domenica 16 luglio 2017

Click.

Attendeva quel click come si attende il primo vagito del proprio figlio:
dolorante, sudata, preoccupata, spaventata e con tutta sè stessa.
Di lì a poco, lo avrebbe sentito, il primo vagito di sua figlia, quella figlia voluta
nonostante tutto e nonostante tutti.
Capitata come capitano tutte le cose belle della vita, per caso e per gioia.
A quella figlia avrebbe dato il nome della rinascita, quello della luce e della vita,
l'avrebbe chiamata come l'alba dalle dita di rosa, per fortuna però, nella versione abbreviata.
Ma tutto questo, non lo sapeva ancora, perchè ancora non era accaduto.
In quel momento, non sapeva in realtà neppure tutto ciò che era accaduto e tutto ciò che era
accaduto a lei.
Non esisteva più: per lei era solo attesa e batticuore.
Nell'attesa di quel click, sentiva il braccio di lui attorno alle sue spalle e voleva ricordarsi di questa
sensazione per sempre, avrebbe voluto che quella pelle le rimanesse addosso per poterla sentire la sera, per poterla accarezzare,
nel dolore, per poterla esaminare da vicino e riconoscervi una parte di sè.
Nell'attesa di quel click sentiva solo l'abbraccio di suo padre. Il primo.
Forse l'aveva già abbracciata, anzi, le piace pensare che quelle mani furono le prime a stringerla appena nata,
nascondendola e proteggendola, mentre attenda il suo primo respiro a pieni polmoni.
Un click, un'attesa a cuore aperto ed in totale apnea.
Sorride, un po' troppo.
E mentre sorride pensa a come dovrà giustificare il turbinio di emozioni alla donna che l'aspetta a casa
e che giudica tutto quello che lei sente e critica persino quell'incontro.
Un padre, il proprio padre, si dovrebbe incontrare tutti i giorni, facendo colazione o davanti alla porta del bagno,
si dovrebbe conoscere a memoria l'odore del proprio padre e le scuole frequentate e la cadenza delle sue parole.
Un padre, dovrebbe essere un papà e non uno spermatozoo che ti abbandona.
L'attesa di un click ed il dolore di tutta la propria vita:
sperare che questo istante duri per sempre per continuare ad avere accanto mio padre
e
sperare che questo istante finisca subito perchè lui mi ha abbandonata ed io non voglio amarlo.
Non lo sapeva, con quei riccioli lunghi e il sorriso troppo sorriso, che quell'uomo aveva rinunciato a sè stesso, rinunciando a lei.
CHe quell'uomo aveva combattuto anche quando non sapeva più chi era il suo nemico, per riprendersela.
Che quell'uomo l'amava così tanto da non credersi all'altezza di essere suo padre ed averla lasciata a chi le poteva dare
una vita migliore.
Perchè sulla carta era così e così ci era stato raccontato, fino a quel momento, avevamo sempre creduto all'ipotesi di una
vita migliore.
Non sapevamo ancora che quella vita migliore, ci aveva sottratti, alla nostra.
Magari non migliore, ma semplicemente alla nostra vita.
Click.
Il sorriso scompare.
Vorrei cercarti, ma dovrei odiarti.
Non mi hai voluta, non ti voglio io.
Ho una madre e mi basta.
Ti voglio bene.
Non vorrei.
Click.
Non te ne andare.
Non lasciarmi andare.
Lotta per me.
Prendimi.
Dammi una ragione per rimanere.
Vattene.
Click.
Non si può smettere di essere figlie.
Click.
Sarai sempre mio padre.
Click.
A presto.
Click.
CI sentiamo?
Non credo.
Non lo potevano sapere, ma non potremmo saperlo neppure noi, perchè le foto, parlano, ma non hanno voce,
raccontano, senza parole, ritraggono, ma non si spiegano.
CLick.

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