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lunedì 8 settembre 2014

Un comunista in mutande - Claudia Pineiro

Premessa: in questo piccolo spazietto virtuale che porta il nome della mia anima, mi ero ripromessa di trattare di cibo, di miti e di libri.
Ma il problema del parlare di ciò che si ama, consiste nel non riuscire ad esimersi dall'esprimersi attraverso quelle stesse cose. Almeno, per me, è così.
Vorrei riuscire ad avere un'obiettività che il sentimento offusca e la ragione ogni tanto, linguisticamente e stilisticamente fa tornare in auge.
In ogni modo, non è mia intenzione fingermi cuoca, scrittrice o intellettuale, sia chiaro, lascio la consapevolezza di scrivere recensioni a chi davvero ne è capace, per quanto mi riguarda, tratto la bellezza, come forma di espressione, ma soprattutto, come forma di difesa.
Ricordatevi di me, sono Penelope, pur sempre abbandonata, per un campo di battaglia.
(Dieci anni di solitudine?dieci anni di letture!)

"L'altezza del proprio padre
segna il limite, in termini
di paragone, con cui, bene o male,
si misurano tutti gli uomini." 


Tratto dalla copertina di "Un comunista in mutande" di  Claudia Pineiro.


Primi di agosto, mi trovo in Salento, -credendo anche di essere "alternativa", per poi scoprire che l'80% delle persone che conosco si trovavano a Lecce-
intravedo una Feltrinelli bellissima, disposta su due livelli, con bar e area relax.
Entro.
Se nella vita evito le copertine splendenti, in favore di copertine meno belle, ma più coerenti
( si veda il post su Michele Serra, Gli Sdraiati, le unghie e i calzini),
all'interno delle librerie,
tradisco  questo mio ideale:

Una foto ritrae un uomo con un costume verde e una bambina per mano,
entrambe le figure sono sorridenti, 
sorridono uno di quei sorrisi che quando li ricordi
ti illuminano il viso, veri, sinceri, presenti, mai troppo lontani per esser vissuti.
Dietro, il mare, uno sfondo bianco, celeste, verde,
illuminato dalla gioia spontanea del momento catturato.

Prendo in mano il libro
e lo sfoglio.

Vi siete mai chiesti, guardando una foto, cosa sia successo l'attimo sucessivo allo scatto?
Io sempre.
E quando non lo so, immagino.
Questa volta immaginare è stato facile, perchè l'uomo raffigurato non poteva che essere un padre e quella figlia sorridente, sarei potuta essere io.

Pago il libro,
14 euro,
d'accordo,
prendo il resto,
esco,
il tutto leggendo.


La bimba uscirà per prima dall'acqua, 
spaventata dalle onde,
il padre farà una lunga nuotata, dalla spiaggia sembrerà ancora più lunga e la figlia lancerà qualche sguardo preoccupato verso l'azzurro.
Lei è fasciata in un asciugamano, infreddolita,
lui risalirà e si stenderà al sole, per asciugarsi.
Sono due prestanze diverse le loro,
così come diversa sarà la loro capacità di comunicare,
una emotiva e l'altra brusca,
ma questo ancora non lo possono sapere.



Io di preciso non lo so cosa sia successo dopo quello scatto,
ma so che la storia di questo libro è una storia d'amore
(citando Eureka Street "tutte le storie, sono storie d'amore"),
l'amore di una figlia nei confronti di un padre,
misura di tutte le cose,
vanto,
universo incomprensibile
e al contempo,
riflesso di sé.



Se la memoria "è un gioco di scatole cinesi", così come afferma l'autrice nell'ultimo capitolo,
queste 146 pagine sono al sicuro.

 

Caro Michele Serra.

"E poi, per scongiurare ulteriormente l'equivoco erotico, ho l'ottima idea di immaginarmeli tutti, maschi e femmine, a casa loro, nelle loro stanze scompaginate, in mezzo a montagne di calzini appallottolati, e i cassetti semiaperti che vomitano felpe, tutto per terra, anche qualche piatto sporco, loro pulitissimi che hanno appena fatto la terza doccia di giornata, depilati, sbarbati, pettinati, ossigenati, levigati, idratati, rifilati, con le unghie dei piedi perfette, però in mezzo a un merdaio sciatto, straripante, che per quel che mi riguarda vale, quanto a calo del desiderio, parecchi punti."
pag 64 "Gli sdraiati"- Michele Serra

Caro Michele Serra Errante, nato a Roma (1954) e cresciuto a Milano, che ha cominciato a scrivere a vent'anni e non ha mai fatto altro per guadagnarsi da vivere ,
io mi sono innamorata di te.
Nella lista degli uominimeravigliosichemifannosognareconleparole, sei quarto, esattamente dopo il signor Cacciari, hai spodestato Augias e credimi, spodestare Augias, non è assolutamente cosa da poco, contando il suo amore per i gatti ( che poi è anche mio).
Come ogni giovane donna che si rispetti, mi sono vergognata del mio passato da 'sdraiata', durato all'incirca una ventina di giorni, periodo al quale ha messo fine probabilmente mia madre con quattro urli e cinquemila sensi di colpa.
Il tuo libro, infatti, parla di un rapporto uomo- uomo , che ovviamente esprime un rapporto generazionale più ampio ed effettivo, ma che comunque non prevede gli usi ed i costumi del rapportarsi tra donnamamma e donnaadolescente all'interno di una famiglia del ceto mediobasso.
Se la tua frase sul sentirsi chiamare papà, quel "richiamo all'ordine", come lo definisci  tu con estrema delicatezza , fosse volta a un femminile 'mamma', diverrebbe fonte di stress e urla e litigi, insomma, di una lunga serie di cose che poco hanno a che vedere con l'ordine al quale può richiamare quel sentirsi il solo ed unico padre, figlio di due sillabe di riconoscimento.

In ogni modo, posta una chiusura alla breve parentesi autobiografica, intendo ritornare sulla motivazione del mio immenso amore (insomma, immenso sei comunque al quarto posto per il momento) per te :
in 8 righe, OTTO RIGHE,
sei riuscito ad esprimere il disagio interiore che riesce a provocarmi la dicotomia "pulito fuori, sporco dentro".

Mi spiego meglio, 
una delle mie particolarità, sempre se così vogliamo chiamarle,

(oltre a fare elenchi di scrittori e pensatori per i quali ho grandi cotte adolescenziali e scrivergli poi in discorso diretto lettere all'interno del mio blog di cucina...)

è rappresentata dalla necessità di associare una persona, appena conosciuta, al luogo in cui dovrebbe, almeno in apparenza, vivere.

Di conseguenza, nel momento in cui entro in contatto con la realtà privata di una persona, come la sua casa o più in particolare la sua camera,
riesco a concludere l'opinione globale che ho della persona stessa.

Tu, Michele Serra,
in quelle otto righe che ho citato,
sei riuscito ad esprimere lo sdegno, e in parte anche lo schifo dai,
nei confronti dell'espressione di se stessi attraverso un luogo"nostro". 

Noi sai 
(beh, mi sembra anche giusto così comunque)
quante volte devo rapportarmi con questi esseri dalle unghie curate e le montagne di calzini sporchi,
dall'auto lustrata e lenzuola che hanno visto la lavatrice di sfuggita, per caso, quando sono arrivate ed hanno visitato la casa.
Disordine negli armadi,
sporcizia,
confusione.

L'espressione del progresso e della modernità, 
messa in scena da quel Faust che rifiuta gli attrezzi del padre,
ridotta a cumuli di abiti e tecnologie dismessi, così, dopo pochi mesi, talvolta, raramente, dodici.

Ma forse, sono io, che, tanto per restare in tema letterario,
come una Lady Macbeth moderna,
tento di lavare il prolungamento di un delitto che non avrà mai fine.

In ogni modo,
grazie.
Per queste 108 pagine,
vissute da una quasitendentesdraiataingioventù
che non è neppure riuscita ad esserla fino in fondo,
ma che, in qualche modo,
pur non essendo neppure genitore,
mi hanno trovata.
Non è solo la forma, ironica,
leggera, pungente,
che arriva,
ma anche il contenuto
e ti tiene compagnia
come su un'amaca . 



Libri- Liberi- Libri- Liber A. / Torta veg pere-cioccolato

Ritorno sulle mie pagine con la codina fra le gambe,
qualche kg in più, due orecchiette nuove che girano per casa, un esame in meno, una RICETTA nuova e qualche LIBRO.

Parto dalla RICETTA: torta veg pere e cioccolato.


Pasta frolla veg:
  1. 500 g di farina 00
  2. 1 cucchiaio grande di amido
  3. 125 g di latte di soia al cioccolato
  4. 125 g di olio di semi
  5. 250 g di zucchero di canna
  6. 1 cucchiaio di bicarbonato
  7. sale qb
  8. cannella ( scelta)

Almeno 1/2 h i frigo

 

Ripieno:
  1. 5 pere grandi biologiche possibilmente
  2. 3 cucchiai di miele
  3. 50 g di zucchero
  4. 3 cucchiai di latte di mandorla  ( io l'ho preso a Gallipoli, pur chiamandosi 'latte' è uno sciroppo di acqua, mandorle e zucchero) 
  5. cacao amaro

Amalgamate e lasciate riposare in frigo.

 

 

180° per 30/35 minuti



Per quanto riguarda i libri, invece, comunico ufficialmente la data del prossimo incontro del club del libro:


giovedì 11 settembre alle h 21: 00.

Il  libro scelto era, anzi è, "Una donna spezzata" e devo riprenderlo in mano dopo averlo divorato in vacanza a luglio.
Per quanto mi riguarda però, è uno di quei libri dei quali 'ubriacarsi' :
quelli che riprendi in mano dopo anni, inizialmente solo per ripetere correttamente quella frase che tanto ti era piaciuta ed avevi sottolineato perché ti ricordava te stessa.
E poi, poi trovi quella frase e con essa il contesto in cui l'avevi sentita tua, le persone, gli odori, i luoghi che ti ricorda ed improvvisamente hai riletto il libro, così, seduta con le spalle contro la libreria ed i calzettoni di lana che ti scendono lungo le gambe nude .

L'ho fatto per anni, questo gioco incomnsapevole, 
con i Dialoghi con Leucò.
Cesare, quello perduto nella pioggia ad aspettare il suo amore ballerina,
amore che non arriva, perché ha cambiato idea,
perché la notte si dorme e non si aspetta qualcuno che non è neppure fedele a se stesso.
Eppure cesare rimane lì, a bagnarsi ancora un po' e mentre il tram di mezzanotte se ne và, tira i primi colpi di tosse,
ma continua a tenere il sigano fra le dita, bagnato, umido, feticcio di lacrime e speranze,
simulacro di morte e amore, che è pur sempre un sinonimo di vita.
Quel Cesare Pavese che aspetta come solo una Penelope sa fare,
senza prendersi l'amore, la donna, i sussulti del cuore, 
ma solo la pleurite,
mi ha descritta così bene da farsi leggere tre volte all'anno,
contro la parete della mia libreria.


Simone non ha descritto l'attesa che io e Cesare conosciamo,
ne ha messa in scena una diversa, drammatica, fastidiosa, ben accetta e comunque indigesta.
Un'attesa che non mi appartiene,
che qualche volta mi ha posseduta senza sapere che io non la posseggo.
Ma di quell'attesa, di quella delusione inconsapevole seppur evidente, 
sono sicura che andrò a leggere,
ogni volta che mi servirà sentire una frase che mi ricordi
di essere
sempre
fedele a me stessa.

Perché il prezzo di questa mancanza, 
alle volte,
può essere una pleurite,
altre la dignità,
altre ancora,
la vita.




                    

sabato 9 agosto 2014

CLUB DEL LIBRO 22 luglio - I fratelli Karamazov

IL PROSSIMO INCOTRO DI SETTEMBRE, DOVREBBE ESSERE IL 9, OPPURE, DOPO IL 9 SETTEMBRE, IL LIBRO SCELTO È "UNA DONNA SPEZZATA" DI SIMONE DE  BEAUVOIR .



E con un leggero ritardo, ecco il racconto del meraviglioso incontro del 22 luglio.
Ma prima, vorrei ricordare a tutti i miei numerosissimi lettori (eh!), che l'8 agosto del 1969, veniva scattata questa:
    
 La serata del 22 luglio, è stata dedicata a noi stesse, ai libri in generale, in quanto, quasi nessuno dei partecipanti era riuscito a terminare il libro, la colpa, ahimè!, era mia, avendo consigliato un libro molto lungo.

In ogni caso, abbiamo comunque constatato un paio di cose:

- la lontananza del nostro modello culturale da quello russo, che ha creato qualche piccola difficoltà nel contestualizzare ed identificare personaggi e luoghi.
(come per esempio la denominazione russa, oppure la figura dello Starec, non nota a tutti)

- la figura del GRANDE INQUISITORE -personaggio che si collega alla "leggenda del grande inquisitore"- (sto cercando di non fare spoiler)-, la scena del bacio, nel capitolo che prende il titolo proprio dall'inquisitore, ha avuto successo. Per quanto mi riguarda, credo sia una delle cose più belle che abbia letto.

- Prendersi una cotta per Ivan è stato definito del tutto 'normale'.

- Abbiamo sottolineato il legame che in diversi punti del libro è divenuto evidente fra I fratelli karamazov e Il maestro e Margherita, un libro che personalmente ho adorato.

Questo incontro è stato molto personale, non avendo finito di leggere il libro, siamo finite a parlare di dolci, ricette, estate e amore, ma credo che nessuno abbia vissuto la cosa come un 'fallimento', anzi, è stata un'ulteriore occasione per dimostrare come, i libri, siano in realtà, un grande collante.
Concludo citando un mio grande professore di storia e filosofia, dicendo che:
"Non bisogna cercare ciò che divide, ma ciò che unisce".

Ed allegandovi gli appunti, divertenti, del resoconto della serata!

I libri che vedete citati sono le letture nominate, almeno una parte, durante l'incontro

mercoledì 23 luglio 2014

Penelope attende Penelope, clubdellibroallaprossima

Lo so, lo so, ieri sera si è riunito il club del libro ed io dovrei scriverne.
Però non lo farò, vado di fretta.
Appena ho un po' di tempo trascrivo tutti i miei appunti.
(Li ha presi Marika al mio posto, lo ammetto.)
(Che bello trovare Chiara e Nina con il loro quadernino, mi fa ben sperare)
(per me , mica per loro!)
Qualcuno una volta, ha detto che scriveva quando era triste perché quando era felice, usciva.
E allora siate contenti delle mie poche parole:
ieri abbiamo chiaccherato, anche, di libri.
Alla fine.
Ma siamo comunque state bene.
A breve riporterò i riferimenti letterari.
Ora esco, sono felice, ho voglia di guidare, di sprecare fogli in attesa del lavoro dei miei sogni, di sprecare voce nel dire cose che altri non ascolteranno e non vorranno, spesso, capire.
Per quanto riguarda te, si, proprio tu, porta i tuoi figli al parco, ormai hai una certa, ma grazie, mi hai fatto un favore grandissimo, io l'ho capito dopo, tu mai.
Non ho voglia di domande mirate al pettegolezzo, non ho voglia di risposte, ho solo tanta voglia di vivere. (cheperunadepressacronicanonèpoco)
Sto allontanando la negatività, chi si piange sempre addosso, chi prende senza dare, chi"è sempre l'altro il cattivo".
Io ho sempre preferito passare da strega, anche quando ero Biancaneve.
Si può vivere bene anche prendendosi le proprie responsabilità.
Si può avere voglia di vivere ricordando Ulisse sulla soglia, che va a comprare le sigarette.
Non serve fumare per avere una scusa per uscire, basta aprire la bocca e parlare, non servono le frecciatine, basta alzare il telefono e spiegare, non serve a nulla fingersi ciò che non si è, perché i conti, si fanno sempre con se stessi e se non si sa essere onesti con se stessi...auguri.
Io sono Penelope.
Nel mio nome porto la lacrima, nel mio cuore qualche nome, sulla pelle tante cicatrici... o forse nel nome ho la consapevolezza che nonostante le mille storie mentali, fedeli si nasce ed io ci sono nata, ma esser fedeli significa prima di tutto esserlo a se stesse, poi, anche agli Ulisse di turno, forse, se ne vale la pena, nel mio cuore ci sono tanti titoli, molti visi, alcune frasi, ci sono io, nella mia interezza e sulla pelle qualche livido, dato dalla sbadatezza e non dagli altri, e il segno del costume.
Io esco, perché sono viva.
Perché ho un'amica che mi aspetta.
Perché ho una Donna che mi scrive.
Perché merito di provarci, ancora, sempre.
Perché Penelope attendeva Penelope e tu, Ulisse, con il tuo ritorno, mi hai fatto capire che non eri tu che aspettavo, ero io, sempre e comunque.
Eccomi.
Ben tornata a casa.



lunedì 14 luglio 2014

Assenze

Ieri era il tuo compleanno.

Ho bruciato la frizione, prima al posto della terza.
Chiamami adesso.
Perché ho davvero bisogno di farmi trovare qui.
Sono fradicia.
Di pioggia e pensieri.
Pesche al maraschino.
Si, erano pesche al maraschino.
Sul finestrino del treno ho fatto gareggiare due lacrime,
ma ha vinto l'altra.
Tifo sempre per il perdente.
Forse perché lo è.
O lo è per questo.



Alle cinque del pomeriggio,
o si dorme
o si va al mare.
Tintinna la mia caviglia destra.
C'era un linguista davanti a me.
Oggi è come l'ultima puntata,
di una serie che vivi da sempre.
E ti commuove,
l'odore di bruciato,
il rimasuglio sul piatto.
Ne sono sicura,
erano pesche al maraschino.
Hai cancellato uno dei tuoi pranzi,
ci sono macchie che 
non si lavano dalla pelle.
Campagne elettorali

per rane rumorose.

Vendetta per i fiori calpestati.
Anice stellata.
La camicia bianca dalle maniche bagnate.
Una partita a carte in penombra.
La serranda abbassata a metà.

Hai tre sette in mano,
dichiari un tris di assi.
Non mi guardi negli occhi,
parole insensate.

Un incrocio.

Altro che frizione.
Cornea bruciata.

lunedì 30 giugno 2014

Zadie Smith - N-W

Qualche giorno fa ho ricevuto  in regalo N-W , non conoscevo Zadie Smith ed ho scoperto tramite internet, essere una delle scrittrici più amate della letteratura contemporanea.

 La storia è molto carina, un intreccio di vite ben elaborato, in alcuni punti la ripetizione di aspetti personali e lineamenti dei personaggi è molto pesante, può turbare la narrazione dei fatti.
Comunque sia, l'andamento è molto leggero, 350 pagine da poter leggere comodamente seduti in giardino durante l'arco di una giornata.
Ciò che in realtà ho trovato decisamente forzato, ma leggendo i pareri diffusi, probabilmente, si tratta solo di una questione personale, è l'insieme degli infiniti elenchi.
Non ho nulla contro gli elenchi, solitamente, anzi, trovo  sia una tecnica divertente, quella di comporre un insieme di brevi elementi per sottolineare i pensieri dei personaggi, da un punto di vista totalmente soggettivo, ma ho trovato estremamente forzata la lunga serie di parole affiancate, così, quasi a voler dare una profondità che fondamentalmente, non ho trovato nel libro.
La storia di vite umane, poteva essere resa in maniera molto più leggera, oppure molto più profonda, ma voler a tutti i costi dare un'impanatura di intellettualismo a qualcosa che ne è privo, e andrebbe benissimo così, mi ha lasciato un retrogusto amaro.
Alcune pagine sono veramente poco chiare, l'aria di indecifrabilità mi sta bene, se accompagnata da un andamento capace di sottintendere, senza svelare.
Ma da un'amante dei Grandi Russi, con le loro lunghe frasi, i periodi che proseguono pagine e pagine e pagine, le descrizioni dettagliate all'infinito... difficilmente ci si può aspettare un parere differente.
Sotto un certo punto di vista, ho trovato diversi parallelismi fra questo libro e il prossimo di cui parlerò, "Eureka Street". In entrambi, la città, ha vita propria, quasi fosse al pari dei personaggi o forse, al di sopra.
Molto belli invece, i riferimenti alle differenti etnie che popolano il quartiere dei protagonisti, le informazioni riguardanti gli usi nigeriani, introdotti sapientemente dall'autrice, per metà inglese e per metà giamaicana.
In ogni caso, critiche personali a parte, credo che consiglierei questo libro, per trascorrere qualche ora, magari in periodo d'esame, quando si ha la testa già occupata da altri pensieri e nozioni.
La parte che più mi ha colpita riguarda l'incomunicabilità di fondo che lega indissolubilmente i protagonisti, un uomo che desidera oltremodo un figlio ed una donna che vi rinuncia abortendo.
Ognuno dentro al proprio universo, l'unica cosa che non è segnata dall'appartenenza sociale, è proprio l'incomunicabilità.
Sono rimasta colpita dal linguaggio utilizzato per narrare argomenti delicatissimi, come la maternità, parlarne non è facile, far vivere un personaggio femminile un rapporto altalenante con la maternità, è ancora più difficile.
In alcuni tratti non sarei riuscita a definire il sesso dello scrittore: il sottofondo sensibile, la descrizione molto spigolosa.
L'interiorità, effettivamente, c'è, non è angosciata e drammatica come quella delle mie amate eroine di fine ottocento, ma in qualche modo ne richiama il disagio, il bipolarismo forzato, il dissidio interiore che comprime la condizione femminile.
Purtroppo, così come mi è capitato per Eureka Street (spoilerosissima) , ho avuto qualche difficoltà a relazionarmi con il  personaggio predominante: questo quartiere londinese, frutto di etnie differenti, convivenza di usi, tradizioni, aspirazioni, differenti.
La realtà sociale italiana, è differente, quella che vivo io , in special modo : la distinzione di classe c'è, ovviamente, ma forse riesce ad essere superata in una sorta di compensazione intellettiva.
Il poter facilmente, più o meno, all'istruzione, rende meno evidente il distacco sociale che invece regna all'interno delle descrizioni di quei personaggi, di quelle vie, di quella Londra.
Probabilmente, se fossi inglese, avrei colto quel qualcosa di inafferrabile per chi vive al di fuori della realtà raccontata.
Probabilmente, avrei dovuto assumere un atteggiamento in cui predominasse la capacità di intromettermi in una realtà differente dalla mia, ma il tipo di narrazione, così innovativa, così speciale, così giovane, mi ha creato qualche disagio.
Ho scoperto che l'autrice è stata amata dal pubblico per il suo primo libro, pubblicato alla tenera età di 23 anni, vorrei leggerlo, per cercare di superare il pregiudizio (io odio il pregiudizio ed odio me stessa quando ne incarno uno) che mi si è creato nei suoi confronti. In fin dei conti, se tutti trovano il suo lavoro prodigioso, chi sono io per negarlo? Cercherò di comprendere il prodigio... e se poi, proprio non dovessi coglierlo, beh, rimarrei nella mia sacrosanta minoranza, ancora una volta.

Prima pagina



Prossimo libro, prossimo post.


Mercoledì si parlerà di "Eureka Street" , della riunione del club del libro di domani, martedì 1 luglio e di tutte le opinioni che saranno espresse! 

venerdì 30 maggio 2014

Il club del libro: perchè.


Il mio amore per i libri, oggetti magici, è nato per caso, in una libreria.
I miei genitori, trascorrevano ore in una piccola libreria sotto ai portici, a pochi metri da quello che sarebbe poi diventato il mio liceo.
Come ogni bambino che si rispetti, richiedevo il dinamismo, eppure all'interno di quelle piccole stanze, venivo rapita da un'atmosfera speciale.

Gli album di famiglia, testimoniano
la volontà di imitare gli
atteggiamenti"adulti", le foto mi ritraggono mentre leggo
Repubblica al contrario e
mentre gioco con vocabolari come fossero"lego".
Nella luce "gialla" delle vecchie lampadine, provavo un senso di appartenenza, onostante non sapessi ancora a cosa mi legasse, questo stesso senso.
Con il tempo, iniziò a divenire il mio rituale preferito, quello del sabato in libreria, fra gli scaffali e il signore anziano che mi permetteva di toccare tutti i libri esposti, senza rimproverarmi.
 

Ho imparato a leggere velocemente,non mi costava fatica, anzi, mi faceva sentire"grande". Iniziando la scuola poi, ero spronata dai complimenti delle insegnanti.
Verso la fine delle elementari, leggere, era diventato motivo di orgoglio, ma anche un appuntamento fisso, nel primo pomeriggio.
Crescendo ed avvicinandomi alla tremenda fase dell'adolescenza, mi emozionava l'idea di ritrovare in parole di altri, ciò che stavo vivendo. Spesso i libri sono stati i miei migliori amici, altre volte sono stati manuali che mi hanno insegnato ciò che le mie percezioni non potevano cogliere da sole.
 

Ho amato tantissimi uomini, scritti semplicemente nero su bianco, mi sono immaginata paesi dai nomi più improbabili, altre volte invece, ho avuto la possibilità di conoscere isole, prima di visitarle e rimanere decisamente delusa dalla realtà.

Il mio problema, nella letteratura, come nella vita, è proprio quello di scegliere di vedere le cose come vorrei che fossero,
la lettura mi ha spronata a farlo,
la realtà delle cose mi ha redarguita più volte.
Però con il tempo ho trovato una sorta di soluzione:
cercare di far assomigliare il più possibile, le cose, a come vorrei che fossero, a come sono nella mia mente, nell'immaginazione curata da parole, virgole e autori. 

La scelta del liceo è stata determinata da tutti quei libri che avrei voluto leggere e avevo paura di non riuscire a capire. In parte anche dal fascino che l'antichità ha sempre avuto su di me, ovviamente. Ma in fin dei conti sentivo il bisogno di scoprire la storia dei miei migliori amici, quelli che mi hanno accolta dopo litigate, rotture, feste, momenti condivisi, momenti che avrei voluto condividere e non sono riuscita a farlo.


La scelta universitaria, è figlia della passione che provo per la parola, per la parola che è stata origine e sarà futuro.
 


Ogni tanto mi capita di usare i libri per mettere a fuoco chi ho davanti, so che è sbagliato, ma spesso questo metro è stato capace di risparmiarmi sofferenze, altre, di regalarmi gioie.
Ma come in ogni rapporto, anche questo mio rapporto con i libri, presenta dei limiti: spesso mi capita di vivere periodi di chiusura. Scopro un argomento che mi appassiona e divengo immediatamente monogama, per poi vivere sensi di colpa nei confronti di tutto ciò che non ho mai letto.
Ho voglia che qualcuno mi sappia consigliare un libro, possa farmi notare ciò che da sola non riesco a notare, sottolinei differenze impercettibili, ho voglia che qualcuno mi esponga idee ed opinioni differenti dalle mie e camminare fra i diversi punti di vista.
Uno dei miei sogni nel cassetto, sarebbe proprio avere una mia libreria, anche se poi vivrei un distacco profondo per ogni vendita.
Vorrei un luogo stracolmo di pagine, di idee, di pensiero, un insieme di libri introvabili e trovati, dove magari, posso mettere a disposizione un panchetto per una bambina che vuole toccare le copertine dei libri, per poi decidere se vale la pena leggerli oppure no.
I libri, amici, compagni, parte di me, di noi, non hanno solo la capacità di donarci emozioni o nozioni o mondi inesplorabili, ci rendono capaci di aprire la mente, sfogliando le pagine.
E spero che questo sia un pensiero condiviso all'interno di un piccolo gruppo di persone, pronto ad allargarsi, per camminare insieme attraverso la diversità:
mi piacerebbe trovarmi al tavolo con venti persone, tutte con un'opinione e riuscire per un momento solo a capire, qualcosa che da sola non sono mai riuscita ad intravedere.
Insomma, figuriamoci se io, da un club del libro, mi aspetto una lettura approssimativa!

domenica 18 maggio 2014

Liberazioni

Si sentiva libera, finalmente.
Mentre apriva la sua finestra sul mondo,
sentì l'ansia del ricordo.
I gesti, memoria istintiva,
le voci, legate ai gesti.
Se lui fosse stato li,
le avrebbe richiesto di chiudere quella finestra,
che lo infastidiva.
Se lui fosse stato lì,
avrebbe trovato sciocco
mangiare fragole guardando fuori.
Ma lui non c'era più, ormai,
e Penelope non dovette aspettare che uscisse,
questa volta:
aprì la finestra,
mangiò una fragola
e tirò un sospiro, carico di consapevolezza.
Da quel giorno nessuno, l'avrebbe più costretta a chiudere le sue finestre.