sabato 22 aprile 2017

E se Penelope, non tornasse?

Sabato mattina, mi sveglio con il rumore della tv rimasta accesa da ieri sera e il mio buongiorno è segnato da Benedetta Parodi che sorride cucinando non so quale parte di non so quale animale.
Cosa avrà da sorridere maneggiando qualcosa che era vivo ed ora non lo è più?

Il gatto mi calpesta e si sdraia sulla mia schiena, è insistente, invadente e tremendamente egocentrico.
Chiunque varchi la soglia, si ritrova obbligato a coccolarlo, mi chiedono se gliel'ho insegnato io, ma credo ci sia anche un fattore naturale di indole.

Ho già bevuto un bicchiere di caffè svuotando la mia nuova caffettiera gialla, da sei persone, ma ancora non mi sento sveglia. So che dovrei prepararmi al volo, ma le mamme continuano a chiamarmi per sapere se lunedì facciamo ponte. No, non lo facciamo.

Ho appeso tre calendari, uno arriva con l'iscrizione, tendo a ribadire i giorni di chiusura allo sfinimento, ma qualche volta non basta.

Fra poco la tata susina entra in azione e poi di corsa diventerò nuovamente io, con una delle mie migliori amiche accanto, dalla voce sempre presente, dal consiglio pronto, ma che mi manca sempre.

Condividiamo un tatuaggio e un numero indefinito di disagi mentali, serie tv, uomini sbagliati e prospettive poco probabili.

Mi chiedo che madre sarei stata io, se i tre giorni lontani da un figlio siano sofferenza per il figlio o per il genitore. Rifletto su un giudizio morale.
I separati esistono, così come esistono bambini che gioiscono quando comprendono che la sofferenza di un genitore sarebbe stata legata alla loro presenza. Sono fondamentalmente convinta che sia meglio avere i genitori separati che infelici.
Poi mi domando quanto della mia esperienza personale e della mia infelicità possa essere legata a dei cedimenti.

Mi sono accorta che i rapporti stabili non sono così stabili a sette anni e mi porto dentro il dubbio.
Non so se sia per questo che non riesca a trovare disdicevole un concetto di coppia che non sia per forza legato.
Per indole, forse la stessa del mio gatto, sono fedele e ricerco in una sola persona tutto quello che desidero, ma così facendo, ho sempre sottoposto gli altri ad uno stress emotivo altissimo, che crea sofferenza e senso di inadeguatezza.

Mi aspetto totale comprensione ed apertura, senza una mia effettiva esposizione diretta.

Sarei stata una madre ansiosa ed opprimente, si, sicuramente.
Una di quelle che trasmette le proprie insicurezze .
Non sarei stata pronta, non sarei stata in grado, sono un'egoista.

Guardo il mio cane e penso di aver sospinto su di lui tutti i lati che nascondo più o meno bene, dentro di me.

La paura, le ansie, la timidezza, la voglia di essere scusata perennemente.

Ieri la cassiera della banca mi ha chiesto se ero io quella sul giornale, come fosse la vita da attrice.
E che cosa ne posso sapere io, che attrice non la sono?
Ci provo, a tratti.
Oppure, in quei pochi istanti smetto di fingere e sono vera.

Maschere, contromaschere.

So chi sono, so cosa voglio, so chi ho scelto e neppure la paura del rifiuto mi frena.
Solo, che tutto questo non mi piace.

E se Penelope rimanesse sulla sua isola, lontana da tutti?
Se preferisse stare nascosta nel riflesso di una finestra accostata, senza che la luce le oscuri la vista?
Se fra la passione e il dolore, scegliesse un'astinenza?
O forse, semplicemente, scegliesse di non scegliere.

Non scegliere.
Sempre di scelte si parla.

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