sabato 15 luglio 2017

Sottosopra.

Sottosopra, la realtà dell'assurdo.

In qualche post, poco tempo fa, ho accennato alle mie ore trascorse a testa in giù.
Qualche accenno, ogni tanto, una battuta, un po' di ironia e la consapevolezza che si possa, anzi si debba, ridere di tutto ciò che preoccupa e ci lascia fragili.

Pensatemi adesso, con un enorme pc portatile ( più grandi sono meno costano ovviamente...) che mi potrebbe cascare da un momento all'altro sul naso.
Voi non lo sapete, ma io, amo tantissimo il mio naso.
Una volta una compagna di università me lo ha paragonato al naso della donna che per circa vent'anni è stata appellata 'donna più bella del mondo '.
Un'altra volta mi hanno detto che ho il naso più bello di un'attrice in voghissima.
E poi nelle foto effettivamente, lo noto anche da sola: ho un naso splendido.
Dritto, non troppo lungo, non troppo corto, con un accenno francese, appena.
Non è un naso snob, né altezzoso, ma neppure importante, diciamo anzi, che è stato per lungo tempo, un naso ignorato: mio padre amava i miei occhi e le mie ciglia lunghissime, mia madre, mi ha sempre invidiato le labbra e così, nessuno ha mai preso in carico l'essere del mio naso.
Per fortuna esistono le amiche, a ricordagli che si, è bello, molto bello.

Le gambe in alto, le piante dei piedi contro al muro, le ginocchia leggermente piegate ed aperte ed i capelli che scendono giù dal bracciolo del divano.
Ogni tanto il mio gatto ci gioca, li morde, li mangiucchia e per la maggior parte del tempo, li aggroviglia, ma tanto non ho mai sofferto ' i capelli', quindi...
...anzi, diciamo che inizio a 'soffrirli' adesso che iniziano ad essere lunghi ed ingestibili e vorrei tagliarli e dare nuovo spazio alla nuca e un certo protagonismo al collo.

(I riferimenti mancanti alla mia fisicità sono appositamente evitati, come la peste, dato che odio quasi tutto di me,  naso e collo a parte. Anche la schiena è carina, ma strana.)

Quando ogni tanto mi giro su un fianco, vedo la mia pancia lievitare e cadere a seconda del lato in cui mi volto, una scena orrenda e una sensazione di inadeguatezza nei confronti di me stessa. Non abbastanza per spingermi ad iscrivermi in palestra o a scegliere di fare qualcosa di realmente produttivo che non sia deridermi e lamentarmi.
Dovrei trovare una soluzione?
Solitamente quando giungo a pormi questa domanda, capisco che è arrivato il momento di tornare nella posizione A con il bacino attaccato ad una superficie e la pancia ben tesa, quasi inesistente, fra le costole sporgenti.
Una  valle di lacrime, insomma.

Questo enorme ed economico pc inizia ad essere bollente e soffro il caldo.
Poi lo ricerco.
Come ieri, quando presa dai brividi ho avuto bisogno di stendermi sotto una coperta di pile, invernale, con le gambe tirate al petto ed i crampi.
Contrazioni, crampi, chiamiamoli come vogliamo.
Io so solo che pensavo di morire.

Sono una donnina lamentevole e lacrimosa.

Non sopporto questo mio lato così debole, non ne posso più di stare ferma, non riesco a stare ferma, tutto è un pretesto per alzarmi e fingere di essere stata costretta a farlo, come se dovessi  trovare con me stessa delle scuse per la mia autoindulgenza.

Guardo il soffitto e penso che questa testa sia veramente affollata.
Non di materia cerebrale, eh, sia chiaro, ma di persone.
Non soffro di personalità multipla, nonostante i due nomi ogni tanto mi confondano, ma ci sono talmente tanti lati di me stessa e tante prospettive e discordanze che qualche volta ho difficoltà a pensarmi.
A pensarmi nella mia totalità.
Non che sia opportuno pensarsi, ci dovrebbe sempre essere qualcuno a pensarci, dimenticarsi di noi stessi qualche volta è salutare e spesso è bellissimo.
Mi piace l'idea di rifugiarmi da tutto, me stessa compresa.
Prendere le distanze e non concepirmi né sotto forma materiale, né spirituale.

Sono davvero molto brava ad evitare di parlare di ciò che mi preoccupa e mi rende fragile, mi sottopone al dolore e al timore.
Forse è già giunto il momento per riderne.
Ne rido ogni tanto.
Con altri.
Non con me.
Con me è ancora troppo presto forse, oppure, non è il tempo il problema, ma l'azione.
So che pur ridendo, tutto questo, non mi fa ridere.

Mi fa una gran paura.
Così lo esorcizzo usando termini adeguati e scrivo di come ci siano tabù che non permettano di esorcizzare e di quanto tutto questo sia umano ed al contempo arretrato.
Non sono i termini, siamo noi a voler decidere se dare vita ad un tabù o decidere di affrontare le nostre paure.

Se ammetto che tutto questo mi fa soffrire, forse soffrirò ancora di più.

Facciamo finta e ridiamone, ancora un po'.

Ho paura che capovolgendomi, vedendo la realtà dalla consuetudine, io possa frantumarmi da un momento all'altro, senza accorgermene ed iniziare a piangere così tanto da allagarmi la ragione ed annegare il senso della misura.

Non parliamone ancora

e ridiamo
di questo mondo che ormai vedo sottosopra

ed inizia a piacermi quasi.




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