusciano fra le gambe, senza neppure averti conosciuta. Molto amore, molte foto. Molto impegno.
Per me è stata l'occasione per ricominciare a fotografare, cosa che amo e spesso non faccio.
Forse siamo così presi da noi stessi da esser entrati nel vortice dei selfie, senza renderci conto che oltre la nostra immagine c'è altro, c'è un mondo. Così, oggi, ho voluto immortalare ottobre.


Ottobre 2014
Le rose in fiore, affianco alle zucche che danno il colore ad ottobre : per me è un mese arancione.

le mele di ottobre

Stare a contatto con gli animali e la natura, mi fa star bene. Ogni tanto sento un bisogno quasi fisico di camminare nel verde, abbracciare gli alberi, accarezzare i mici. Scritto così, me ne rendo conto, pare assurdo, quasi strano come comportamento. Ma se ci si riflette solo un po', mi rendo conto di quanto sia estremamente naturale, vivere a contatto con il verde e quanto sia contronatura invece, gettare cemento sopra ai fiumi sperando di creare quartieri e non distruzione.
In questi giorni, Genova, è in ginocchio. Mentre cammino fra gli alberi, sotto il sole, mi sento fortunata.
Pochi anni fa era successo anche a noi: la pioggia, il fiume, i cavalli abbattuti, le case abbattute, le persone abbattute. Fa paura. Fa orrore.
In questa domenica di ottobre, il cibo non mancava eppure, non scendeva giù.
La televisione era alta, ma non arrivava.
In questa domenica di ottobre, avevo bisogno di quel bisogno fisico, di gatti, prato e sole.
Con la speranza che la pioggia non faccia più paura.




lunedì 6 ottobre 2014

Anche le acide hanno un'anima.

Stasera scrivo un post un po' più personale del solito, ma sento il bisogno di raccontarvi una grande verità: anche le acide, hanno un'anima.
Come posso dirlo? Beh, sono un'acida e spesso, spesso parlo con la mia anima.

Sto guardando Gran Budapest Hotel, uno di quei film che mi fanno sorridere ed anche un po' arrabbiare.
Io ho bisogno di seguire un filol logico conduttore e quando questo viene meno, rimango turbata. E mi innamoro.
Per fortuna, per tutti, però, l'amore passa in fretta.
Purtroppo, per me, i turbamenti rimangono a lungo.

Cinquanta pagine ed avrò finito"La scopa del sistema".
E così non riesco più ad aprirlo.
Per paura di dover salutare Leonore, che voleva la pioggia, quando le si chiede di scegliere fra esser persona o personaggio.
Almeno su carta, ho trovato una donna che trascorre più tempo sotto la doccia, di me.

Le acide, sono acide.
Ma il lunedì sera si disperano, quando sentono che la loro anima ha il sopravvento su tutto.
Acidità compresa.
Argh!

venerdì 12 settembre 2014

Club del libro 11. 9. 2014 : Una donna spezzata.

Ieri sera si è svolta la riunione del club del libro di settembre, il tema, che sarebbe dovuto essere "Una donna spezzata", si è inesorabilmente incagliato sull'argomento " elettroshock", cambiando radicalmente la serata.


Se tutte le strade portano a Roma, tutte le storie portano all'elettroshock !

(In realtà non vorrei scherzare su un tema così delicato e così doloroso, 
in pratica, quando ti trovi al tavolo con cinque donne intelligenti, 
ti rendi conto di come si possa veramente scherzare su tutto, senza mancare di rispetto e serietà su nulla.)

In ogni modo, ponete un punto di partenza, mettete una manciata di persone con una gran bella testa ad un tavolo e i voli pindarici non potranno esimersi : condurranno il gioco.

"Una donna spezzata", Simone non ci ha deluse, con la sua abile penna è riuscita a fingersi tre diverse donne, con tre diversi linguaggi e tre diversi stili, senza tradire il filo conduttore che fa da tramite fra le pagine e le storie di queste anime.
Partiamo dall'ultima, una donna spezzata, da una caduta improvvisa, da una caduta fisica e morale, da una caduta nei confronti di se stessa, ma anche nei confronti della figlia che ha deciso di abbandonare alla morte.
Se leggessimo una storia simile sui quotidiani, ci indigneremmo davanti ad una madre che lascia morire la figlia , sui social spopolerebbero post su come certe donne non debbano essere madri, alcuni probabilmente ricercherebbero motivazioni quali la droga, la mancanza innata di valori,
             (in base all'età della donna perchè si sa che se sei una madre giovane, sei una snaturata che esce e di conseguenza il figlio è      problematico / se sei una madre meno giovane, sei un'egoista estremamente opprimente e di conseguenza il figlio è problematico - insomma, se sei madre sbagli, ma anche se scegli di non esserla, sbagli comunque-)

la nazionalità, un padre assente oppure troppo presente: saprebbero distinguersi i programmi condotti da donnine di plastica e quello condotto dall'amante dei plastici.

In questo terzo racconto invece, manca l'indignazione di Simone, è il personaggio che parla di sé a sé, ci comunica cosa sente di essere, vomitandosi addosso racconti, rancori, sentimenti, come se il trauma di una caduta il 31 dicembre, l'avesse ammaccata così forte  da aprire uno spiraglio, passaggio diretto fra il fuori ed il dentro , fra la sua anima e il mondo popolato da idioti irragionevoli, fra la sua innocenza e la colpevolezza del mondo circostante.

Il filo conduttore, o almeno uno dei fili, che abbiamo intravisto è questo: l'incapacità di prendersi delle responsabilità, indipendentemente dal contesto, la totale mancanza di volontà di assumersi la colpa di una situazione che pian piano non solo, sfugge al proprio controllo, ma si sta lentamente degradando.

La donna numero due, una donna adulta, colta ( tutte e tre le donne spezzate sono donne colte), rivoluzionaria, affermata professionalmente e socialmente, la tipica donna dall'aria vissuta e dalla mente "aperta".
(E proprio per questo non riesco a perdonarti, delle tre, sei la donna spezzata che meno voglio 'salvare', probabilmente perché ricoprirsi di un''apparenza fatta di valori - apparenza ricercata anche dalle altre protagoniste, ma tramite espressioni differenti-, che in parte condivido, in qualche modo li svaluta e di riflesso svaluta anche una parte di Penelope,ecco.)
Talmente colta e adulta, da addossare la colpa delle decisioni del figlio, perché quando queste si discostano dalle proprie assumono l'essenza della 'colpa',  ad un'altra donna, la nuora.
Abbiamo sottolineato come questa donna,   donna spezzata da un figlio che si rivela diverso dalla proiezione di sè, che lei stessa, ostinatamente, voleva vedere,  sia ancora una volta una madre incapace di accettare e sostenere il proprio figlio.
In apparenza lo sostiene, ma nel profondo ha un'opinione talmente bassa di lui, da pensare che una donna, in combutta con il suocero, potesse traviare il suo bambino.

Una delle partecipanti (che brutto termine!lo so! non trovo carino scrivere il nome però...)
che fra pochi mesi ci renderà zie,  ha detto : "Anche se è estremamente difficile da accettare, il figlio è tuo, ma non è comunque tuo, è una persona diversa da te."
Esprimendo così una grande verità, del tutto assente da questo secondo racconto : si vive la presenza di questo figlio, adulto, come un prolungamento della propria persona, in tutto e per tutto.

Il padre invece, figura importante, perché come ci ricorda un'altra 'partecipante' "i figli si fanno in due e si crescono in due", sembra abbia in qualche modo accettato il figlio, sicuramente più della madre, ma alla fine, la triste realtà è che questo figlio, nato da due persone incapaci di vivere una dimensione 'comune', incapaci di creare un nucleo familiare probabilmente, non sia 'abbastanza' per nessuno dei due genitori.
La madre, è stata solo più abile nel plagiarlo, non fosse riuscita lei, probabilmente, sarebbe subentrato il marito, con le sue aspirazioni non raggiunte e questo limite prestabilito, oltre al quale, qualsiasi cosa, pensata o vissuta, non sa assumere i connotati della genialità.


Idealizzazione: un altro filo conduttore del libro, insieme al rifiuto della colpa e alla necessità di vivere di apparenze.

A questo punto devo citare un'altra partecipante che con: "Autocritica è una parola che dovrebbe far parte del vocabolario!" *, è arrivata dritta al punto, soprattutto per quanto riguarda la donna spezzata dalla sua volontà di spezzarsi del racconto numero 1.

Sei bella, sei ricca, sei colta, sei sana, hai due figlie grandi.
Tuo marito, il grande uomo idealizzato che vive con te, ti tradisce: 
la prima versione dice che è stata una'bottaevia', già la seconda, afferma un rapporto, alla terza risulta evidente un legame di fondo tra loro.
La quarta versione non esiste, ma tu sei a casa da sola e lui è in vacanza con lei.
Noi, cara donna spezzata, noi ti abbiamo capita, ti abbiamo sostenuta, ti siamo state accanto per interi capitoli dicendo e pensando: "uominidipupù".
Arrivate a questo punto però, ci saremmo aspettate che tu facessi i bagagli e andassi a trovare tua figlia, ti facessi un viaggio in giro per il mondo, o che corressi almeno a mangiare in quel ristorante giapponese dove non andavi mai perché a tuo marito il giappo provoca bruciore intestinale! 
Invece no, tu ci sei caduta in basso donna spezzata, ti sei affidata ad amiche che non erano amiche, donne pronte a fare gossip secondo i turni delle presenze/assenze, ma soprattutto ti sei affidata al giudizio dell'uomo che ti ha tradita per anni.
Non sei stata capace di accettare la realtà ed hai sempre preferito lottare per ottenere ottime superficiali espressioni di qualcosa di inesistente: un matrimonio perfetto, una casa perfetta ristrutturata di recente, due figlie diverse, ma ugualmente perfette.
E non ti rendi conto che l'uomo che decidi di tenerti, l'uomo che ti tradisce da anni, ti giudica un'incapace ed è così abituato a non rispettarti, da permettersi di giudicarti come madre e come donna.
Tu ci hai deluso, ci hai deluse tutte e questo non potremmo mai perdonartelo.


Si, certo, il contesto è importante: siamo negli anni 60', una realtà ben differente da quella che siamo in grado di percepire, ma in fondo, oltre a quella parvenza di emancipazione che abbiamo ricevuto in dono ( e che, tuttavia, riusciamo a calpestare volontariamente), quante volte scegliamo di vedere qualcosa che in realtà non è, è cambiata, oppure semplicemente, non è mai stata?
La linea di confine fra il non voler accettare e far di questa mancata accettazione una lama con la quale segnarsi fino a divenire per nostra stessa scelta, donne spezzate, è sottile e spesso rivestita da 'inibitore del dolore'.


Inoltre, la riflessione sugli ideali di fondo di queste donne, mi fa riflettere.
Una delle mie grandi paure è non riuscire a vivere secondo i valori che sento miei, che in qualche modo, in termini non assoluti, sento essere' giusti', tradire i propri valori è un po' tradire se stessi e non essere fedeli a se stessi, questo lo so, non è mai un buon punto di partenza per nulla.

Per esempio, credo fermamente nell'esaltazione della diversità: anche se bisogna cercare ciò che unisce e non ciò che divide, nel momento in cui incontro qualcosa di diverso da me, voglio esaltarlo e non distruggerlo.
Attuare questa esaltazione non è facile, alcune volte mi limito al 'tollerare', ma altre invece, ci sono diversità che mi entusiasmano, nonostante magari siano molto distanti da me.
tutto questo giro di parole per dire: ho iniziato la saga del trono di spade e mi piace tanto e sono veramente felice che un'amica, partecipante, abbia avuto occasione di farmela conoscere!



La serata è stata splendida come sempre, tortine e dolci in quantità industriali,
(posterò le foto a breve!)
libri, parole e due nuovi partecipanti: una giovane donna coraggiosissima e poi... AlessandroMagno, il mio nuovo micio che ha ricevuto coccole in quantità.
(al momento dei saluti voleva andarsene anche lui...)



IL PROSSIMO APPUNTAMENTO SARÀ LUNEDI 13 OTTOBRE ALLE ORE 21:00
CON IL LIBRO "IL PANNELLO"DI ERRI DE LUCA.


VI RINGRAZIO COME SEMPRE,
condividere libri è condividere amore!
(per questioni di serenità ho eliminato l'argomento 'suocere: istruzioni per l'uso')



*voglio dieci magliette con questa frase.




 


martedì 9 settembre 2014

Auguri Lev, grazie di tutto, grazie per Anna!

Come mi ricorda Google, oggi, Lev, avrebbe compiuto 186 anni.
" Tutta la varietà, tutta la delizia, tutta la bellezza della vita è composta d'ombra e di luce."

Un uomo degno di tutta la mia stima, un uomo capace di scrivere:

"Tutte le famiglie felici si somigliano; ogni famiglia infelice è invece disgraziata a modo suo."

" Tutte le famiglie felici si assomigliano fra loro, ogni famiglia infelice è infelice a suo modo."

"Tutte le famiglie felici sono simili le une alle altre; ogni famiglia infelice è infelice a modo suo."


" Le famiglie felici si rassomiglian tutte. Ogni famiglia infelice, invece, lo è a modo suo."

Un incipit meraviglioso, qualunque sia la traduzione più fedele,
( Io personalmente preferisco quella di Ginzburg, lq numero due)
Lev Tolstoj ha saputo colpire nel segno con una sola frase.
Uno scrittore, un genio, un uomo, un artista.
Si, perchè sarebbe riduttivo trovare una sola definizione per un'anima capace di attraversare gli abissi femminili, capirli e rappresentarli. Il tutto in maniera facile, discorsiva, semplice, diretta, ma anche delicata e raffinata.


Un uomo che mi ha accolta nel mondo femminile, prima ancora che io stessa fossi donna. 

" – Se vuoi la mia confessione riguardo a questo, ti dirò che non credo che qui ci sia un dramma. Ed ecco perché. Per me l'amore... tutt'e due gli amori che, ricordi, Platone definisce nel suo Convito; tutt'e due gli amori servono da pietra di paragone per gli uomini. Alcuni uomini ne comprendono soltanto uno, altri l'altro. E quelli che comprendono solo l'amore non-platonico è inutile che parlino di dramma. Quando c'è un tale amore non ci può essere nessun dramma. Vi ringrazio umilmente per il piacere, i miei rispetti; ed ecco tutto il dramma. E per l'amore platonico non ci può esser dramma, perché in un tale amore tutto è chiaro e puro, perché...
In questo momento Lévin si ricordò dei suoi peccati e della lotta interna che aveva vissuta."


 
  "Ma una volta, non avendolo incontrato a un ricevimento dove contava vederlo, capì chiaramente, dalla tristezza che le invase l'anima, di aver ingannato se stessa; l'insistenza di quell'uomo non solo non le era fastidiosa, ma costituiva per lei tutto l'interesse della vita."

 Vronski e Anna...

Beh, questo libro mi ha segnata, molto.
E mi è piaciutio, tantissimo.

Forse appaio contradditoria, dal momento in cui elogio così tanto donne forti ed indipendenti e disprezzo quelle incpaci di volersi vedere singolarmente, come persone aderenti a se stesse, prima che al prossimo.
In realtà, la figura di Anna, mi affascina proprio nell'indipendenza che ha nei confronti di tutto, del matrimonio, della società, persino nei confronti di Anna stessa.
E quando Lev le fa pensare che Vronski costituisse il centro della sua intera esistenza, lo fa per un attimo, poi, l'attimo dopo, lei torna a pensare a se stessa, al suo amore e al suo grande dramma.

Un dramma mai banale, ma sempre vero e sincero e puro.
Non come i drammi che nella quotidianità vedo ricercati e voluti ed espressi attraverso ogni forma conosciuta.
(*momento polemica*: nascondersi dietro i più variegati drammi immaginari, non ti esime, per quanto riguarda la mia visione, almeno, dal prendere atto della tua persona, dei tuoi doveri e del fatto che non tutto ciò che dobbiamo fare, ci piace. Ciò non toglie che vada fatto. Piangersi addosso non serve a nulla.)



 “Quanto alla Karenina: io vi assicuro che per me quello schifo di romanzo non esiste più!”.Lev Tolstoj 1881

Fedor, caro Lev, la vedeva diversamente ed io con lui.

C'è solo una domanda che mi ha tortmentata a lungo ed alla quale non ho mai trovato risposta che non fosse personalistica all'estremo:
Perché Anna si suicida?

Una volta, ad un aperitivo universitario, ho trascorso un'ora a chiaccherare con una collega sull'interrogativo, senza trovare risposte all'altezza, almeno io. Salvo poi scoprire che la collega in questione, innamorata dell'anti eroismo proprio della Karenina, non aveva mai letto il libro, ma in compenso ogni genere di recensione.
Quella fu l'ultima volta che partecipai ad un'attività pseudointellettuale con letterati, mi alzai e me ne andai, senza salutare.
Per anni, io e la mia amica Cerere ne abbiamo riso.

Ma questa piccola e deludente parentesi, mi ha aiutata a comprendere un paio di cose, sicuramente.

La prima, è che chiunque, persino chi non ha mai letto il libro, si è chiesto nella vita, perché Anna si sia suicidata.

La seconda invece, è che anche se non avrò mai risposta, questa mia domanda, è utile come metro di giudizio, per captare chi, nella vita, si affida alle recensioni dei più grandi, senza aver prima avuto modo di formulare un proprio pensiero.

 

(La mia opinione sul suo suicido, probabilmente è dettata dal femminismo, lo so, ma credo che Anna non sia più riuscita a respirare la libertà della quale necessitava per vivere. Lei è Anna solo quando è libera e si sente libera quando si afferma al di fuori da ogni genere di convenzione sociale che possa in qualche modo obbligare due persone ad essere una famiglia. Il suicidio di Anna si risolve nell'incipit che tanto amo, perché" ogni famiglia felice ed ogni famiglia infelice" , poco importa quale sia l'aggettivo, l'importante è il concetto di famiglia.
Quello che ad Anna sta stretto.
Probabilmente l'ostracismo attuato nei suoi confronti ha influito sul suo suicidio, così come l'incapacità di Vronski di starle dietro. 
Ma credo che il colpo di grazia le sia stato dato dal rifiuto della domanda di divorzio da parte del marito. Quel gesto ha in qualche modo legittimato qualcosa di illegittimo che doveva rimanere tale per essere libero e vivibile per una donna come Anna. Designare un rapporto di coppia attraverso l'azione del marito stesso, deve averle fatto tornare alla mente quel termine "famiglia", al posto di "persona". Anna è morta per difendere la sua volontà di dire no ed affermare se stessa tramite le sue diversità.)


"Non c'era bisogno di chiedergli perché fosse lì. Era certa, come fosse lui stesso a dirglielo, che era lì per essere dov'era lei."LT

 "E io chi sono, sono io o sono un'altra?"

"Era come se tutte quelle tracce del suo passato lo avessero afferrato dicendogli: "No, non ci lascerai, non diventerai un'altra persona, resterai quello che eri: coi tuoi dubbi, con la continua insoddisfazione personale, coi vani tentativi di correggerti, con le cadute e l'eterna attesa della felicità che non ti è stata data e che per te non è possibile"."


Nonostante tutto, nonostante la frase gettata per sbaglio nel 1881, grazie di tutto Lev, grazie per Anna!

immagine tratta dal film Anna Karenina
( Keira Knightley sei bellissima!)

un comunista in mutande

Per la terza volta sono stata "taggata"
 (si, l'ho proprio scritto)
in un giochino letterario che spopola su facebook.
Devi elencare dieci libri, non importa il genere, non importa che siano grandi capolavori, non importa nulla, insomma, che non siano i tuoi gusti e la voglia di condividerli con una lunga serie di amici virtuali.
Lo ammetto, a me questo gioco piace (altrimenti sarei fortemente problematica a metterlo in pratica per la terza volta...), per tre motivi principali:
  1. Mi sono resa conto di come i 'miei' libri, siano sempre diversi, ma comunque sempre gli stessi: c'è un filo conduttore che lega questi libri alla mia vita e a me. Forse non è evidente, ma in ogni libro c'è un pezzettino di me, della mia parte più stabile e formata, e di quella invece, in continua evoluzione.
  2. Ho scoperto nuovi libri, tanti nuovi libri, leggendo titoli scritti da persone delle quali stimo il giudizio.
  3. Dalle letture di qualcuno, si capisce spesso la sua natura. Non sempre, ma spesso si. (così facendo, sto confermando la mia natura tormentata e pallosa.)


"I dieci libri che sono rimasti con me e che qui elenco in ordine casuale, sono quelli che mi sono venuti in mente senza dover riflettere troppo. Come richiesto non sono "libri giusti" o grandi capolavori."

1-Ricordi dal sottosuolo F. Dostoevskij
2-Una stanza tutta per sé V. Woolf
3-Una donna spezzata Simone de Beauvoir
4-Sputiamo su Hegel Carla Lonzi
5-Le libere donne di Magliano Mario Tobino
6-Malinteso a Mosca Simone de Beauvoir
7-Il maestro e Margherita Michail Bulgakov
8-Due di due Andrea De Carlo
9-Dialoghi con Leucò Cesare Pavese
10-Io sono un gatto Natsume Sōseki


Vorrei riuscire a parlarne sigolarmente, 
amche se di alcuni ho già parlato apiamente, come per "Le libere donne di Magliano", "Una donna spezzata" o "I Dialoghi con Leucò"
(forse anche di "Una stanza tutta per sé"?).






"Gli ho gridato : 'è inutile che fai finta dfi essere così perfettamente candido verso il mondo, quando ti prendi tutto quello che vuoi come se ti fosse dovuto.'
Lo incalzavo da vicino con una voce esasperata, ma in realtà il suo sguardo aveva già minato la mia rabbia, me l'aveva trasformata in tristezza.
Guido ha detto :' Non c'è niente di così terribile, Mario. Janette non ha mai detto di essere la tua ragazza, non ho mai portato via nessuno a nessuno.'." 

pag 152 Due di due
"La storia di due persone
che hanno bisogno
l'una dell'altra per vivere
e per essere se stesse."



"La vita è in conflitto con qualcosa che non è vita.
Ma siccome è in parte vita, la giudichiamo come se vita fosse."
Virginia Woolf
Una stanza tutta per sé

"- Certo, la gente a cui è stata tolta ogni cosa, come tu ed io, cerca la salvezza presso una forza ultraterrena! va bene, sono disposto a cercare là!"

Michail Bulgakov- Il maestro e Margherita


"Che noia tutte queste storie sull'incomunicabilità!
Se si ha davvero voglia di avere un dialogo
con qualcuno, bene o male ci si riesce sempre.
Non con tutti, certo, con due o tre persone."

Malinteso a Mosca
Simone De Beauvoir

"In un certo senso, la sua confessione mi aveva rassicurata:
aveva una storia, tutto si spiegava!"

Mercoledì 6 ottobre- Una donna spezzata
Simone De Beauvioir


"Appena ritrovai una certa stabilità lo guardai in faccia, era il primo individuo appartenente alla specie umana che vedevo in vita mia. Che creatura curiosa, pensai, e quest'impressione di stranezza la conservo tuttora."
 Io sono un gatto - Natsume Soseki


"Vien da pensare che sia tutto intriso di sperma e di lacrime"

Dialoghi con Leucò- Cesare Pavese
(ho scelto questa per non rileggere tutto il libro stasera!)




In ogni caso, vorrei e avrei piacere che , chi passa sulle mie pagine, mi scrivesse cosa legga.
Un decalogo, così, solo per farsi conoscere.
E farmi conoscere.